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Gangor: la recensione

Gangor (Italia/India, 2010) di Italo Spinelli, con Adil Hussain, Samrat Chakrabarti, Priyanka Bose, Tillotama Shome, Seema Rahmani. Gangor è una giovane donna del Bengala occidentale, attorno le cui vicende ruota l’intero fulcro narrativo del film. Questo, grazie al gettonato fotoreporter Upin, inviato in quella zona per dare vita ad un reportage sullo sfruttamento delle donne

pubblicato 14 Marzo 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 15:04

Gangor (Italia/India, 2010) di Italo Spinelli, con Adil Hussain, Samrat Chakrabarti, Priyanka Bose, Tillotama Shome, Seema Rahmani. Gangor è una giovane donna del Bengala occidentale, attorno le cui vicende ruota l’intero fulcro narrativo del film. Questo, grazie al gettonato fotoreporter Upin, inviato in quella zona per dare vita ad un reportage sullo sfruttamento delle donne indigene del luogo. Al suo fianco c’è Ujan, il suo assistente.

Letteralmente ammaliato dall’immagine di Gangor che allatta il proprio figlio, Upin decide che la foto che ne verrà fuori sarà quella che aprirà l’articolo in prima pagina. Incerto e frastornato, però, quel suo incarico fuori porta terminerà, portandolo a fare ritorno nella sua città, ossia Calcutta. Tuttavia qualcosa è rimasta; quell’immagine, quella donna, hanno lasciato uno strano segno. Qualcosa è senza dubbio accaduto.

E’ così, allora, che Upin decide di tornare a Purulia, spinto dall’ossessionante pensiero di un’avvenente donna che, diversamente, non avrebbe più certamente visto. Abbandona la moglie, quindi, e torna nella poverissima regione in cui era stato fino a poco tempo prima. Sarà in quel momento, giunto sul posto, che realizzerà la situazione. La famosa foto, pubblicata quasi per soddisfare un desiderio meramente personale, ha letteralmente stravolto la vita della povera Gangor. Ed è qui che parte la ricerca della giovane donna.

Insomma, da questi primi accenni narrativi si è senza dubbio compresa la portata dell’argomento. Di mezzo c’è, da un lato, lo sfruttamento delle donne nella regione del Bengala, problema taciuto dai media perché, essenzialmente, “non fa notizia” – come ha modo di dire uno degli interpreti durante il film. Dall’altro, c’è anche un’altra questione, certamente secondaria, ma comunque interessante. Upin viene ostracizzato per quella foto in cui viene mostrato il seno di Gangor mentre allatta suo figlio, atteggiamento che stupisce profondamente il reporter, il quale si domanda come mai il popolo del Kama Sutra soffra ancora di certe remore.

E’ evidente, però, che entrambe le “denunce” siano sostanzialmente funzionali alle peripezie di Gangor e Upin, vittime inconsapevoli delle loro stesse azioni. Chi per un verso, chi per un altro, nessuno dei due può dirsi totalmente esente da colpe. Tutto ha inizio da quella foto, a cui Gangor oppone inizialmente una comprensibile riservatezza, salvo poi domandare del denaro ad Upin, il quale glielo elargisce più che volentieri.

Ma questa non è che la scorza. Volendo andare un po’ a fondo (e nemmeno tanto), è davvero difficile non notare quel gioco di sguardi, se non di intenti. Quei mezzi sorrisi che dicono tutto e non dicono niente. In altre parole, uno scenario tipico da amore che sboccia, o per lo meno di infatuazione. E sarà questa tentata realizzazione di una sorta di rapporto irrealizzabile, al quale nemmeno loro credono, a condurre i due alla perdizione.

Spinelli se la cava bene camera alla mano, dipingendo un contesto che noi, così lontani da certi ambienti, riusciamo agevolmente a dare quantomeno per verosimile. Il taglio, ci è parso di notare, segue a tratti quello documentaristico, nel quale viene fittiziamente calata la vicenda di Gangor, epicentro della narrazione – come accennavamo poco sopra. Ma se la prima parte, ossia fino al ritorno dei due giornalisti a Calcutta, riesce a tenere desta la nostra attenzione, è quella successiva che stenta a decollare.

L’intento della sceneggiatura è nobile: fare luce su una realtà molto scabrosa come quella delle donne indigene sfruttate nella parte occidentale del Bengala. E’ eloquente in tal senso, la sequenza in cui Upin deve rivolgersi ad un intrerprete per discutere con queste donne e ricevere le loro testimonianze. Questa incomunicabilità rende piuttosto bene l’isolamento al quale sono relegate.

Ma è la ricerca nella quale successivamente si inoltra Upin a non convincere affatto. Un’accozzaglia di piccoli episodi che lo renderanno inerme, spinto da due ossessioni: quella per la verità e quella per la donna. Queste fasi ci restituiscono un uomo comprensibilmente affranto, ma che nella messa in scena di questa sua parabola discendente non riescono a trasmettere tale evidente stato d’animo. Noi stessi ci troviamo in difficoltà nel descrivere certe sequenze, nella quali, a nostro parere, la narrazione si trascina a forza.

L’epilogo, magari non scontato, tende un po’ a risollevare le sorti di una pellicola che in più occasioni ha rischiato di perderci – riuscendoci pure, in relazione a qualche passaggio. Ma anche in questo caso mentiremmo qualora ci dicessimo pienamente soddisfatti. Difatti non lo siamo, in bilico tra delle premesse interessanti ed una realizzazione lungi dall’essere pessima, ma che nemmeno eccelle per alcuni limiti che minano l’efficacia di una storia che, forse, si sarebbe potuta raccontare meglio.

Gangor è già uscito nelle sale venerdì 11 Marzo. Qui trovate il trailer italiano del film.

Voto Antonio: 5,5
Voto Federico: 4,5