Home Curiosità Les Enfants du Paradis – il capolavoro di Marcel Carné e Jacques Prévert torna al cinema restaurato: recensione

Les Enfants du Paradis – il capolavoro di Marcel Carné e Jacques Prévert torna al cinema restaurato: recensione

Recensione matura e curiosità del leggendario Les Enfants du Paradis di Marcel Carné e Jacques Prévert, aspettando la prima visione integrale e restaurata al cinema dal 25 novembre 2013.

di cuttv
pubblicato 25 Novembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 08:02

Il mondo è un grande palcoscenico, dal quale contemplare i meccanismi della realtà attraverso quelli della finzione, oggi come nella Parigi più buia, occupata dai nazisti e censurata dal governo di Vichy, nella quale Marcel Carné e Jacques Prévert consacrano l’apice del loro sodalizio artistico e realismo poetico, mettendo in scena un film leggendario come Les Enfants du Paradis.

Un raffinato omaggio alle arti dello spettacolo, definito «il miglior film nella storia del cinema sonoro francese» durate la cerimonia dei César del 1971. Un classico ritrovato e restaurato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata e Laboratoires Éclair, che torna al cinema dopo un settantennio, distribuito dalla cineteca di Bologna, con una in versione integrale che risarcisce anni di visioni italiane mutilate (di più di 80 minuti) con il titolo di Amanti perduti.

Un ritorno alla Parigi ottocentesca misteriosa e popolare del Boulevard du Temple, con tutti i suoi teatri e commedianti, persi tra pantomima e melodramma, tragedie shakespeariane e delitti che “insanguinavano” le scene tanto da ribattezzarlo ‘boulevard du crime’.

Un ritorno all’equilibrio tra tra muto e parlato, vita e teatro, personaggi reali e inventati, con il povero ed incantevole mimo casto e impetuoso Jean-Baptiste Debureau (Jean-Louis Barrault), che si esibisce al teatro de Funamboles, dove “i ragazzi del paradiso”, ovvero i frequentatori del loggione tributano plausi e rimproveri agli attori; il celebre e tragico attore Frédéric Lemaître (Pierre Brasseur) che calca le scene del Grand Théâtre; il sinistro, rivoltoso, sanguinario, scrittore e bandito-gentiluomo Pierre-François Lacenaire (Marcel Herrand), con mani che non grondano sangue ma macchie d’inchiostro, il ricchissimo conte Edouard de Montray (Louis Salou), tutti illuminati, sedotti e portati a compimento dall’inafferrabile Garance (Arletty).

I personaggi che dal Boulevard du Crime (1840) a L’Homme blanc (1847), due epoche con due titoli diversi e stessa trama, si trasformano nelle maschere di Arlecchino (Lemaître), Pierrot (Deburau) o Colombina ( Garance), che rappresentano l’eterna commedia umana tra una folla di clown, saltimbanchi, artisti di strada, piccoli criminali e il vecchio straccivendolo Jéricho (una sorta di ‘destino’ nelle intenzioni di Prévert).

Prima parte (“Le Boulevard du Crime”): Parigi, 1840. Il timido mimo Baptiste Debureau (Jean-Louis Barrault), si innamora perdutamente della bellissima Garance (Arletty), già amante del bandito Lacenaire (Marcel Herrand); lei ricambia il sentimento, ma poi lo lascia per diventare la mantenuta del conte di Montray (Louis Salou).

Seconda Parte (“L’Homme Blanc”): dopo qualche anno, Baptiste, divenuto nel frattempo famoso, è sposato con Nathalie (Maria Casares), ma quando, una sera, rivede Garance ad un suo spettacolo, capisce che non ha mai smesso di amarla.

Una trama esile, il non detto sempre presente, i dialoghi di Prévert scritti come le sue poesie e le canzoni, un delitto finale, un amore ardente, poetico e fatale, la corsa vana, disperata e strepitosa del mino che insegue la donna per le vie di Parigi dove impazza il Carnevale, la potenza evocativa delle immagini e il mosaico di caratteri, rendono il film appassionato e disilluso, romantico ed emozionante, troppo sorprendente da ri-scoprire ad un settantennio di distanza per non meritare il massimo dell’ammirazione.

