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L’Ente nazionale protezione animali chiede il ritiro dalle sale di Baaria

L’Ente nazionale protezione animali (Enpa) ha denunciato alla Procura di Roma il film Baaria per una scena ai danni di un bovino (colpito con un punteruolo alla testa e poi sgozzato). L’associazione ha anche chiesto il ritiro dalle sale cinematografiche del film di Giuseppe Tornatore. Carla Rocchi, presidente dell’Enpa, ha dichiarato:“E’ impensabile che l’Italia voglia

di carla
pubblicato 2 Ottobre 2009 aggiornato 2 Agosto 2020 10:01

L’Ente nazionale protezione animali (Enpa) ha denunciato alla Procura di Roma il film Baaria per una scena ai danni di un bovino (colpito con un punteruolo alla testa e poi sgozzato). L’associazione ha anche chiesto il ritiro dalle sale cinematografiche del film di Giuseppe Tornatore. Carla Rocchi, presidente dell’Enpa, ha dichiarato:

“E’ impensabile che l’Italia voglia farsi rappresentare da una pellicola di cui si parla quasi esclusivamente per la scena che mostra la barbara uccisione di un bovino. Baaria è non il film testimonianza di uno spaccato siciliano, ma del macello gratuito di un povero animale”.

Giuseppe Tornatore ha spiegato:

“Mi pongo spiegando come la scena è stata realizzata, nessuno me l’ha chiesto. Sono stato di colpo attaccato, di colpo sepolto anche da insulti anche molto pesanti che io perdono solo perché capisco che non sapevano come le cose erano andate. Ho sempre condiviso le istanze degli animalisti e non mi sarei permesso di fare una messa in scena come quella che hanno scritto. Abbiamo provato in un primo momento a realizzare la sequenza con degli effetti speciali e non è stato possibile.

(Continua dopo il salto)

Per me quella sequenza era importante, mi serviva a evocare un clima arcaico, un tempo in cui la gente ricorreva a qualunque espediente rosso per curare le malattie, serviva ad avviare un clima molto tragico, molto drammatico immediatamente prima del blocco di sequenze che riguardano la nascita del primo figlio della protagonista con quel sogno premonitore. Nel film era importante, non sapevamo come realizzarla.

Eravamo in Tunisia non perché siamo andati lì per scavalcare la legislazione italiana, siamo andati lì perché noi siamo stati lì mesi, perché abbiamo girato il film lì… allora a un certo punto il mio produttore esecutivo che è uomo di grandissima esperienza, mi ha detto: “abbiamo una sola soluzione: semplificare la scena, ridurre al minimo e trovare un vero mattatoio dove quella scena che tu vuoi realizzare avviene numerose volte tutti i giorni e vedere se ci autorizzano a entrare con la nostra macchina da presa con le comparse vestite nei costumi dei film e tu la devi rubare come se fosse un documentario, o la fai così o non si può fare”.

Allora io ho trasformato la sequenza, che era molto più complessa: i due personaggi agivano all’interno in un primo momento, nel mio copione era così, le ho semplificate e le ho portate fuori e abbiamo fatto così: siamo entrati in un vecchio mattatoio, abbiamo ripreso quei pochi secondi, proprio come se fosse un documentario, e le abbiamo inserite nel film. Questo è quello che abbiamo fatto. Quello che voi vedete è vero, non l’abbiamo messo in scena noi. Anche se capisco che la rappresentazione è forte, ma così doveva essere nel racconto”.

Voi da che parte state?