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Cinema italiano, appello al nuovo Ministro: “Così ci fermiamo”

Le maggiori associazioni del settore cinematografico italiano firmano un appello per il Ministro per i Beni e le Attività Culturali onde fermare la riduzione dei fondi pubblici.

pubblicato 25 Aprile 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 15:24

“La crisi, la crisi…” Una litania continua che rumoreggia e gorgoglia in ogni angolo dello stivale, dal commerciante all’industriale nessuno ne è immune, tutti si lamentano: anche le principali associazioni di categoria rappresentative del Cinema italiano. A poche ore dalla nomina del nuovo Governo, è stato diramato un appello rivolto al nuovo Ministro per i Beni e le Attività Culturali, chiunque esso sarà.

Il cinema si ferma. Questa è la realtà che attende il nuovo Ministro per i Beni e le Attività Culturali al quale tutte le associazioni del settore chiedono un intervento immediato rinnovando allarme e preoccupazione.
La riduzione di oltre 20 milioni (oltre il 20 %) delle risorse pubbliche disponibili per l’intera filiera cinematografica annuncia l’inevitabile blocco di tutte le attività del settore: dalla produzione alla distribuzione, dall’esercizio alla promozione con gravissime ricadute anche sull’occupazione di centinaia di migliaia di lavoratori.
Pur nel quadro drammatico di una crisi economica generale, le associazioni del settore ritengono indifferibili soluzioni per impedire una paralisi di tutti i comparti del cinema.

20 milioni di euro per salvare “centinaia di migliaia di lavoratori”: fosse così semplice nessun Ministro rifiuterebbe. Forse i toni sono un po’ troppo enfatici, ma l’appello ha sicuramente i suoi indiscutibili punti di forza, specialmente quando parla di “crisi economica generale”. Il Cinema è arte ed è preciso compito e dovere di uno Stato civile difendere e promuovere le arti: ma forse il momento, drammatico per tutti, prescriverebbe un stratta di cinghia anche per il settore cinematografico che, con tutti i suoi indubbi pregi non è comunque indispensabile per la sopravvivenza del genere umano.

20 milioni sono ben poca cosa all’interno del Grande Disegno di una (ex) potenza come l’Italia, ma è veramente dai soldi pubblici che dipende la sopravvivenza del nostro cinema?

“Il ridimensionamento delle risorse vanifica il sostegno pubblico che tutti i Paesi europei riconoscono al cinema e alla cultura. Ciò accade proprio nel momento in cui, nonostante tutto, il cinema italiano riscuote nuovi e importanti riconoscimenti di attenzione all’estero e si prepara al confronto internazionale al Festival di Cannes.
Il nuovo Ministro dimostri concretamente la volontà politica di intervenire con un’immediata inversione di tendenza reintegrando i tagli, per esempio, con quanto sarà ricavato dalla vendita delle frequenze televisive.
Sarebbe un primo gesto concreto di risarcimento recuperando risorse da parte di chi utilizza l’audiovisivo senza reinvestire nella produzione.”

E qui si arriva prima al richiamo dell’orgoglio nazionale, “il cinema italiano… si prepara al confronto internazionale al Festival di Cannes” poi ai veri responsabili della situazione “chi utilizza l’audiovisivo senza reinvestire nella produzione”. Ossia le televisioni, che fagocitano l’energia vitale del cinema trasmettendo quotidianamente decine di pellicole senza reinvestire nel cinema e che il Decreto Passera Ornaghi dovrebbe obbligare a restituire parte dei proventi alla produzione cinematografica.

Nonostante tutto in Italia nel 2012 si sono prodotti più film che nel 2011 e i capitali (privati) investiti nelle produzioni sono aumentati, nonostante il calo costante degli spettatori. Tutti vorrebbero uno Stato Mecenate in grado di sovvenzionare largamente l’arte e il cinema (di qualità). Purtroppo mala tempora currunt e forse sarebbe anche giunta l’ora di un momento di riflessione, sulle decine e decine di film realizzate negli anni d’oro anche grazie alle casse pubbliche (ergo di tutti) e nemmeno degni di essere proiettati sul muro di un metrò.