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Up: i commenti della critica

La redazione di Cineblog ha adorato Up (lo vedete dalla nostra recensione e dai voti). Ma come l’ha recensito la critica della carta stampata? Ecco qui alcuni estratti. Scoiattolo! Roberto Nepoti – La Repubblica: Azione e gag in abbondanza, ecco la ricetta; però punteggiate da pause di calma che, a tratti, evocano Miyazaki. Quanto alla

di carla
pubblicato 27 Ottobre 2009 aggiornato 2 Agosto 2020 09:00


La redazione di Cineblog ha adorato Up (lo vedete dalla nostra recensione e dai voti). Ma come l’ha recensito la critica della carta stampata? Ecco qui alcuni estratti. Scoiattolo!

Roberto Nepoti – La Repubblica: Azione e gag in abbondanza, ecco la ricetta; però punteggiate da pause di calma che, a tratti, evocano Miyazaki. Quanto alla morale, stavolta è addirittura doppia. La prima, quella “familiare” cara a Hollywood: anche la vita domestica e l’ amore coniugale sono un’ avventura. La seconda, più insolita: prima o poi arriva il momento di salutare il passato e di concedersi a nuovi affetti.

Alberto Crespi – L’Unità: Come spesso capita con i film Pixar, Up ha almeno due livelli di lettura: è un’avventura comica nello spirito di Jules Verne e Paperino (non è un caso che accanto a Carl ci sia il verboso bambino Russell, una specie di Giovane Marmotta in libera uscita) ma è anche un film sull’elaborazione del lutto. In fondo Carl fa tutto per Ellie, la moglie adorata che più di lui sognava di vedere le meraviglie del mondo ma se n’è andata troppo presto.

up carl russell

Paolo Mereghetti – Il Corriere della Sera: E così un film che comincia come una specie di invito all’ elaborazione del dolore e della solitudine diventa un’ inarrestabile altalena di trovate, dove i miti dimostreranno di avere ben altre facce e i più maltrattati (c’ è anche un cane sovrappeso e imbranato) si riscatteranno. Dimenticando pian piano di trovarci davanti a un film d’ animazione e finendo trascinati dentro la più bella delle avventure, quella capace di dare concretezza ai sogni e di ritrovare l’ entusiasmo della gioventù. Non è la prima volta che succede in un film Pixar, ma qui tocca delle vette di perfezione (e di fascinazione) finora inedite, soprattutto perché riesce a farci dimenticare di essere in un cartoon per farci entrare in sintonia con la parte più palpitante del nostro cuore.

Federico Pontiggia – Il Fatto Quotidiano: ra i punti di forza, la consueta perfezione estetica di casa Pixar: il 3D è di qualità superiore – non c’è storia con Mostri contro Alieni della rivale DreamWorks – a tal punto, vedere per credere, da provocare vertigini nelle sequenze aeree. Inoltre, sia Carl che Russell, ma ancor più i cani parlanti e il pennuto gigante, sono esiti felicissimi degli studios di Emeryville, capaci di strappare risate irrefrenabili e sorrisi arguti, con il citazionismo colto tra Chaplin e Capra. Ma c’è anche spazio per la commozione, con un ritratto della vecchiaia che echeggia Gran Torino: l’analogia tra Carl e il Walt di Eastwood, entrambi freschi vedovi e costretti a bilanci poco esaltanti, non è peregrina. Capolavoro.

up doug carl russell

Alessandra Levantesi – La Stampa: Molta critica americana ha giustamente sottolineato il coraggio della Disney-Pixar di fare di un’irascibile vegliardo il protagonista di un film d’animazione. E come non apprezzare la poetica nota chapliniana che i registi Pete Docter, sceneggiatore non a caso di Wall-e, e Bob Peterson riescono a infondere in un’avventura all’Indiana Jones realizzata con tecnologia avanzata? Per fortuna c’è chi usa gli effetti speciali come un meraviglioso strumento al servizio della qualità e dell’arte.

