Home Festival di Venezia Venezia: Film che paiono navi da crociera, sulla Laguna, tra amore e commozione… carissimo Al Pacino arzillo vecchietto

Venezia: Film che paiono navi da crociera, sulla Laguna, tra amore e commozione… carissimo Al Pacino arzillo vecchietto

I mostri di acciaio e luminarie che spaventano il campanile di San Marco, sfiorando la riva degli Schiavoni, propongono un singolare confronto (quasi un’identità) con “Manglehorn” e con “She’ Funny That Way”

pubblicato 31 Agosto 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 22:41

Non trema il cinema davanti al passaggio dei kolossal: navi da crociera che attraversano la Laguna, s’inchinano alla maestà storica e artistica di Venezia, forniscono thriller e suspence alla possibile rovina di un superurto delle navi alle rive fragili dalle pietre fragili come le ossa dei bambini secolari.

Ieri sera, il panorama dal vaporetto partito dal Lido era uno spettacolo. Colori rossi e giallo, nuvolette sparse come uvetta passa, cielo azzurro come una tavolozza con i segni e disegni fioriti dal nulla, code dei jet che solcano lo spazio lenti lenti, in un saluto struggente alla città dei simboli. Simboli meravigliosi. Simboli di catastrofe.

Guardavo lo spettacolo. Avevo visto in Sala Darsena, approdo delle illusioni di noi ragazzi del cinema, il film “Manglehorn” di David Gordon Gree, in concorso, star Al Pacino, il vecchietto da tenerci stretto. Italoamericano, più americano che italiano of course, in una tenera storia della terza età. Il giorno prima, come sapete, avevo visto “She’s Funny That Way” di un altro dolce e spiritoso vecchietto di nome Peter Bogdanovich, uomo di mondo e di commedie brillanti. Perfetto. Le facce di una sola medaglia. Le lacrime trattenute di Al, pronte a sfidare come le cascate del Niagara come l’acqua alta veneziama attende il duello (quando?) con il Mose della speranze e della galera.

Tema: come fare a gestire la propria solitudine, e credere ancora all’amore, nel mondo presente di guerre e di sgozzamenti? I sorrisi a raffica di Peter e dei suoi attori per restituire alla vita il gusto delle corna, si diceva una volta, mentre persino le scrittore Coelo usa progmmaticamente per l’ultimo suo libro “Adulterio”, scritto su richiesta, il possente argomento, carico con tutta l’umanità dell’orgoglio dei cervi , appunto: le corna. A getto, a raffica, senza sosta: allenarsi per tradirsi, tradirsi per allenarsi. Che grandi, squisiti, appassionanti obblighi per il futuro, futurismi contemporanei più disinvolti dei futuristi di Marinetti, ai quali piaceva l’aereopittura mentre a noi, contemporanei piacciono (a me non tanto) le navi da crociera in cui s’incrociano i letti nelle cabine.

Al Pacino, con la sua sfida al passato che passa e si aggrava, è Angelo Manglehorn, il titolare di una bottega dove si fanno e si vendono chiavi, è stato un allenatore di baseball, ha un figlio, una nipotina; e soprattutto una gattina bianca, molto sexy nella sua timidezza e Angelo l’ama perdutamente. Non sto a raccontare il film, non è giusto farlo, non voglio scoprire le sue carte. Lo consiglio, insieme a quello di Bagdanovich. Entrambi sono finora meglio delle nostre poche e povere cose ex pellicola, digitali. La storia di Angelo è malinconica, piccolissimi sorrisi, e scorre bene per tre quarti, poi… La Malinconia. Sarà anche perché mi porto dentro il ricordo di una frase lasciata scritta da Carlo Lizzani prima di morire per salto dalla finestra. La frase diceva: “Ho smarrito la chiave…”, ovvero quella della vita, della speranza nel domani. Volevo bene a Lizzani, avanti nel cinema e negli anni. Mi spiace che non abbia più avuto la sua chiave, anzi il mazzo delle sue chiavi. Al-Angelo ama le chiavi, anche quella di una odiosa e disperata esistenza in grigio, anche quelle del sogno di un amore antico, sofferto, sparito, e di un amore tenero nel giro delle signore un po’ meno coetanee.

L’umorismo consolatorio è la pozione psicologica proposta da Bogdanovich: please non perdete le occasioni, cercate il sesso, i sentimenti verranno… atleti di ogni età, specie la terza, la quarta, le vite si allungano. Al e il regista Green accarezzano il nodo alla gola del dramma della solitudine; la rivolta verso di essa, la ricerca a mano semi aperta e poi aperta di un contatto con la donna che lo sfida maliziosa : “Vorrei fare il bagno nella vasca con te”. Non la doccia, un lungo bagno.

Guardo nel tramonto che si confonde con il buio della notte. I kolossal (navi da crociera) vanno, lasciano Venezia: sono pieni di Angelo-Al e dei commedianti che non rinuncia raccontati da Peter. Hanno visto Venezia in un solo giorno, i più ricchi sono andati a un museo o all’Harry’s bar, la trattoria di Ernest Heminghway e di altri vip. Le navi da crociera salutano, s’inchinano alla Mostra con il loro carico di nostalgie, desideri, sogni. Bollenti come l’inferno del cinema che cerca di scaldare la vita. Per fortuna anche stavolta nessun danno alle rive.

Festival di Venezia