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Il festival di Bellaria licenzia il direttore Grosoli

Tira un forte vento di cambiamento in quel del Bellaria Film Festival, ma non significa necessariamente che si tratti di novità positive. La notizia del cambio di vertice del Festival, a cui andrà Emma Neri, è arrivata all’ormai ex direttore Fabrizio Grosoli attraverso i notiziari di alcuni quotidiani locali, senza quindi una comunicazione diretta all’interessato.

pubblicato 18 Gennaio 2010 aggiornato 2 Agosto 2020 05:43

Tira un forte vento di cambiamento in quel del Bellaria Film Festival, ma non significa necessariamente che si tratti di novità positive. La notizia del cambio di vertice del Festival, a cui andrà Emma Neri, è arrivata all’ormai ex direttore Fabrizio Grosoli attraverso i notiziari di alcuni quotidiani locali, senza quindi una comunicazione diretta all’interessato.

Il compito di Grosoli, come lui stesso ha confermato, era quello di rilanciare il progetto culturale del Festival, motivo per il quale il festival è stato trasformato negli ultimi anni in una manifestazione incentrata sul Cinema Documentario indipendente, sia nazionale che internazionale. Un progetto ambizioso che Grosoli ha portato avanti nonostante l’opinione di chi non ha apprezzato la drastica scelta di optare per il cinema di non-fiction

Grosoli ha quindi replicato pubblicamente con una lettera aperta in cui esterna tutto il suo disappunto, che riportiamo di seguito:

“Ho appreso da notizie riportate da alcuni organi di stampa locali di essere ‘decaduto’ dal mio ruolo di direttore artistico del Bellaria Film Festival (ruolo esercitato per 4 anni, dal 2006 al 2009) e di essere stato ‘sostituito’ dalla dottoressa Emma Neri.

Il Bellaria Film Festival è una manifestazione culturale storicamente promossa (nel 2009 si è svolta l’edizione n. 27) e materialmente in gran parte finanziata dal Comune di Bellaria Igea Marina. L’amministrazione comunale allora in carica (l’attuale di orientamento centro-destra è in carica al giugno 2009) mi aveva affidato il compito impegnativo e ambizioso di rilanciare il progetto culturale del Festival, compito che io ho interpretato trasformando la manifestazione in un festival del Cinema Documentario indipendente, sia nazionale che internazionale.

Non sta a me giudicare la riuscita di questo progetto.

Evidentemente la nuova amministrazione deve averlo giudicato fallimentare, vista la mancata conferma dell’incarico e visto il fatto che non mi è arrivata neppure una telefonata di cortesia (sarà il brutto vezzo di imitare i ‘poteri forti’, con il triste spettacolo che dà spesso il nostro Parlamento, a incoraggiare la maleducazione).

Invece no. Le ‘linee di programma’ della 28ma edizione redatte dalla nuova direttrice non solo mantengono ‘le linee guida degli anni precedenti’ (cioè quelle della mia direzione), ma ne sono di fatto un esatto ricalco (verrebbe da dire un plagio): le sezioni competitive sono le stesse, i titoli sono gli stessi, perfino alcune delle rassegne collaterali sono riprese da quelle delle ultime edizioni. E allora che cosa non andava bene? Che cosa rendeva necessario un cambio radicale di conduzione del festival a tutti i livelli, visto che anche l’associazione culturale che di fatto gestiva l’organizzazione del festival è stata esautorata?

Nella delibera del consiglio comunale in cui si assegnano i nuovi incarichi si fanno generici rimproveri alla gestione precedente circa lo ‘scarso impatto sulla città’ (eppure commercianti ed esercenti avevano manifestato soddisfazione, eppure le serate all’Astra erano piene di gente), o l’aver scelto un periodo infelice (le date del 2010 però sono esattamente le stesse dell’anno scorso) oppure ancora si affermano falsità come quella che il festival avrebbe avuto riscontro soltanto ‘sulle riviste specializzate senza raggiungere un pubblico più vasto’ (ci sono volumi di rassegne stampa a dimostrare il contrario oltre che eventi televisivi come la celebrazione dei 30 anni di L’altra domenica ripresa da RAISAT).

La verità, allora, deve essere un’altra. E se vogliamo chiamare le cose con il loro nome si chiama lottizzazione, spoil system, o come altro si voglia definire l’intrusione volgare e cialtrona del potere politico in tutti i settori della vita pubblica. Al punto da identificare gli operatori culturali come altrettanti soldatini militanti della parte avversa e quindi da spazzare via. Ma l’aspetto più sgradevole della vicenda è il concetto che nasconde: tagliamo le teste e le braccia di chi ha fatto le cose (con dedizione e onestà) e il ‘prodotto’ alla fine non cambierà. Come se si parlasse di qualsiasi sagra del pesce azzurro o dell’elezione di Miss Padania.

E invece un festival di cinema come lo è stato il BFF è il frutto della passione – quasi sempre disinteressata fino all’autolesionismo – di decine e decine di belle persone che arrivano a identificarsi in un progetto culturale fino a farlo diventare vita. Ed è un delicato equilibrio tra messa in campo di idee, intrattenimento popolare, riflessione sul mondo che ci circonda. Tutto questo non nasce a caso e non è sostituibile. Così come non sono intercambiabili i rapporti costruiti con pazienza e ostinazione con le istituzioni, i media, le associazioni di categoria (tra i tanti: le università italiane e in particolare il DAMS di Bologna, le associazioni Doc/It e DER, i canali TV Cult, CurrentTV, RaiSat, l’ARCI-UCCA, e forse la stessa Regione Emilia-Romagna più di tutti).
Non ci illudiamo con questo messaggio di cambiare le cose. Non credo che i politici si faranno vivi o che la nuova direttrice si faccia prendere da un moto di cristiana solidarietà (o anche da un gesto semplice come una chiamata per ricevere magari un consiglio professionale).

Ci auguriamo soltanto che la nuova gestione voglia e sappia muoversi con la stessa passione che ha contraddistinto il meraviglioso gruppo che ha fatto il BFF negli ultimi 4 anni. Se così non sarà, se dovessero prevalere ancora una volta il cinismo, la furbizia, i calcoli di bottega, la rimasticatura di concetti da parte di chi si sforza di sbandierare un’identità culturale senza averla mai avuta, penso che se ne accorgerebbero in tanti, a cominciare dal pubblico, quindi dai cittadini, di Bellaria Igea Marina”.

Da appassionato del mondo del documentario conosco il lavoro e la passione di Fabrizio Grosoli e non posso fare altro che rammaricarmi per questa notizia.