Home Curiosità Supereroi al cinema: scegliete i vostri cinque preferiti

Supereroi al cinema: scegliete i vostri cinque preferiti

“Thor- The Dark World” è l’ultimo capitolo di quel fenomeno chiamato cinecomics, genere che coniuga il blockbuster milionario con l’amore per i fumetti. E come ogni passione naturalmente c’è sempre un cinecomic del cuore per tutti noi. Ecco le mie cinque preferenze. E le vostre?

pubblicato 24 Novembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 07:00


“Thor- The Dark World” è appena uscito in sala e il rito dei cinecomics, in Italia come in tutto il globo, si rinnova ancora, mobilitando schiere di fan veterani, bulimici consumatori della carta stampata e neofiti cinefili ed entusiasti. Fenomeno di massa certo ma con alle spalle un sostrato culturale di assoluto spessore e codici linguistici peculiari e complessi (qualcuno prima o poi dovrà riconoscere che il fumetto è, a tutti gli effetti, moderna letteratura pop e non semplicemente una ricreazione giovanile o giovanilistica).

Supereroi dai poteri smisurati ma concepiti a misura d’uomo sia per fattezze che per caratteristiche (nevrosi comprese). Rappresentazioni fantastiche dalle importanti letture sociali e orditi narrativi che non si limitano semplicemente a delineare le biografie di personaggi più spessi della carta stampata ma cavalcano il tempo e le epoche, sintonizzandosi costantemente con l’emotività di un pubblico di riferimento (gli adolescenti) e allineandosi con gli stessi cambiamenti storici e sociali.

Non c’è generazione giunta ai giorni nostri (dai padri ai nonni fino al fratellone coi bimbi a carico) che possa negare di aver vissuto la sua fuga fantastica su carta stampata, magari coi piedi ben “saldi” su un pianeta alieno o la testa immersa nelle nuvole dei balloon. In quella visione “sana” dell’infanzia o dell’adolescenza, alle pendici di luoghi ancora incontaminati dalla volgarità dellodierna tecnologia, per sognare bastava un angolo di stanza, qualche albo di pochi spiccioli e l’indispensabile “sospensione dalla realtà”.

Succede ancora oggi, complice la magia di un cinema moderno e ipertrofico, capace di restituirci (e magari un po’ di “rubarci”) quelle visioni e narrazioni maturate in gioventù, grazie alle sue macchine immaginifiche e sature di effetti. I cine-comics risvegliano in sala i vecchi adolescenti assopiti negli adulti e insieme smuovono nuovi adolescenti (che però, si spera, dopo la visione vadano a recuperare le fonti originarie).

Ne è passata così tanta di acqua sotto i ponti dei cinecomics che a questo punto potremmo stilare senza problemi anche una nostra personale classifica. Anzi, già che ci siamo, perché non azzardare un giochino perverso? Avendo la possibilità di portare sulla proverbiale isola deserta soltanto cinque cine-comics del cuore, su quali titoli ricadrebbe la vostra scelta? Per facilitarvi le cose vi diciamo di limitarvi soltanto ai supereroi cosiddetti “seriali”, figli vari di Marvel, Dc Comics & Co. e tralasciando volutamente quella regione altrettanto sterminata e confinante costituita dalle graphic-novel (meritevoli di un post tutto loro).

In attesa delle vostre, eccovi intanto la mia cinquina del cuore, che, nonostante tutto, mi è costata sacrifici eccellenti (un esempio su tutti X-men 2). Quindi la parola a voi.

“Superman” di Richard Donner (1978)

Cinecomics irraggiungibile nella storia e non soltanto perché trasuda cinema anni ’70 nella loro accezione più spettacolare (erano gli anni di Star Wars), ma anche per il calore che riusciva ad emanare. Voli su Metropolis lenti ma intensi, un Christopher Reeve ineguagliabile per fascino e prestanza e cattivi (Gene Hackman) degni di un manuale di recitazione. Se Singer lo omaggerà con una devozione fraintesa dai fan (Superman Returns), Snyder annullerà invece ogni debito col modello originale in favore della sua ricerca più “cinetica” che cinefila. Ovviamente le nuove generazioni diranno che è vintage e prolisso. Ci rattristiamo per loro; giusto perché emozioni come quelle del 1978 la i-generation non le proverà mai.