Voto di Cut-tv’s: 10

Les Enfants du Paradis (Children of Paradise, Amanti perduti, ‘189, frammatico, Francia, 1943-44) di Marcel Carné; con Arletty (Garance), Jean-Louis Barrault (Baptiste Deburau), Pierre Brasseur (Frédérick Lemaître), Maria Casarès (Nathalie), Marcel Herrand (Lacenaire), Louis Salou (conte Edouard de Montray), Pierre Renoir (Jéricho, lo straccivendolo). Di nuovo al cinema dal 25 novembre 2013, in tutte le sale segnalate on line.

“Vi batterete in duello. E con chi?”. “Con un imbecille”. “Lo ucciderete, spero”. “Eh, se si dovessero uccidere tutti gli imbecilli…”

Cofanetto Dvd

Parallelamente alla distribuzione in sala, Les Enfants du Paradis esce in cofanetto Dvd per le Edizioni Cineteca di Bologna, in collaborazione con BIM. Oltre alla versione originale francese propone, per la prima volta in Italia, anche quella integrale italiana: nel nostro paese il film venne infatti distribuito con tagli che lo riducevano a 106 minuti. Solo nel 1969 la Rai lo trasmise nell’edizione integrale, con un nuovo doppiaggio, ascoltabile opzionalmente nel Dvd. Fra gli Extra, il documentario C’era una volta… Les Enfants du Paradis di Julie Bonan e la ricostruzione del lavoro di restauro. Nel libretto, testi inediti di Peter von Bagh, Laurent Mannoni e Roberto Chiesi. 3 Dvd e Booklet a 19,90Euro. In libreria e su Cinestore dal 28 novembre 2013.

Les Enfants du paradis - foto

Fotografie

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Curiosità

Da Funambules a Les Amants du Paradis

Così Marcel Carné racconta nelle sue memorie (Marcel Carné, Io e il Cinema, Lucarini, Roma 1990), la genesi del film, nei primi mesi del 1943 (la Francia è sotto l’Occupazione nazista da oltre due anni e mezzo, la seconda guerra mondiale dura da ormai oltre tre anni):
“Per parecchio tempo i miei colloqui con Jacques [Prévert] rimasero infruttuosi. Se avevamo un’idea la abbandonavamo subito, per motivi diversi ma sempre validi. Paulvé [André Paulvé, produttore diLes Visiteurs du soir / L’amore e il diavolo, 1942], tenuto conto dell’enorme successo commerciale dell’Amore e il diavolo, senza dirmelo esplicitamente mi aveva lasciato capire che era disposto a fare uno sforzo del tutto eccezionale per il secondo film che intraprendevo per la società.
Io e Jacques dunque cercavamo piuttosto nel genere ‘affresco’ che in quello intimista. Ci sembrò di aver trovato quando uno dei due – lui? Io? – pensò a un Milord de L’Arsouille interpretato da Pierre Brasseur. Già mi rallegravo all’idea di rievocare la famosa mascherata della Courtille, quando ci rendemmo conto che fare sfoggio di tanta prodigalità, di tanto lusso insolente in un’epoca di penuria pressoché totale sfiorava la provocazione. L’idea fu abbandonata.
Fu allora che, sfaccendati e in preda all’irritazione ben nota ai registi in cerca di un soggetto che sfugge, incontrammo Jean-Luis Barrault che bighellonava col naso per aria sulla Promenade des Anglais. Il tempo di rallegrarci dell’incontro, ed eravamo seduti sulla terrazza di un caffè. Le domande piovvero fitte, finché, calata un po’ la febbre della curiosità, cominciammo a parlare del più e del meno. Barrault naturalmente ci parlava di teatro. Ancora di teatro. Sempre di teatro. Gli aneddoti si susseguivano, quando uno in particolare ci fece drizzare le orecchie. Si trattava di un fatto di cronaca accaduto al mimo Deburau. Un giorno passeggiava sottobraccio a una donna sul famoso Boulevard du Crime; era allora all’apice della sua gloria. Improvvisamente un ubriacone si mise ad insultare la ragazza. Non la conosceva, e non aveva nessun motivo, se non l’ubriachezza, per comportarsi così. Deburau cercò di allontanarlo. Ma lui, con la tenace ostinazione degli ubriachi, si accaniva ad ingiuriare sempre più volgarmente l’amica del mimo. Questi, infuriatisi, colpì l’ubriaco con il bastone che aveva in mano. Gli diede una botta in testa così violenta che l’uomo ne morì. Non so se la scena è autentica, la riporto come ce la descrisse Barrault. L’originalità del fatto risiedeva in questo: tutta Parigi si era precipitata al processo per sentir parlare il mimo!
L’idea ci parve sensazionale. Ma ben presto il nostro entusiasmo decadde. O Deburau veniva impersonato da Barrault, e allora dov’era per lo spettatore l’interesse – e la novità – nel sentirlo parlare? Oppure ricorrevamo a uno sconosciuto, e chi si sarebbe curato della sua voce? Jacques, scoraggiato, parlò di abbandonare il progetto. Ma io mi impuntai. Mi piaceva l’epoca, e in particolare mi seduceva l’idea di far rivivere il Boulevard du Crime come esisteva allora. – Senti – dissi a Jacques – io faccio un salto a Parigi per andare al museo Carnavalet e consultare i documenti del Gabinetto delle Stampe del periodo che ci interessa.
Fa’ come vuoi – rispose Jacques. – Io da parte mia voglio vedere se ho un’altra idea”.

