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Les Miserables: le recensioni dagli Usa e dall’Italia

Glorioso, esagerato, con un grande Hugh Jackman. Ma Les Mis non è piaciuto a tutti. A voi?

di carla
pubblicato 3 Febbraio 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 18:00

Anche se Les Miserables è candidato a 8 premi Oscar ed ha ricevuto dei bei voti dalla nostra recensione, non ha accolto consensi positivi da tutti i critici. A voi è piaciuto? Leggiamo cosa ne pensano i recensori italiani e americani.

Jason Best – Movie Talk: Anche se non sei un fan dello show e i testi e la musica sono tristi, è difficile non essere travolti.

Brian Henry Martin – UTV: Hugh Jackman è sensazionale.

Alistair Harkness – Scotsman: esagerato, troppo lungo, inutilmente contorto.

Philip French – Observer [UK]: Un lavoro di insolita potenza.

David Sexton – This is London: Mi ha lasciato di cattivo umore per due giorni, un record personale.

Donald Clarke – Irish Times: Naturalmente, se odiate lo spettacolo, si odia il film.

David Jenkins – Little White Lies: E’ come essere intrappolati in un carcere Disney con i ragazzi di Fame. Per cinque ergastoli consecutivi.

Ali Grey – TheShiznit.co.uk: Les Misérables? E’ più come Meh Misery-bla-bla.

Henry Fitzherbert – Daily Express: C’est magnifique.

Matthew Turner – ViewLondon: fortemente emotivo con canzoni splendide, scenografie mozzafiato e una serie di performance brillanti.

Tim Evans – Sky Movies: Spettacolare da vedere e spesso dolorosamente bello da ascoltare.

Andy Lea – Daily Star: Nel momento in cui Amanda Sieyfried e Eddie Redmayne gorgheggiano una canzone d’amore ero pronto a far cedere la mia vescica.

Helen OHara – Empire Magazine: fornisce un nuovo modello per i musical.

Michael A. Smith – MediaMikes: “Les Misérables” avrà sicuramente il suo posto tra i più grandi adattamenti musicali mai realizzati.

Jeremy Mathews – Paste Magazine: Il film presenta un canto eccellente, per la maggior parte, ma sottolinea anche la fragilità in un lavoro che è in gran parte definito dalla sua grandiosità.

Kimberley Jones – Austin Chronicle: Quando Les Misérables è buono, è molto molto buono, e quando è brutto è di solito perché Russell Crowe ha aperto bocca.

Clint O’Connor – Cleveland Plain Dealer: Hugh Jackman e Anne Hathaway regalano alcuni momenti musicali vincenti, ma la versione cinematografica di Tom Hooper è goffa e triste.

Glenn Kenny – MSN Movies: …Jackman dovrebbe prendere il premio Nobel per il modo in cui porta praticamente tutta l’impresa sulle sue spalle.

Jackie K. Cooper – jackiekcooper.com: Un buon adattamento, ma imperfetto.

Jeanne Kaplan – Kaplan vs Kaplan: Uno dei migliori film del 2012.

David Kaplan – Kaplan vs Kaplan: Un adattamento brillante che regala la pelle d’oca.

Christopher Lloyd – Sarasota Herald-Tribune: Les Misérables è un trionfo da standing-ovation.

Dan Callahan – Reverse Shot: una scarna Anne Hathaway si immerge nella sofferenza del suo personaggio.

Bob Grimm – Tucson Weekly: Il miglior musical che abbia mai visto.

James Kendrick – Q Film Network Desk: funziona emotivamente anche quando inciampa esteticamente

Leonard Maltin – Leonard Maltin: Sono rimasto particolarmente colpito da Eddie Redmayne, la cui recitazione e canto… è, per me, il momento clou del film.

Mark R. Leeper – Leeper Mark Reviews: Spettacolare, travolgente e struggente. Copre quasi l’intero spettro emotivo possibile.

Joy Tipping – Dallas Morning News: Uno dei film emotivamente più devastanti e gratificanti che abbia mai visto.

Austin Kennedy – Film Geek Central: Nonostante l’avvio incerto, è emotivamente appagante ed epico con recitazioni eccezionali.

