Home Premio Oscar Taxi to the dark side – La recensione in anteprima

Taxi to the dark side – La recensione in anteprima

Taxi to the dark side (Taxi to the dark side) di Alex GibneyIl documentarista Alex Gibney ricostruisce la drammatica vicenda accaduta a Dilawar, un giovane tassista afgano scambiato per un terrorista e portato nel centro di detenzione di Abu Grahib, luogo da cui non a più fatto ritorno, nonostante la sua presunta innocenza. Attraverso la

12 Maggio 2009 07:00

Taxi to the dark side Locandina Taxi to the dark side (Taxi to the dark side) di Alex Gibney

Il documentarista Alex Gibney ricostruisce la drammatica vicenda accaduta a Dilawar, un giovane tassista afgano scambiato per un terrorista e portato nel centro di detenzione di Abu Grahib, luogo da cui non a più fatto ritorno, nonostante la sua presunta innocenza. Attraverso la storia di Dilawar, Gibney cerca di raccontare i segreti nascosti della guerra al terrorismo intrapresa dagli Stati Uniti in risposta all’attentato alle Torri Gemelle del 2001. Gibney, che in passato aveva realizzato Enron: The Smartest Guys in the Room, candidato all’Oscar nel 2006, persegue la tesi che, a fronte degli attentati del 2001, gli Stati Uniti abbiano sentito il dovere, moralmente legittimo ma politicamente non lecito, di autoproclamarsi paladini della giustizia e dispensatori della democrazia. Il problema di fondo, secondo Gibney è che ne machiavellico piano per combattere il terrorismo, gli stessi Stati Uniti si siano posti al di sopra delle convenzioni di guerra, ignorando le regole di ingaggio e utilizzando strategie e tecniche che gli Usa stessi dovrebbero combattere.

Il mondo è rimasto scioccato dalle durissime fotografie con cui i soldati americani hanno immortalato le brutalità a cui sono stati sottoposti i detenuti del carcere di Abu Grahib. Nessuno mette in dubbio che fra quelle persone ci fossero alcuni dei più sanguinari terroristi al mondo, ma quelle immagini stridono evidentemente con le dichiarazioni dell’ex presidente George W. Bush che ha dichiarato come l’esercito statunitense abbia formalmente bandito l’utilizzo della tortura. Gibney ha scelto invece di mostrare le immagini, anche quelle censurate dai media internazionali perché troppo forti, in modo da offrire uno sguardo non filtrato su ciò che è veramente accaduto.

Torture fisiche, vessazioni sessuali, umiliazioni, stremanti somministrazioni di musica ad altissimo volume sono solo alcuni degli strumenti di umiliazione fisica e psicologica con cui carcerieri, con compiti esclusivamente di custodia, vessavano i detenuti. Sono diverse migliaia i prigionieri accusati di terrorismo detenuti dagli Usa e solo poche decine quelli che, ai tempi in cui è stato girato il documentario, hanno avuto un regolare processo, assai di più sono invece i morti per incidenti o cause naturali che vengono dimenticati nel computo di questa guerra. Taxi to the dark side è infatti un grido di denuncia dedicato a oltre cento morti misteriose avvenute nei centri di detenzione, delle quali solo un terzo delle quali è stato classificato come omicidio.

Purtroppo il documentario di Gibney esce in Italia con oltre un anno di ritardo, molte cose sono cambiate, la presidenza e il partito di maggioranza in primo luogo. Sarebbe interessante poter confrontare i primi mesi dell’amministrazione Obama rispetto agli ultimi di Bush per verificare quanto dista idealmente il mondo democratico da quello repubblicano, ma questo ovviamente risulta impossibile (almeno per ora). Il popolo americano cerca così l’elaborazione di un lutto che però non è stato accettato, l’opinione pubblica, i mezzi di comunicazione e l’establisment politico preferisce ovviamente celare gli scheletri sotto la sabbia del deserto iracheno.

Taxi to the dark side appare infine come un monito nei confronti dell’impossibilità di trovare una soluzione al conflitto in modo etico, perché l’ideologia e la religione sono degli elementi che troppo spesso nella Storia hanno creato separazioni analoghe, ma l’uomo non ha imparato ancora da suo passato. Gibney, in collaborazione con Amnesty International, ha cercato di rompere il silenzio su Abu Graib attraverso un documentario che utilizza una tecnica piuttosto tradizionale, con l’utilizzo di documenti di repertorio, interviste, testimonianze di esperti di politica internazionale, ma proprio la sua forma ne attribuisce una credibilità e una forza aumentata.

Qui trovate il trailer in italiano.

Il film uscirà in sala il 22 maggio.
Voto Carlo 8

Premio Oscar