Le ricerche storiche e iconografiche

“Quello che scoprii al Gabinetto delle Stampe superò le mie speranze. Nelle stampe del tempo trovai assolutamente tutto quello che cercavo: documenti sul Boulevard du Crime, sui Funambules e gli altri teatri, disegni dei caffè e delle bettole della Courtille e perfino le sagome degli ambulanti che esercitavano i famosi piccoli mestieri di Parigi. Ottenni l’autorizzazione di far fotografare tutto quello che mi interessava dal servizio specializzato del museo.
Munito del prezioso bottino, non lasciai subito Parigi. Prima volevo far visita alle quattro o cinque librerie specializzate in storia del teatro. Marcel Herrand, un esperto del settore, me ne indicò due in rue de Seine. Fu lì che feci gli acquisti più ricchi. In un libro di Jules Janin scoprii che il popolino dell’epoca chiamava “Paradis” il loggione delle sale di spettacolo; questo ci avrebbe più tardi aiutato a trovare il titolo del film. Un altro libro, di Théophile Gautier, parlava di Chand d’habits come di un capolavoro. Ripartii per la Costa, felice del mio raccolto.
Appena arrivai a Prieuré gettai la documentazione fotografica sul tavolo cui erano seduti Jacques e Trauner [Alexandre Trauner, scenografo del film]. – Lì c’è tutto il film – dissi trionfalmente. Prévert non rispose subito. Trauner si limitò a spalancare i suoi occhi piccoli e tondi come quelli degli elefanti. – Lì c’è di che fare dodici film -, aggiunsi.
Anch’io ho lavorato -, disse Jacques. Tremai all’idea che avesse potuto interessarsi ad un’altra storia. Mi assicurò: si era dedicato ai diversi personaggi dell’epoca. Non era malcontento: – Cresce”.

 
Un film, due film

“Cresceva tanto che ci accorgemmo ben presto che, essendo l’argomento ricchissimo, il film rischiava di superare la lunghezza normale. Non solo dovevamo raccontare una storia mettendo in scena numerosi personaggi: poiché dicevamo che alcuni di essi avevano del talento e anzi del genio, dovevamo anche farli vedere mentre esercitavano il loro mestiere. Ciò richiedeva molta pellicola e non era esagerato pensare che il film sarebbe durato due ore e mezza o addirittura di più”.

Il produttore Paulvé accettò le condizioni di Carné, anche perché lo rassicurava la serie ininterrotta di successi che finora si erano susseguiti nella sua carriera. Gli propose però di presentare Les Enfants du Paradis in due parti.