Willie Waffle – WaffleMovies.com: Anne Hathaway nel ruolo Fantine è assolutamente incredibile.

Jeff Beck – Examiner.com: Il risultato non è solo uno dei migliori adattamenti musicali in questi ultimi anni, ma anche il miglior film del 2012.

Tasha Robinson – AV Club: Si tratta di una raccolta di performance, piuttosto che di una storia.

JimmyO – JoBlo’s Movie Emporium: E poi c’è Anne Hathaway. Questa non è solo la migliore prestazione nel film, ma una delle migliori prestazioni dell’anno.

Christine Dolen – Miami Herald: Una versione coinvolgente di un poema epico travolgente, una storia di romanticismo, di sacrificio e di eroismo.

Kirk Baird – Toledo Blade: La direzione artistica e la splendida fotografia di Danny Cohen elevano la visione come qualcosa di più grande di un rimaneggiamento del musical.

Rafer Guzman – Newsday: E’ una grande storia, con grandi temi, basato sul grande romanzo di Victor Hugo. Eppure in qualche modo non è l’evento cinematografico importante che dovrebbe essere.

Mark Dujsik – Mark Reviews Movies: Si tratta di un adattamento scadente, ma il film viene eseguito con un approccio unico e ammirevole e, in ultima analisi, è un solido arrangiamento.

Bruce Kirkland – Jam! Film: Ci aspettavamo di più. Molto di più.

Lou Lumenick – New York Post: Vale la pena di vedere il film solo per la Hathaway.

Eric Melin – Scene-Stealers.com: Un adattamento cinematografico che potrebbe benissimo essere l’equivalente ‘adulto’ della serie di Twilight.

Wesley Lovell – Cinema Sight: Un travolgente spettacolo musicale pieno di ottime performance e una forte consapevolezza politica.

Frederic e Mary Ann Brussat – Spirituality & Practice: Tre urrà per il musical sentimentale sul perdono, la libertà e l’amore!

Ross Jones-Morris – HeyUGuys: Glorioso.

Fabio Ferzetti – Il Messaggero: (…) tutto è macroscopico, pantografato, esagerato. Tutto tranne le voci, perché la sfida è proprio questa: far cantare dal vivo attori del cinema non sempre dotati dal punto di vista vocale. Faccia tosta, licenzia poetica o suicidio d’artista? Se accettate il partito preso e vi concentrate sugli sforzi canori di Hugh Jackman e Russel Crowe anziché sulle loro voci sfibrate, l’esperienza non manca di fascino (…) Del resto anche la prosa turgida di Hugo non faceva psicologia. Faceva spettacolo.

Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa: (…) alcune critiche statunitensi (e parliamo di testate importanti come The New York Times) non sono state affatto tenere, rilevando diverse pecche: gli attori sono ripresi piombando su di loro in monotoni primi piani; nella speranza di movimentare la scena, il regista fa uso e abuso di inquadrature sghembe e grandangoli; la pur suggestiva imbastitura scenografica si avvale dell’evidente ausilio degli effetti speciali e avanti di questo tono. Sono riserve che possono avere una loro ragione, ma per contro si può affermare che Hooper ha lavorato nel pieno rispetto della convenzione non realista del palcoscenico, sia a livello di scenografia che di taglio narrativo; e ridondanza ed eccesso di stile non sono forse connaturati alla pagina di Hugo? Evidenziando del romanzo sia gli empiti cristiani che quelli sociali (espressi da Do You Hear The People Sings?, uno dei numeri più avvincenti), il film si attiene alla struttura dello spettacolo originario inanellando una dietro l’altra le melodie (49 più una nuova, aggiunta), senza recitativi o dialoghi (le battute saranno una decina): ma cantando dal vivo gli interpreti (da Jackman ad Hathaway a Crowe, passando per gli intermezzi comico-grotteschi della coppia Bonham Carter /Sacha Baron) trasmettono un’autentica emozione; e se, come all’opera, si accetta la convenzione di un racconto in musica, al film ci si può appassionare e commuovere ritrovando quella che per Henry James era la componente essenziale dell’arte di Hugo, ovvero il suo cuore per cui, scrisse, «noi nutriamo un profondo rispetto».

