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Torino Film Festival 2009: Bronson – Baseco Bakal Boys

Bronson – di Nicolas Winding Refn (Rapporto confidenziale) Michael Peterson viene condannato una prima volta a 19 anni per aver rapinato una banca. E’ in realtà solo l’inizio di una vita vissuta in carcere, tra spargimenti di sangue, sequestri, uccisioni e pestaggi. Nei 34 anni successivi, infatti, Peterson – nome d’arte Charles Bronson… – in

pubblicato 20 Novembre 2009 aggiornato 2 Agosto 2020 08:00


Bronson – di Nicolas Winding Refn (Rapporto confidenziale)
Michael Peterson viene condannato una prima volta a 19 anni per aver rapinato una banca. E’ in realtà solo l’inizio di una vita vissuta in carcere, tra spargimenti di sangue, sequestri, uccisioni e pestaggi. Nei 34 anni successivi, infatti, Peterson – nome d’arte Charles Bronson… – in gattabuia ne passò 30.

Dopo il passaggio a Venezia dell’ottimo Valhalla Rising, fuori concorso, tocca al Torino Film Festival sdoganare definitivamente e consacrare Refn come uno dei nuovi autori da seguire assolutamente. Fuori di testa, decisamente capace tecnicamente, con una vena di follia sempre presente nei suoi lavori, il regista danese “anti-Dogma” ha presentato a Torino il suo ultimo film assieme a quello su One-Eye, ovvero questo allucinato biopic su uno dei criminali più pericolosi dell’Inghilterra.

Tom Hardy interpreta Bronson in maniera eccezionale, tra smorfie ed espressioni allucinanti, momenti di terribile fisicità, gag e siparietti, tracciando un ritratto originale e fuori dagli schemi – nonché volutamente fuori dalle righe, ma senza mai avere un effetto fastidioso – del suo personaggio.

Ma da Bronson esce fuori addirittura un discorso per niente scontato sulla pazzia e sull’arte: non è un caso che Charles ricerchi costantemente un modo per esprimersi, che sia il mondo della recitazione o, infine, la pittura. Un film a suo modo sorprendente, personalissimo, da vedere subito.

Baseco Bakal Boys

Baseco Bakal Boys – di Ralston Jover (Concorso)
Nel quartiere periferico di Baseco a Manila, i “Bakal Boys” vivono alla giornata, cercando ferraglia da rivendere. Un giorno, immergendosi in mare, trovano una vecchia ancora, ma facendo ritorno a casa il piccolo Utoy si rende conto che l’amico Bungal è rimasto al faro…

Il film del filippino Jover fa parte di quella (sotto)categoria di film che potremmo dire avere come “padre” Sciuscià di De Sica. Ragazzini che fanno di tutto per sopravvivere e guadagnare qualcosa, raccontati con stile documentaristico, budget nullo e ricerca di uno sguardo sull’ambientazione.

Si potrebbe in qualche modo provare a salvare il film cercando di fare leva appunto su questi tre aspetti: ma una ventina d’anni fa Amir Naderi aveva diretto un film che ha più di un punto di contatto con questo, ovvero The Runner, un capolavoro. Ma al di là di paragoni che potrebbero sembrare a qualcuno forzati, pretestuosi e fuori luogo, è il film stesso a convincere poco. Putroppo, perché le intenzioni erano assolutamente buone.

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