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Il Ricatto: le recensioni dagli Usa e dall’Italia

Diamo un’occhiata alle parole dei critici Americani e Italiani sul thriller “Il Ricatto” interpretato da Elijah Wood

di carla
pubblicato 24 Marzo 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 03:14

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Ho visto ieri Il Ricatto, diretto da Eugenio Mira (con Elijah Wood, John Cusack, Kerry Bishé, Tamsin Egerton, Allen Leech, Don McManus, Alex Winter, Ricardo Alexander, Dee Wallace) e devo ammettere che si tratta di un buon esercizio di stile. Il finale non mi ha convinto ma il gioco è strutturato bene. Dopo aver letto la nostra recensione oggi ho deciso di guardare i commenti dei critici Americani e Italiani. Su Rotten, mentre scrivo, la percentuale delle recensioni positive è dell’83%. Voi che ne pensate? L’avete visto? Vi è piaciuto?

John Anderson – Newsday: Assurdo, ma ansioso. Voto: 2.5 / 4

Robin Clifford – Reeling Reviews: La suspense del gioco tra il gatto e il topo è gestita bene, fatta eccezione per la motivazione sfocata del killer. Voto: B

Robert Abele – Los Angeles Times: Non vengono suonate tutte le note giuste.

Robert Levin – amNewYork: la tensione rimane elevata. Voto: 3/4

Susan Wloszczyna – RogerEbert.com: “Il ricatto” è un esercizio ordinato e pieno di tensione nel terrore che prende la paura da palcoscenico agli estremi letterali. Voto: 3/4

Stephen Holden – New York Times: Questo film orgogliosamente old-fashioned tirerà fuori ogni trucco per catturare la vostra attenzione.

Joel Arnold – NPR: incredibilmente fatto bene.

Peter Travers – Rolling Stone: Forse il rischio non è ancora morto nel cinema. Voto: 3/4

Sara Stewart – New York Post: L’unico modo con cui posso dare un senso a questo film è quello di immaginare che è stato fatto su una sfida: Qualcuno ha scommesso che Eugenio Mira poteva fare “Speed” con un pianoforte al posto di un autobus. Voto: 2/4

Stephanie Zacharek – Village Voice: il film ha savoir-faire.

il_ricatto_posterGlenn Dunk – Glenn Dunk: C’è una giocosità profondamente gratificante. E’ intriso di colori vivaci, interessanti composizioni e in alcune sequenze c’è il virtuosismo della fotocamera. Voto: B +

Guy Lodge – Variety: Un film è un thriller accattivante che mira a solleticare gli spettatori piuttosto che a terrorizzare.

Nathan Rabin – The Dissolve: il film mantiene un livello di melodramma per 75 minuti, aiutato da un Elijah Wood sudato e terrorizzato, una sceneggiatura ricca di invenzioni, e una macchina da presa in picchiata che non si ferma mai. Voto: 3.0 / 5

Marjorie Baumgarten – Austin Chronicle: La suspense è tesa e reattiva.

Dustin Putman – DustinPutman.com: Prende una semplice premessa e la trasforma in un thriller di smalto indelebile. Voto: 3/4

Anton Bitel – Sight and Sound: c’è un notevole virtuosismo nell’esecuzione della fotografia e scenografia, ma i piaceri sono essenzialmente di natura tecnica, con la sceneggiatura troppo artificiosa per impegnarsi.

Brian Orndorf – Blu-ray.com: Il finale ruffiano è un’ammaccatura minore in un thriller altrimenti ben eseguito. Nemmeno suonare il pianoforte è al sicuro dai pazzi. Voto: B +

Francesco Alò – Il Messaggero: Il regista Mira danza con la cinepresa e se non fosse per un finale scemotto, sarebbe perfettamente in grado di ripetere situazioni, espressioni e movenze di quei thriller di gran clkasse anni ’50 firmati dal maestro del brivido. Gli spagnoli ci sanno fare. Che invidia.

Massimo Bertarelli – il Giornale: Ignobile giallo spagnolo, privo di senso, come di tensione, che accatasta cadaveri e incongruenze.

Roberto Nepoti – la Repubblica: Compositore di colonne sonore e regista, lo spagnolo Eugenio Mira dirige un thriller di gatto-e-topo, basato sul classico meccanismo drammaturgico della corsa contro il tempo. Riuscirà Tom ad avvertire qualcuno senza togliere le dita dalla tastiera? Salverà la bella moglie, anche lei minacciata? L’ispiratore palese è Alfred Hitchcock: è non solo per la suspense, ma perché tutto il film sembra la versione lunga della celebre sequenza alla Royal Albert Hall dell’Uomo che sapeva troppo. Per non lasciarci dubbi, Mira ricorre anche a un altro emulo di Hitch, Brian De Palma, usando steadycam e schermi divisi. Sotto, forse, c’è l’allegoria della paura del performer in scena; ma il film vuol essere soprattutto intrattenimento e, in questo, funziona.