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Romeo&Juliet: recensione in anteprima

Quando l’eccesso di fedeltà si fa mancanza di idee nascono progetti come Romeo&Juliet, celeberrima tragedia shakespeariana ridotta a tenue dramma adolescenziale, per niente agevolato da alcuni seri problemi di casting

pubblicato 30 Gennaio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 18:35

Non è del tutto fuori luogo dirsi curiosi riguardo ai motivi che spingano un autore, oggi, a riprendere Shakespeare e portarlo in sala. Ok, il drammaturgo inglese ha fama di immortalità, se non lui di certo le sue opere. Ma perché proprio Romeo e Giulietta? In linea di massima quando si parla di Shakespeare al cinema l’approccio più sano ci pare il seguente: torniamoci solo ed esclusivamente se abbiamo qualcosa da dire. Sul serio.

Puoi farlo alla grande, come Richard Loncraine col riadattamento del Riccardo III in salsa anni ‘30; puoi farlo alla vecchia maniera, quella tradizionale insomma, come il bel Molto rumore per nulla di Kenneth Branagh; puoi addirittura farlo smodatamente e sopra le righe, anche a costo di farti mandare a quel paese, come il Baz Luhrmann di Romeo + Juliet. Insomma, la scelta è piuttosto ampia. Allora perché farlo nell’unico modo, o giù di lì, in cui non si dovrebbe, ossia trasponendolo a mo’ di teen-movie primi anni ’10 del 2000?

Perché Carlo Carlei e soci questo fanno: prendono atto del fenomeno Twilight, ritengono salutare o anche solo innocuo l’accostamento tra la Meyer e Shakespeare, mescolano ed ottengono il prodotto più sbagliato al quale pensare in quest’ambito qui. Douglas Booth non sta lì per caso, difatti. Cavalcare l’onda di certi filoni va bene se il risultato è Hunger Games o Colpa delle stelle; cosa c’entrino Montecchi e Capuleti resta un mistero.

Non basta un cast effettivamente notevole, tra un Paul Giamatti e uno Stellan Skarsgård, né un testo meraviglioso che non a caso soffre stipato com’è in quell’avvicendarsi d’immagini che suscitano un misto di sensazioni altamente contrastanti. Uno dovrebbe chiudere gli occhi e forse, forse riuscirebbe a tenere botta. Qualora li aprisse però (perché, sapete com’è…), ecco, non ci resterebbe poi tanto bene. Non staremo qui a ripetere la solita solfa, ovvero che gli inglesi sono gli unici a cui dovrebbe essere concesso di recitare Shakespeare (anche se gli inglesi sono gli unici che lo sanno recitare, salvo rare eccezioni che confermano la regola: una di queste si chiamava Orson Welles), ma chiunque si cimenti nell’impresa ha per lo meno il dovere di provarci.

Ci abbiamo fatto attenzione, e abbiamo contato solo un passaggio (uno) in cui si rischia quasi di crederci, allorché il padre di Giulietta (Damian Lewis, nato a St. John’s Wood, Londra) minaccia la figlia Giulietta di ripudiarla qualora non accetti di sposare il conte Paride. Stop. Il rapporto e le caste effusioni dei due protagonisti sono lì ma è come se non ci fossero, e non semplicemente perché i tempi sono cambiati e la nostra epoca non tollera una storia d’amore così viscerale ed apparentemente autentica. Tanto che, se è facile intuire il motivo per cui Booth interpreta Romeo, quantomeno confusa ci pare la scelta di Hailee Steinfeld, che eppure scarsa non è; giusto un pesce fuor d’acqua.

Saltiamo a piè pari, e volentieri, la parte in cui ci si straccia le vesti perché Shakespeare non va profanato, ridotto, ridimensionato et cetera et cetera; ma si torna al punto di partenza: se vuoi rispolverarlo è bene che tu abbia una seppur vaga idea di cosa farci. Romeo&Juliet versione 2014 è essenzialmente privo di pathos; ma che dico pathos… di ritmo proprio. Non ha forse un suo ritmo la tragedia in questione? Ce l’ha eccome, solo che qui viene pressoché totalmente disatteso. Al diavolo costumi accattivanti e location suggestive; neanche la fotografia riesce a coglierne l’importanza.

Cosa resta perciò di questa ennesima trasposizione? Brutto a dirsi, ma ahinoi il tedio. È esattamente come quando a scuola t’insegnano la Divina Commedia, oppure che so? I promessi sposi. Ma anche lo stesso Shakespeare eh. Solo che tutte queste cose ti vengono sbattute sul grugno a tal punto spoglie di passione, di amore, che ciò che resta sono le dieci pagine che devi studiare (male) per portare a termine gli esercizi che la professoressa vuole sul tuo banco il giorno dopo, quando immancabilmente il tuo quaderno sarà vuoto fino a cinque minuti prima dell’inizio delle lezioni. Questo Romeo e Giulietta è quindi un po’ come ricordarsi di quei tempi lì, ma soprattutto di quelle sensazioni lì, quando arrivare alla fine del capitolo era a malapena un dovere, mai un piacere.

Voto di Antonio: 1

Romeo&Juliet (Italia, Regno Unito, Svizzera, 2014) di Carlo Carlei. Con Hailee Steinfeld, Douglas Booth, Paul Giamatti, Ed Westwick, Kodi Smit-McPhee. «continua Christian Cooke, Lesley Manville, Sami Bradford, Laura Morante, Natascha McElhone, Stellan Skarsgård