Marco Dell’Oro – L’Eco di Bergamo: Immaginate di mettere nello stesso frullatore Il giro del mondo in 80 giorni di Giulio Verne, King Kong, Quarto potere di Orson Welles. Quando toglierete il coperchio ci troverete tutta la poesia e il divertimento di Up, una commedia d’avventura, se ci passate il termine, in cui il protagonista sembra Spencer Tracy e il suo rivale cattivissimo è una via di mezzo tra Errol Flynn e Howard Hughes.

up kevin carl russell doug

Michele Anselmi – Il Riformista: Come tutti i grandi film americani, Up è esattamente ciò che racconta ma anche molto di più. E quindi la sfida senza esclusione di colpi tra il bizzarro quartetto (il vecchio, il ragazzino, l’uccello goloso, il cagnetto pentito) e l’esercito canino del malvagio paleontologo; ma anche, in forme toccanti, senza i soliti riferimenti furbetti all’attualità, una condizione umana che si misura con temi universali come il potere ricattatorio degli oggetti, la fatica dell’invecchiare, la sostanza dei sentimenti, il ricordo degli amori.

Alberto Crespi – L’Unità: Se quelle di Disney erano fiabe ancestrali, meritevoli di essere studiate con Propp e Bettelheim a portata di mano, quelle di Lasseter sono riflessioni alte sull’America e sul mondo, con un senso del crescere, del trascorrere del tempo che le rende emozionanti anche per gli adulti. Up, il film uscito questa settimana in Italia (a maggio aprì, fra grandi applausi, il festival di Cannes), è un’opera per bimbi e per nonni, perché racconta la mirabolante avventura di un vecchietto e di un bambino altrettanto pestiferi. L’auspicio è che la generazione di mezzo, portando al cinema sia i figli che i padri, viva un grande pomeriggio di riconciliazione.

doug parla!

Paola Casella – Europa: La vitalità del film non sta nelle innumerevoli scene d’azione di Up, rese ancora più spettacolari dall’uso del 3-D, ma nella joie de vivre ritrovata a 78 anni da un vedovo che pensava di essere arrivato al capolinea, e viene invece trascinato nel futuro da un ragazzino grasso e da un cane trovato in Sudamerica che è contento di esistere e di amare il suo padrone. E se Up rimane ben lontano dalla genialità e dalla poesia di Wall-E, è tuttavia un’ennesima conferma per la Pixar, abilissima nel mescolare nuove tecnologie con sentimenti immortali, citando a piene mani da tutto il cinema del passato, da Chaplin a Herzog a Welles, per non dire di Hayao Myazaki, mentore riconosciuto del team di John Lasseter, il cui Castello errante di Howl era una casa volante ben prima della villetta di Carl.

up carl ellie da piccoli

Maurizio Cabona – Il Giornale: Non che tutto sia originale in Up. Ma si può copiare il bello o il brutto. E soprattutto si può essere pedissequi o innovare ciò che si copia. La seconda scelta è quella che fa andare avanti il mondo e non solo il cinema… Qui la fonte sono i film di Hayao Miyazaki, miscela di ingenuità, inventiva e insulsaggine che a qualcuno, Lasseter incluso, piace. E il tocco americano della Pixar permette di scegliere fior da fiore della fantasia del giapponese. In Up la parte più felice per gli adulti è l’inizio, con la nascita di una coppia qualsiasi negli Stati Uniti degli anni Quaranta, le nozze, i figli che non vengono, la modesta professione di lui, la devozione di lei. Poi la vedovanza di lui, in una casa che la speculazione edilizia circonda di grattacieli, con la melliflua pressione perché anche quella casa sia abbandonata dal proprietario, invero senile e manesco. Ogni passaggio è reso con concisione: è il poco che trasmette tanto, dando emozioni che urla e mimica della «vitalità» latina non comunicano. Concluso il prologo sociale per i padri e ancor più per i nonni dei piccoli spettatori, comincia la parte avventurosa, col decollo della casa sollevata – anzi strappata dalle fondamenta – da una miriade di palloncini. Poiché un vecchio malinconico e arcigno – disegnato coi tratti di un grandissimo attore come James Whitmore, recentemente scomparso – non è proprio l’eroe che entusiasma un bambino, nell’impresa di volare all’altro capo del mondo lo raggiunge un ragazzino dai lineamenti non proprio occidentali. Dopo Il castello errante di Howl di Miyazaki, in Up affiorano così tracce di Gran Torino di Clint Eastwood. Invertendo un luogo comune di Hollywood, ricco esploratore come sinonimo di eroico liberatore, stile Indiana Jones, Up si schiera dalla parte dei poveri casalinghi contro il progresso.

