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David di Donatello: premi che contano, se non altro perché selezionano

La solita solfa pastore, il David, l’Oscar italiano, è fedele come i carabinieri, immutabile, specie nell’horror tv

pubblicato 12 Giugno 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 00:54

In fondo, i premi del cinema in Italia contano come le elezioni. Voti se si vota, conteggi, applausi e commenti a caldo; passata la festa della premiazione, si ricomincia come se nulla fosse successo. Statuette, targhe e coppe finiscono nelle vetrinette delle produzioni e dei premiati, ed è finita lì.

O meglio, i premi servono a tenere alto per un po’ qualche nome, qualche film, qualche faccia nuova; fanno album di famiglia, con foto a lento ma ben sicuro ingiallimento. Mi pare che il verdetto sia giusto. “La grande bellezza”, premio alla regia di Paolo Sorrentino e all’attore protagonista Toni Servillo, più altri sette premi. Miglior film è “Il capitale umano” di Paolo Virzì, più sei statuette per sceneggiatura, montaggio, attori non protagonisti (Fabrizio Gifuni e Valeria Golino) e la protagonista Valeria Bruni Tedeschi. Riconoscimenti meritati.

Mi fermo qui. Il resto dei David colleziona segnalazioni e però da esse non escono scoperte significative. Applausi, molti, alla presentazione da Napolitano, per Sophia Loren che è tornata da Cannes, contenta per il successo dei trenta minuti di film “La voce umana”, tratti da Jean Cocteau e diretto dal figlio di Sophia, Edoardo. Baciamano del capo dello Stato alla nostra ultima diva che ha confessato di avere avuto in gioventù più di una speranza di entrare nello spettacolo; lo spettacolo vero lo dà in tanti anni di impavida navigazione delle rissose acque della politica. Il presidente ha detto, come sempre accade, come è ovvio, che si conferma “la grande vitalità del cinema italiano”, frase che passa negli anni immortale come le lapidi sugli studi e negli archivi cinematografici. Amen.

Dunque, parto dal fatto che i premi ci sono stati e sempre ci saranno. Amen 2. E aggiungo che parto anche dal fatto che la fatica ogni anno per scegliere i più degni, diventa sempre più difficile, dicono senza mezzi termini i tanti componenti della commissione giudicatrice dei David. Amen 3.

Ci vuole anche un Amen 4, e forse un Amen 5. Il 4 riguarda non tanto la moltiplicazione dei pani e dei pesci che amministrazioni centrali e periferiche compiono per figurare un pochino con qualche festivalino in cui vengono proiettati alcuni imbarazzati, e talvolta validi, filmini. Riguarda la convinzione scarsa, mancante, per una seria considerazione del nostro cinema. I soldi sono sempre meno e lo Stato recalcitra, preoccupato di non saper scegliere oltre che di non vedere ritorni di alcun genere: incassi e vitalità (in sordina, monsieur le president Napoletano).

Amen 5. La trasmissione che ogni anno la Rai manda in onda sulla serata dei premi con lancio di David ai premiati, lanci che arrivano come sassate sulla testa delle pattuglie di spettatori superstiti della tv. Non vedo da anni la diretta, sono ancora provato, non ho smaltito gli choc. Oddio. Qualche trovata spiritosa, inventata da qualche premiato brillante magari, c’è stata; qualcosa di simile mi pare che sia accaduta anche quest’anno. Ma mi debbo fidare dei pareri di chi ha visto, scritto sui giornali e sui blog: l’ennesima delusione, cocente. Messa funebre con applausi e risate, come scrisse anni fa Gillo Dorfles, in un suo indimenticato libricino tra arte e costume.

La diretta non serve, garantisce solo il lutto sicuro.
Hollywood, con le sue cronache della Statuetta dell’Oscar, docet. Lo schema ogni anno si ripete, ma il tentativo di cucinare e servire in tavola un piatto decente viene fatto. Ne sono testimone. Il David come lo Strega per la letteratura. Una legione di elettori corrompibili a suon di telefonate (lo so per certo) sceglie a ruota delle grandi case editrici.

Le serate dello Strega potrebbero essere trasferita durante la Festa di Halloween. Anche lì, come al David, i vecchi babbioni non mancano; anzi garantiscono marce di zombie che incantano gli intervenuti. Ma non è questo, anche i vecchietti hanno diritto di giovare bocce con i libri; il fatto è che lo Strega funziona sempre meno: pile dei libri vincenti arrivano nelle librerie e sono pronte a fornire carta per il falò delle vanità. Vanità? Magari. I premi in Italia sono processioni per la tv. Amen 6.