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Cinema europeo: quale identità

Si è tenuto a Lecce, dal 5 al 10 aprile il Festival del Cinema Europeo ed è stato, ovviamente, teatro di confronto (se qualcuno avesse assistito, sarebbe interessante avere un giudizio per evitare errori dovuti a informazioni filtrate). Quello sull’identità del cinema europeo è un dibattito[…]

14 Aprile 2005 08:20

Si è tenuto a Lecce, dal 5 al 10 aprile il Festival del Cinema Europeo ed è stato, ovviamente, teatro di confronto (se qualcuno avesse assistito, sarebbe interessante avere un giudizio per evitare errori dovuti a informazioni filtrate).

Quello sull’identità del cinema europeo è un dibattito sempre aperto e da molto tempo. C’è qualcosa di strettamente e specificatamente europeo nei film che prendono vita in Europa? Ci sono contrastanti scuole di pensiero a riguardo, molte delle quali sembrano compiacersi di una “diversità” che comporta maggior interesse. Altri sostengono invece che si tratti di una semplice denominazione geografica.

A Lecce si è parlato anche di questo. Bruno Torri ha sostenuto che per definire una cinematografia riconoscibile come europea sia necessario trovare, nelle differenti produzioni, i valori, i temi comuni a tutti i paesi. Francesco Maselli non è d’accordo: tutti i paesi europei messi assieme sono uno straordinario laboratorio di creatività… il punto è arrivare a difendere tale creatività dalla legislazione dei singoli paesi.

Oscar Iarussi sostiene che il futuro del cinema europeo provenga dai “margini”: la Finlandia di Kaurismaki, il Portogallo di De Oliveira, la Danimarca di Lars von Trier o la Grecia di Angelopoulos… tutti paesi in cui i film prestano attenzione al dettaglio. Se quello americano è il cinema d’azione, il cinema europeo potrebbe trovare la sua specificità nella contemplazione. Questa opinione trova l’appoggio del polacco Zanussi, rientrato dagli USA, che sottolinea inoltre come e quanto questo tipo di approccio critico e filosofico sia caratteristica tipica dell’Europa.

Io mi trovo piuttosto d’accordo con Iarussi e i registi che vivo come maggiormente rappresentativi del cinema europeo sono proprio quelli che più si lasciano andare a lente, dettagliate, profondissime contemplazioni della psiche, del paesaggio, degli oggetti e… della maschera.