26° Torino Film Festival – Sesta giornata, Quemar las Naves, The Shaft, Hirokazu Kore-Eda
Certamente l’attesa rimane alta anche per quanto riguarda i film in competizione. C’è da dire che in questa biennale era Moretti il TFF si è effettivamente riproposto (riciclato?) a un pubblico più ampio tendendo a proporre film via via sempre meno sperimentali, istituendo un magazzino ufficiale per pellicole del genere (la sezione La Zona). Il premio per l’organizzazione si è rivelato essere un aumento esponenziale del pubblico, sempre ricordando che in ogni caso nel Concorso ufficiale non troverete mai “La Fidanzata di Papà”.
Quindi grande folla, anche se a essere proiettato è un film cinese con la caratteristica di essere estremamente cinese. Parliamo dell’esordio di Zhang Chi, che firma anche la sceneggiatura del suo The Shaft, film in tre episodi che raccontano le vicende di un padre e dei suoi due figli, una ragazza e un ragazzo, vicende che non si intrecciano se non in maniera molto marginale. Il tutto tenendo sullo sfondo, ma in maniera vivida e sempre visibile e palpabile, l’elemento che muove i fili di tutto il film, ovvero la miniera dalla quale tutti i nostri protagonisti vogliono fuggire a gambe levate.
Più sopra, lanciando una piccola boutade come fosse una molotov, si definiva il film di Zhang Chi estremamente cinese. Il discorso è effettivamente un po’ più complesso. Il giovane esordiente, infatti, pur avvalendosi di un soggetto molto buono, equilibrato e significativo, in fase di regia incappa in più di un errore dovuto, sembrerebbe, all’ingenuità del regista al suo primo lavoro. La tendenza del film, quindi, è quella di estremizzare e fossilizzare gli stereotipi di un certo cinema cinese continentale, sociale e di fiction.
I nostri amici studenti sono tornati a protestare. Questa volta hanno scelto la prima serata dell’Ambrosio e per la gioia delle coronarie di Nanni Moretti, ieri hanno chiesto il permesso prima di intervenire. Il dubbio è che Moretti abbia dato il consenso giusto per godere dello strambo, ma condivisibile, divertimento di una manifestazione studentesca precedente la proiezione di un film di Francisco Franco.
Un piccolo spazio lo merita la presentazione seppur in sordina, per usare un eufemismo, del nuovo lavoro di uno degli autori giapponesi contemporanei maggiori. Parliamo ovviamente di Hirokazu Kore-Eda, che nel corso della sua decennale carriera ha già vinto un’Osella a Venezia (con lo splendido “Maborosi”), il premio principale al 16° TFF (con “After Life”) e la Palma d’oro per il Miglior attore nel 2004 con il suo capolavoro “Nobody Knows”. Still Walking, confinato ne La Zona, è un film esile, ma non debole, che con pacatezza e grandioso senso del ritmo racconta le vicende di una giornata della famiglia Yokoyama, riunita per commerare il dodicesimo anniversario della morte del figlio Junpei. Una narrazione sensibile e semplice, dalle emozioni ovattate ma non per questo meno significative. Un altro piccolo capolavoro di Hirozaku Kore-Eda, un regista decisamente da riscoprire.