“Naturalmente volevo consultare Jacques: risposi che non mi sembrava impossibile; a condizione tuttavia che almeno nella prima visione parigina il film venisse proiettato in una volta sola. Su questo fui formale: Les Enfants du paradis, che allora si intitolava Funambules, non era concepito come un film a puntate! Paulvé si impegnò, e io tornai da Jacques, che si dichiarò d’accordo. Cominciò il lavoro. Che l’autore, il regista e lo scenografo si trovassero riuniti nello stesso posto era l’ideale. Lavoravamo veramente insieme: ognuno interrogava l’altro appena si presentava una difficoltà o sentiva il bisogno di avere il suo parere. Purtroppo però scrivere il copione, ricavarne la sceneggiatura e disegnare i bozzetti dei costumi non era tutto. Dovevamo anche dedicarci alla preparazione vera e propria, e ricorrere agli attori e ai tecnici. In capo a poche settimane dovetti ripartire per Parigi per prendere contatto con gli uni e con gli altri. Prima di partire mi ero messo d’accordo con Jacques sul cast del film. Cast prestigioso se mai ve ne fu! Impossibile comporre un cartellone più ricco di talenti: Arletty, Barrault, Brasseur, Salou, Herrand, per citare solo questi!”.

Scenografie e costumi

“Appena arrivato a Parigi, cercai di raggiungere Wakhévitch [Georges Wakhévitch, scenografo di Les Visiteurs du soir]. Con mio vivo disappunto, mi informò che non era libero. Ero dunque costretto a rivolgermi ad un altro scenografo di copertura che accettasse l’accordo cui si era prestato lui. Data l’importanza delle scenografie e la loro estrema complessità, era indispensabile che si trattasse di uno scenografo di prim’ordine. La scelta era quindi abbastanza difficile. Per fortuna a quell’epoca la solidarietà non era una parola vuota. Per amicizia verso Trauner, Léon Barsacq accettò di prestarci un aiuto che si sarebbe rilevato prezioso. Infine, anche il pittore Mayo, contattato per i costumi, diede il suo assenso. Lì mi attendeva una piacevole sorpresa. Mentre mi aspettavo di incontrare difficoltà paragonabili a quelle dell’Amore e il diavolo, ebbi lo stupore di constatare che, se tutto ciò che era raso e velluto restava introvabile, era relativamente facile procurarsi, pagandoli bene, tessuti di lana di ogni tipo…”

Le riprese

Le riprese iniziarono il 16 agosto 1943 negli studi della Victorine a Nizza, ma furono improvvisamente interrotte a settembre a causa dello sbarco delle truppe alleate in Sicilia.
“Fu un progetto estremamente ambizioso, gigantesco, realizzato in condizioni proibitive. Era l’ultimo anno di guerra, i tedeschi venivano ogni giorno sul set per imporci le comparse dei “loro” sindacati… Avevamo cominciato a Nizza, poi in seguito allo sbarco degli americani in Sicilia il governo di Vichy ci ha ordinato di salire a Parigi; alla fine siamo ridiscesi a Nizza. A un certo momento il coraggioso produttore Paulvé è stato sostituito dalla Continental di Alfred Greven per oscure ragioni di gelosia, durante un mese intero non sapevamo se avremmo mai finito il film. C’è voluta un’energia folle per terminarlo. Come ci siamo riusciti è un mistero anche per me. Tutti questi ostacoli hanno finito con lo stimolarci.
[…] È risaputo che i film che riescono meglio sono quelli dove ci si sente più liberi. La passione ha fatto il resto” (da Intervista con Marcel Carné, di Aldo Tassone, Parigi, 1986, in France Cinéma 2008, a cura di Aldo Tassone, Edizioni Aida, Firenze 2008).
Dal momento in cui ripartirono, il 9 novembre 1943, Carné si industriò per protrarre in tutti i modi i tempi della lavorazione così da presentare il film nella Francia liberata dai nazisti. Nel frattempo la produzione era stata assunta dalla Pathé.
Le riprese durarono fino al 14 aprile 1944 e il montaggio terminò nel dicembre dello stesso anno.

L’uscita del film

Fu organizzata una proiezione il 22 dicembre 1944, in anteprima per la Gaumont, che l’avrebbe distribuito nelle sale.

Successivamente Les Enfants du Paradis fu proiettato in serata di gala il 9 marzo 1945 al Palais de Chaillot (la Francia era stata liberata da poco più di sei mesi) e la settimana dopo (il 15 marzo) ebbe luogo la prima proiezione pubblica a Parigi, ai cinema Madeleine e Colisée.

La Gaumont sollevò obiezioni per la durata anomala ma Carné, sfruttando ancora il credito ottenuto con il grande successo dei suoi film precedenti, riuscì a persuaderli a proiettare le due parti del film una di seguito all’altra, con i titoli Le Boulevard du Crime e L’Homme Blanc. “Fu persino accettata la prenotazione del posto. Il prezzo dei biglietti venne raddoppiato, passando dai quaranta agli ottanta franchi”.

