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Venezia 2010 musona commemora la risata

Venezia alzati e almeno sorridi. Si può cambiare. Da anni la Venezia del cinema è abituata a far la musona, a soffrire. Seduta sulle sue glorie. Anni di tanti film seri, drammatici, classici, entrati nella storia. A volte sbadigli. Per carità non sempre, la tendenza è soprattutto questa. Forse non c’era nemmeno bisogno delle dichiarazioni

pubblicato 1 Settembre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 21:01

Venezia alzati e almeno sorridi. Si può cambiare. Da anni la Venezia del cinema è abituata a far la musona, a soffrire. Seduta sulle sue glorie. Anni di tanti film seri, drammatici, classici, entrati nella storia. A volte sbadigli. Per carità non sempre, la tendenza è soprattutto questa. Forse non c’era nemmeno bisogno delle dichiarazioni pubbliche di Carlo Verdone, attore-regista che però non s’identifica con il genere comico, per stabilire che la Mostra ha marciato con i piedi di piombo nelle sabbie creative e non ha mai imparato a volare, cercando di scoprire che si può ridere o almeno di far sorridere, cosa che come sappiamo appartiene alla storia del cinema fin dalle origini, a una grande storia.

Poi ci sono altri guai. Attanagliata da polemiche mosse di chi la ritiene “baraccone e luna park, retto da bravi e stolti, ma preferibilmente funzionari del cinema e non artisti”, come scrive l’impavido brontolone Goffredo Fofi sul “Domenicale- Il Sole24 ore”; perseguitata dalle vicende di un nuovo palazzo del cinema invocato da tutti che adesso segna il passo per inestricabili questioni, la Mostra ha avuto un gesto di coraggio. Si è cosparsa la testa della polvere presa dal cantiere dove i lavori vanno singhiozzo, e ha organizzato una retrospettiva sul comico.

Dunque. La inaugurazione è riservata a Black Swan (Cigno nero) di Darren Aronofsky, con Natalie Portman, storia pare di forte emozioni, tra balletto e noir; e a La pecora nera del debuttante Ascanio Celestini, con lo stesso Cestini in scena, si presenta con un sottotitolo che incuriosisce: “Elogio funebre del manicomio elettrico”, da cui si capisce che si svolge in un manicomio e che poi il racconto si allarga a tutti i manicomi. Suspense.


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Ma comincia subito anche la retrospettiva dedicata a un genere che ha vissuto nel successo ma che (per fortuna?) non si è mai materializzato in monumenti al festival. Eppure. Gli eroi del comico sono persone da rispettare , professionisti provetti, gente molto sensibile, deliziose macchine umane dal cuore e dal cervello libero. Scena dopo scena dal muto ad oggi hanno costruito percorsi fondamentali come leggerezza e ironia.

Alla Mostra verranno mostrate pellicole di nomi dimenticati, o quasi: Tontolini (una specie di Ridolini), Polidor, Robinet, Fricot e altri. Dopo di loro, i De Rege, Macario, Rascel, il grande De Sica, il super Totò, Aldo Fabrizi, e poi Walter Chiari, Monica Vitti, Franca Valeri, Ugo Tognazzi, Gassman. Ancora, arrivando ai tempi nostri: Montesano, Pozzetto, Villaggio… Ognuno di loro, felicemente viventi, presenterà un’opera alla quale sono particolarmente legati come ad esempio Febbre da cavallo e persino Eccezziunale…veramente o Vacanze di Natale (non facile da sdoganare: forse una concessione a Christian, figlio di Vittorio; ma si può discuterne).

Il titolo della rassegna La situazione comica (1910-1988) riporta alla mente un famoso aforisma di Ennio Flaiano: “La situazione è grave ma non è seria”. Aforisma che si applica alla Mostra. Molti suoi direttori non hanno capito il cinema e hanno commesso per anni e anni gli stessi errori. Un errore di metodo: se la produzione contempla i film comici, fin dall’inizio, che senso ha tenerli fuori dalla porta dei festival (fanno quasi tutti come Venezia)? Non fanno parte di una stessa storia? E un errore psicologico, quasi una psicosi: il mondo vuole solo riflettere o vuole anche “vivere”? Questi errori hanno aggravato la crisi del cinema. Se il comico lo recuperano adesso è perché i direttori se ne stanno rendendo conto; del resto, lo hanno fatto anche con i cartoni animati, ai quali hanno cominciato ad aprire gli schermi.

Rideranno anche i cinefili più intransigenti che ignorano “come si rideva”? Tra le reazioni che stanno circolando nelle ore della vigilia circolano i lamenti dei più esigenti che riguardano le assenze di autori molto amati: Malick, Landis, Carpenter. Risposta della Mostra? Voilà altri autori cari agli appassionati : lo stesso Aronofsky, l’uomo del primo giorno, Ozon, Kechiche, Schnabel, Gallo, Tran, Hellman. Spunta anche un nome a titolo di pura curiosità: in un corto della sezione “Orizzonti” comparirà il figlio di Sylvester Stallone, Sage. Curiosità anche per Takashi Miike, regista di ben tre film alla Mostra: uno dei quali in concorso, 13 Assassins.

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