Home Venezia: il giorno dopo dei droni piovono i premi, mentre il cinema cerca disperatamente i suoi rifugi per il futuro

Venezia: il giorno dopo dei droni piovono i premi, mentre il cinema cerca disperatamente i suoi rifugi per il futuro

Si chiama “Good Kill” il film che bombarda la Mostra avviata alla conclusione, storie del tiro a bersaglio crudele che infiniti fanatismi continuano a provocare

pubblicato 6 Settembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 22:26

“Good Kill” di Andrew Nicol è un film americanissimo sulle guerre oggi. Hollywood o comunque il cinema statunitense da sempre ha avuto un’attenzione ai conflitti con film di vario tipo. Ricordo una vecchia pellicola “Il sergente York” con Gary Cooper, storia di un soldato la cui religione vieta di sparare per uccidere…poi c’è stata la prima guerra mondiale con “Addio alle armi”, con Rock Hudson, tratto da un libro di Ernest Hemingay. Così via…

Ma il cinema ha scoperto la guerra e ne ha “approfittato” dal 1941, quando gli Usa sono entrati in guerra con gli inglesi e altri alleati per il secondo conflitto mondiale contro fascismo e nazismo.

Dai film di propaganda ai film sui vari fronti, poi ai numerosi film sulla vittoria e i ritorni a casa, l’America ha mostrato il volto della morte, anzi molti volti della morte, fino alla tragedia del Vietnam, del 1975. Ricordo l’inizio di “Apocalipse Now” di Francis Ford Coppola: con la canzone “The End” che si mescola al suono delle pale degli elicotteri e annuncia la sconfitta dei marines ad opera dei vietcong.

A distanza di temo, “Good Kill” arriva dopo che altre pagine del diario bellico sono state dedicate all’Irak, all’Afghanistan; e così via. E’ stato l’assalto alle Torri Gemelli dell’11 settembre a marcare a fuoco a fare luce su un dramma che non finisce: quella della lotta ai fanatismi delle sette e degli eserciti dei musulmani feroci, una lotta atroce. Ed ecco la risposta in “Good Kill” , “bel colpo”. Ecco i ragionieri informatici , seduti in piccole stanzette davanti ai computer, che guidano droni e silenziosi missili che arrivano ovunque, individuando sia i singoli bersagli (persone) sia i grandi bersagli (fabbriche di armi o caserme mimetizzati). War games.

L’idea del film è raccontare gli spedizionieri della morte. Uno di essi era un pilota, sogna il volo dei caccia ed entra in crisi, a poco a poco, nelle raffiche di missili inesorabili che ti mostrano un film sul display il nemico che puoi colpire, senza rischiare, senza stare nel cielo, senza volare, terra…terra. Il valore del film sta tutto in questo tormento. Uccidere con un pulsante, colpendo un ragazzino o una donna che passa e non hai potuto evitare, è di una crudeltà indicibile, anche se la memoria dell’11 settembre e dei fanatici sgozzatori suggerisce di farlo. La guerra assomiglia sempre più a un assassinio organizzato. Poi il film va incontro al suo destino, con ammortizzatori che non sto ad anticipare.

Mi guardo intorno nel Lido, quest’anno poco popolato per sole scarso, magoni di Venezia città e politica, interrogativi sospesi a cui si sono date alla Mostra risposte di garbo, efficienza, buona volontà. Poi ci sono i droni. Chi li spara lo sappiamo. E’ una vecchia storia. Gli appassionati, i “fanatici” del cinema sono una fauna protetta e semplicemente portano bianchi capelli con grande dignità, anche se non sempre: in fondo, qualche buon film lo si porta a casa, gli amici che si sono incontrati se ne vanno, il saluto è struggente. Il pubblico normale resiste, si assottiglia ma resiste. Resistono anche Barabba & Barbera la ditta che ha fatto e fa bene alla Mostra e alla Biennale, una ditta che al di là di una corretta gestione non riesce ad andare.
I droni colpiscono. Disagi politici di Roma e di Venezia. Il conto dei conti. Stampa affaticata, se non annoiata. Iniziative allineate al buon senso. Responsabili, chiusi in stanzette, che impediscono alla Mostra di volare, voli bassi, contenti, “the end” arriva anche quest’anno col carico di simboli e di discussioni. Sarebbe bello fermare le dita sui pulsanti che comandano i droni. Sarebbe bello che qualcuno, in alto, lo dicesse. I capi de’ Roma arrivano e subito partono, la sabbia del Lido scotta di inquietudini. Dio come scotta. Ed è escluso che il cinema si salvi da solo.

Good Kill? Bel colpo! Com’è compostamente disperata Venezia. Al prossimo anno, sicuramente con la bara a cielo aperto di quello che sarebbe stato il nuovo Palazzo che non c’è e non ci sarà. Bad Kill!

Festival di Venezia