Boris Sollazzo – Liberazione: Ma non si creda che la Pixar qui abbia voluto rinunciare con una storia “elementare” alla sua rivoluzione: in questo caso, infatti, lo sguardo al futuro è tutto visivo. Up è il loro primo film 3D (il secondo per Cannes, dopo il documentario musicale U2 3D ), un salto nella nuova tecnologia che potrà dar loro mezzi creativi ancora più potenti. Solo loro potevano scegliere la tridimensionalità in una storia che non ne aveva la necessità, solo loro dare i ruoli dei protagonisti a un anziano burbero e a un bimbo cicciotto e goffo. Stanno scrivendo la storia del cinema e noi la leggiamo in diretta, non ci resta che rivolgere a loro l’augurio che Ellie, dalle pagine di un album fotografico, rivolge al marito Carl. “Grazie per questa splendida avventura. Ora ne inizia un’altra”.

up la casa si alza

Fabio Ferzetti – Il Messaggero: Così il prologo è un concentrato di malinconia, una vita di illusioni e delusioni condensata in venti minuti impeccabili e spietati durante i quali il piccolo Carl sogna avventure esotiche, ammira nei cinegiornali un famoso esploratore truffaldino, compie immancabili capitomboli, quindi cresce, si sposa felicemente ma non riesce ad aver figli né a compiere i viaggi agognati, poi resta vedovo, invecchia e si rassegna a una terza età combattiva, chiuso nella sua casetta assediata dalla speculazione edilizia ma deciso a non finire all’ospizio. Fino a quando uno scout pluridecorato e molesto, non bussa con insistenza alla sua porta per assicurarsi l’ultima medaglia, quella dell’assistenza agli anziani… Qui parte anzi decolla il secondo atto del film, che inizia con la casa sopra la metropoli appesa a migliaia di palloncini, i palloncini che Carl ha venduto per tutta la vita ai bambini del quartiere, e prosegue fra i picchi e le cascate a strapiombo di qualche remota regione sudamericana. E i geni della Pixar creano ambienti e personaggi irresistibili. Un uccello gigantesco e variopinto (l’occhio fisso e insieme espressivo della creatura è una delle meraviglie del film), cani che non abbaiano ma parlano grazie a uno speciale collare, con giochi esilaranti sulle voci e i ruoli sociali, un dirigibile mirabolante. E gag, azione, sorprese continue. Compresa un paio di (fugaci) apparizioni del sangue. Avete mai visto sangue in un film d’animazione? Solo la Pixar poteva osare tanto. Chapeau!

Filiberto Molossi – La Gazzetta di Parma: (…) «Up» è un cartoon ad alto tasso di malinconia (nonostante i molti momenti divertenti e surreali) e a chiara vocazione ambientalista che segna l’incontro, dalle conseguenze a tratti imprevedibili, tra due solitudini: da una parte l’anziano vedovo deciso a mantenere la promessa fatta all’amata moglie, dall’altra il ragazzino che sogna che il padre assente un giorno sia fiero di lui. E così, tra racconto iniziatico e citazioni (anche indirette) colte (da «Miracolo a Milano» a «La vita è meravigliosa», passando per l’adventure anche un po’ ingenuo dell’Hollywood classica), la favola del vecchio e del bambino rinsalda il patto intergenerazionale, in uno scambio necessario di esperienza e di idealismo che rappresentano il sale del percorso umano. Case che volano, cani che parlano, rane-sveglia: tenerissimo e toccante prima nel raccontare, senza sprecare una sola parola, le scene da un matrimonio (tra amore e rinunce), inventivo e paradossale dopo nel cantare il coraggio di una strana coppia, il film, che in Italia uscirà a metà ottobre, conferma l’ottimo momento della Pixar (che viene dal capolavoro «Wall-E») inneggiando allo spirito d’avventura (più intimo, etico, che non esteriore) di un cinema che di tridimensionale (gli effetti non fanno la differenza) ha soprattutto la ricchezza delle idee e le ragioni del cuore.