La determinazione di Carné fu ripagata da un nuovo trionfo: quattro milioni e settecentomila spettatori affollarono le sale e il film rimase in cartellone per venti settimane. Data l’eccezionalità delle circostanze, il visto di censura fu rilasciato soltanto in un secondo tempo (ottenne senza nessuna difficoltà il nulla osta numero 271 del 15 febbraio 1946) e quando venne presentato per la prima volta all’estero, alla Mostra del cinema di Venezia nel settembre del 1946, l’accoglienza internazionale non fu meno calorosa.
 
Massacro di un capolavoro: da Les Enfants du Paradis a Amanti perduti
Se in Francia l’anomala lunghezza del film aveva forse contribuito a renderlo un evento culturale che celebrava la liberazione del paese, in alcuni paesi esteri, come Italia e Stati Uniti, invece, Les Enfants du Paradis subì la censura dei distributori.

La società italiana che deteneva i diritti del film per l’Italia, la Scalera Film dei fratelli Michele e Salvatore Scalera aveva siglato un accordo già dal 1943 con Paulvé, preacquistando per la distribuzione italiana L’amore e il diavolo (che sarà distribuito solo nel 1949) e, appunto, Les Enfants du Paradis. Ma la Scalera conobbe varie traversie dopo la fine della guerra: i produttori si erano compromessi con il regime fascista e nel 1945 Michele Scalera finì sotto processo. Fu assolto ma nel 1950 il passivo della Scalera raggiunse la cifra di un miliardo e mezzo di lire e nel 1952 la società dovette essere messa in liquidazione.

Appena un anno prima del fallimento, agli inizi del 1951, la società distribuì nelle sale italiane Les Enfants du Paradis, infliggendo al film una serie di modifiche arbitrarie che lo snaturarono completamente: impose un titolo banale come Amanti perduti e soprattutto massacrò il capolavoro di Carné-Prévert tagliando circa 84′ dei 190′ della durata originale, riducendo così le due parti ad un unico lungometraggio di 106′ (la lunghezza originaria di 5593 metri fu ridotta a 3075).

Il cinema di Carné-Prévert era sempre stato la ‘bestia nera’ della censura del regime fascista che aveva ostracizzato i film del “realismo poetico” ritenendoli “disfattisti” e “sovversivi”. La censura ministeriale dell’Italia repubblicana si limitò ad infliggere al film un divieto ai minori: “Revisionato il film il giorno 16.05.1950. Si esprime parere favorevole alla programmazione in pubblico a condizione che sia vietata la visione ai minori dei sedici anni.”

Il nulla osta n. 7883 venne concesso il 16 maggio 1950 ma la data del documento ministeriale reca quella del 20 gennaio 1951. Negli Stati Uniti, invece, dove era uscito nel febbraio 1947, furono tagliati ‘solo’ 45′, mentre la traduzione del titolo era rimasta fedele all’originale (The Children of Paradise).

Nel 1969 Gian Luigi Rondi ebbe la lodevole iniziativa di curare una retrospettiva televisiva per la RAI, intitolata Momenti del cinema francese e dedicata a Marcel Carné e Jacques Becker.

Del primo furono trasmessi Il porto delle nebbie, Alba tragica e Les Enfants du Paradis, per la prima volta presentato ad un vasto pubblico in versione integrale, doppiato in italiano e diviso nelle due parti in cui era stato proiettato a suo tempo in Francia, Il boulevard del delitto (trasmesso il 29 agosto 1969 alle 21) e L’uomo in bianco (il 6 ottobre alla stessa ora).

Negli anni ’80 il film fu edito in videocassetta da Sampaolo sempre in edizione integrale, diviso in due parti e nel 2004 la BIM editò un cofanetto dvd comprendente la versione integrale con i sottotitoli e, come extra, l’edizione italiana del 1951, tagliata e doppiata. Ma è l’edizione restaurata dall’Immagine Ritrovata nel 2011 per Pathé a ritrovare, finalmente anche in Italia, la via maestra delle sale cinematografiche.

Poster

Les Enfants du paradis - poster
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Via | Il Cinema Ritrovato