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Festival del cinema di Roma: Rupi del Vino e delle Pellicole

Bisogna stare molto attenti quando si parla del cinema italiano, soprattutto se si torna sempre e soltanto alla questione dei finanziamenti, a cui tutti sono molto interessati, dai produttori, ai registi, agli attori e persino ai critici. Se continuerà a valere l’equazione sovvenzioni (finanziamenti) e produzione, escludendo almeno di fatto la necessità di costruire un

pubblicato 6 Ottobre 2009 aggiornato 2 Agosto 2020 09:53

Bisogna stare molto attenti quando si parla del cinema italiano, soprattutto se si torna sempre e soltanto alla questione dei finanziamenti, a cui tutti sono molto interessati, dai produttori, ai registi, agli attori e persino ai critici. Se continuerà a valere l’equazione sovvenzioni (finanziamenti) e produzione, escludendo almeno di fatto la necessità di costruire un mercato degno di questo nome, non si farà molta strada.

E’ un vicolo cieco. Lo sanno tutti. Anche i difensori alla cieca delle sovvenzioni. Ma andiamo al Festival di Roma, che comincerà il 15 ottobre. Tra le altre cose interessanti, si segnala per la presenza di Ermanno Olmi, un regista che ha fatto spesso da sé, fin dal debutto, cercando e trovando chi gli “pagava” i suoi film a basso costo e ad alta qualità artistica.

Da qui a prendere le sue esperienze come esemplari ce ne corre. Pochi sono stati, e sono, come lui. Pochi hanno il suo rigore e il rispetto di se stesso e del pubblico a cui intende rivolgersi. Non che tutti i suoi film siano riusciti, ci mancherebbe, ma non c’è dubbio che si contano sulle dita i registi che si comportano con uguale sapienza di movimenti e intelligenza nel trovare che gli “serviva”, i quali evidentemente cercavano allo stesso modo un regista-autore che “servisse” come lui.

Con Olmi non ci si arricchisce, si va in pari nei conti tra uscite nelle sale, dvd, passaggi in tv. E questo va bene, benissimo. Adesso tocca a tornare al Festival di Roma che ospiterà il suo film Rupi del vino. Olmi dice gli uomini di queste rupi e di questo vino hanno graffiato la roccia, traendone vigne, orti e terrazzamenti che impediscono alle montagne di venire giù. Ecco.

Come sarebbe bello che si prendesse atto della esigenza sempre meno procrastinabile di graffiare la roccia del cinema fuori dalle strade che si rivelano troppo battute e di trarre dalla terra che c’è ancora nella roccia – grande tradizione, grande voglia del pubblico, grande curiosità dei giovani- qualche sana vite per produrre pellicola da gustare. E’ un augurio, a pochi giorni dal Festival che apre alle “Rupi”.

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