“Dick Tracy”di Warren Beatty (1990)

Ovvero “come imparai che al cinema talvolta è meglio andarci soli”. Perché a fine visione dovetti quasi vergognarmi ad ammettere che il film di Warren Beatty mi era piaciuto, a fronte di un insofferente gruppetto di amici delusi dall’esperimento. E con questo non intendevo mica fare il critico presuntuoso (sebbene il film col tempo sia stato rivalutato), ma solo affermare il mio sacrosanto diritto di godere al cinema. E “Dick Tracy” è, per l’appunto, un piccolo godimento cinefilo, sorta di estasi “estetica” baciata dall’obiettivo magico di Vittorio Storaro e impreziosita da un make-up che occulta intelligentemente le star invece che esibirle (a parte le due icone fashion di Madonna e Beatty ). Bidimensionale e sublime, sacrifica un po’ di cuore in favore della razionalità della messa in scena, ma trova anche una sua “moralità” cinefila in quel caleidoscopio di colori che fa rivivere magicamente strip vecchie di 60 anni. E forse, senza questo film, non ci sarebbe stato nemmeno “Sin City”.

“Batman il ritorno” di Tim Burton (1992)

Magari è più “Burton” che “Batman” ma in fondo cosa ce ne importa? Dopo le prove generali del primo (riuscito) capitolo, il geniaccio Tim contamina il fumetto e i personaggi più “animali” (Catwoman e Pinguino) con la poetica del freak e del malessere di vivere, mutuata dal suo precedente capolavoro “Edward mani di forbice”. Anzi sembra quasi che la neve di quel candido e malinconico finale sia volata fino a Gotham City, sporcandosi con il lerciume della metropoli dopo quello delle villette a schiera di provincia. Amato e odiato in egual misura. Magari perché raro esempio di cinecomic in cui è il fumetto che si piega al regista e non viceversa.

“Spiderman 2” di Sam Raimi (2004)

Ecco, a mio giudizio, il compromesso perfetto fra le esigenze fumettistiche della ormai inaugurata era Marvel e le istanze di autorialità del regista. Sam Raimi, che negli anni ’90 aveva realizzato un gioiello del cinecomic, anche se poco riconosciuto come tale (parliamo di Darkman), firma qui una delle sue pellicole più intime e sincere, “rigirando” quasi il primo capitolo di Spiderman ma con maggior senso della misura e notevole apertura alla profondità psicologica. Sarà perchè per lui Peter Parker non rappresenta solo il noto adolescente dalle grandi responsabilità ma anche un figlio in cerca di padri putativi (dallo zio Ben a Osborn fino al Dottor Octavius). Scene memorabili (Spiderman “smascherato” il cui corpo viene soccorso delicatamente dai cittadini in metro) si alternano a momenti ironici (non comici), mentre sullo sfondo piange e si lacera uno dei cattivi più shakespeariani mai apparsi in un cinecomic, il dolente Dr. Octopus.

“Il cavaliere oscuro” di Christopher Nolan (2007)

Premesso che non lo ritengo il capolavoro di Nolan (quello resta, a mio avviso, The Prestige), va detto però che il secondo capitolo della “fase 2” di Batman resta uno dei cinecomic più potenti e “veristi” di sempre, nonchè pellicola che immette nel cinefumetto coordinate del tutto inedite per il genere. Certo è passato alla storia del blockbuster come film “maledetto” (proprio come accadde a un altro bel cinecomic degli anni ’90, “Il corvo”) ma in realtà l’interpretazione di Heath Ledger è soltanto una delle molteplici tessere di un mosaico noir cesellato da Nolan con perfetta padronanza dei generi (noir, dramma, intrigo politico e morale). Di una trilogia intinta nel nero della paranoia americana, questo è il capitolo più denso e rapsodico, dove anche le tinte di un ghigno (why so serious?) possono sbavare fuori dai contorni del fumetto.