Paolo Mereghetti – Il corriere della sera: Una domanda si impone: perché Russell Crowe ha accettato di fare Javert nel musical cinematografico Les Misérables? Va bene il fascino della parte (uno dei «cattivi» più cattivi di sempre) così come la popolarità e la forza del romanzo di Victor Hugo, ma la voce? Non è che proprio tutti gli attori possono misurarsi con un musical. Un conto è una canzoncina, un conto è mettere le proprie corde vocali al servizio di una partitura da autentico baritono (con qualche propensione al basso). Russell Crowe sarebbe stato probabilmente un perfetto Javert in una trascrizione «tradizionale» del romanzo, ma in un musical… Chi gliel’ha fatto fare? Fatta questa premessa e chiuso qualche occhio anche per la prova canora di Hugh Jackman come Jean Valjean (molto meno imbarazzante di Crowe, ma anche lui dotato di una potenza sonora e di un’estensione vocale piuttosto ridotte), fatte queste premesse, questa nuova edizione dei Miserabili mette in campo una bella fantasia scenografica, qualche idea indovinata (specie nella coppia dei Thénardier interpretati da Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter), una lettura furbescamente politicizzata del romanzo (dando molto spazio alla rivolta contro l’ancien régime) e un’adesione pressoché totale alla versione in lingua inglese del musical, quella che ha trionfato con oltre 10 mila repliche nel West End mentre a Broadway si è aggiudicata otto Tony Awards (…) Ma tutto questo basta a fare un grande film? Io avrei più di un dubbio.

Maurizio Acerbi – il Giornale: Tra le tante trasposizioni tratte dal romanzo di Hugo, questa versione, adattamento del musical teatrale di successo, è tra le più emozionanti (…) Qualche pecca c’è ma non intacca il buon film, con assolo strepitoso della Hathaway.

Dario Zonta – l’Unità: Sentire lo sforzo canoro di Russel Crowe (che di suo fa il cantante in una band rock), o computare il flebile filo di voce i Anne Hathaway, oppure seguire il fraseggio improbabile di Hugh Grant…è un’esperienza che avremo volentieri evitato (…) L’arte menzognera del cinema ha chiesto troppo a questi attori e così le esigenze del cinema cozzano con quelle della musica.

Roberto Escobar – L’espresso: Il soggetto c’è, e ci sono i personaggi. Sarebbe curioso il contrario, visto che il merito è di Victor Hugo e del suo “I miserabili”. Dopo un secolo e più, il romanzo è diventato un musical che va in scena nel West End londinese da 28 anni. Ora Tom Hooper ne fa un film, anzi un filmone canterino-nerboruto che s’avvale di Hugh Jackman nei panni di Jean Valjean e di Russell Crowe in quelli del poliziotto Jabert. C’è chi ne resta ammirato, e chi no.

Paolo D’Agostini – la Repubblica: Questo Les Misérables musicale e cantato (dagli attori) si presenta come un gigante dai piedi di argilla. Vedremo con curiosità l’esito degli Oscar, dove il film di Tom Hooper (Il discorso del re) arriverà carico di nomination. Ma il totale azzeramento di pathos (e ce ne vuole) della vicenda di Jean Valjean galeotto per fame, inseguito e perseguitato per tutta la vita dal poliziotto Javert (Russell Crowe) incurante delle innumerevoli buone azioni che hanno abbondantemente riscattato il suo uomo (a parte i quasi vent’anni di lavori forzati) a partire dal salvataggio dell’orfanella Cosette, fa rimpiangere uno qualsiasi dei numerosissimi adattamenti del romanzo di Victor Hugo che dagli albori del cinema fino alla miniserie tv con Depardieu hanno preceduto questo. Inclusi i Jean Valjean di Gino Cervi (1948) e Gastone Moschin (1964). E il bello, si fa per dire, è che il tour de force di cantate, che non danno tregua, non lascia traccia nella memoria. Non c’è un brano che si lasci ricordare. Anne Hathaway, condannata agli stracci e alle lacrime come il personaggio impone, fa del suo meglio come Fantine.

Foto © Universal Pictures