up carl ellie

Mariuccia Ciotta – Il Manifesto: Estremamente stilizzato, il disegno dei personaggi è privo delle rotondità disneyane, quasi graffi di matita bidimensionali che contrastano con i paesaggi aerei e galleggiano in un mondo senza confini. Uno spazio mentale amplificato dall’uso del 3D (aggiunto a film già completato) che ha qui una funzione inversa a quella degli effetti speciali esasperati (niente sassi scagliati in platea). Lasseter spiega come la sua terza dimensione (che difficilmente lo spettatore italiano vedrà, le sale non sono attrezzate) sia modellata sull’idea di una sensazione di instabilità, di essere in bilico tra questo e l’altro mondo. In sintonia con Miyazaki, regista modello insieme a Disney della Pixar, che insegna a valorizzare l’assenza di movimento, di sospensione dell’azione che sola produce la gioia della corsa mirabolante, Up risucchia lo sguardo nelle geografie emozionali dell’universo parallelo. Non più creature mostruose, oggetti animati come la lampada che fa da logo alla Pixar, giocattoli umanoidi (Toy Story, è in preparazione il terzo episodio) robot, insetti e pesci antropomorfi (Bug’s Life, Nemo) o macchine viventi (Cars), Up è un campo di memorie visive e creature transumane, secondo l’immaginario disneyano. Walt, negli giorni scorsi celebrato proprio a San Francisco con l’apertura del Walt Disney Family Museum, ritroverebbe in Up l’esperienza multisensoriale del suo cinema e la voglia di sperimentare. Dalla macchina multiplane, che dava profondità di campo al mondi carta, ai pixel tridimensionali. Un kolossal al servizio di una storia che insegna a dimenticare per tornare a ricordare cos’è che vale davvero.

Alessio Guzzano – City: Un vecchio vedovo e un bambino scout vanno all’avventura, come in una canzone di Guccini. Uno per realizzare il viaggio/sogno incompiuto della moglie, l’altro per guadagnarsi la medaglia da senior. Volano – letteralmente – verso la cascata sul picco, in Sudamerica. Con tutta la casa, trainata da palloncini: godeteveli sbocciare ed esplodere in 3D, ma non sono gli effetti speciali la forza dell’ultimo capolavoro Disney/Pixar (molto più capolavoro di “Wall-E”). Magistrale quando riassume una vita di coppia montando attimi di gioia, contrattempi, nodi alla cravatta, tramonto nella vecchiaia. Crepuscolare percorso di un anziano assediato da ruspe e ricordi: scorbutico come old Clint, rugose rabbie made in Spencer Tracy, occhialuti sguardi by Walter Matthau. Incontra un simpaticissimo uccello in via di estinzione, l’esploratore idolo della sua infanzia (diffidare degli eroi decrepiti!), militareschi cani parlanti, vecchi giuramenti su nuove bocche. Brividi horror, lampi di guerra in volo, artritiche lotte a colpi di deambulatore. Vi diranno che è un cartoon per adulti: complimento ambiguo che sa di limite. Ve lo diranno quelli che contestarono “Il re leone” perché mostrava la morte del nobile felino babbo, quelli che temono i loro cuccioli possano essere traumatizzati da “Jurassic Park”. In “Up” si sorride. Ma più ci si commuove: padri assenti, ospedali e lutti approcciati con tocco soave. Uno splendido cartoon per diventare adulti.