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Alatriste e la critica del web: il destino di un guerriero è segnato?

Come è stato trattato dalla critica Alatriste – Il destino di un guerriero con Viggo Mortensen? Vediamo un po’ grazie a questa carrellata tratta dal web anche se è proprio il caso di dirlo: la critica è soggettiva. Leggete qui sotto e ne converrete anche voi…ZabriskiePoint:Armi, amori, cappe e spade, dunque, ma anche una uniformità

di carla
24 Giugno 2007 15:31

Come è stato trattato dalla critica Alatriste – Il destino di un guerriero con Viggo Mortensen? Vediamo un po’ grazie a questa carrellata tratta dal web anche se è proprio il caso di dirlo: la critica è soggettiva. Leggete qui sotto e ne converrete anche voi…

ZabriskiePoint:

Armi, amori, cappe e spade, dunque, ma anche una uniformità della narrazione che non lascia spazio al climax, ma prosegue quasi episodicamente, concentrandosi ora su uno, ora sull’altro snodo narrativo, quasi a metterli tutti su un piano simile. La storia, che si snoda pigramente lungo quasi due ore e mezzo di film, perde a volte di chiarezza e di mordente, ma ne riguadagna in profondità: ad essere raccontata è la vicenda umanissima e poco epica di un soldato severo e disilluso, tanto orgoglioso quanto consapevole dell’ordine gerarchico di un mondo dove la posizione che si occupa non è suscettibile di miglioramento. (…) Perfettamente nel personaggio Viggo Mortensen, la cui fisionomia asciutta e scavata ben si attaglia alla virilità senza illusioni di Alatriste, e bravissima Blanca Portillo che veste i panni di un uomo, un ecclesiastico, in un cammeo di fulminante cattiveria. (Voto: 3 stelline su 5)



Da Wuz:

Film d’azione, prima di tutto, ma anche film di sentimenti, insomma una storia complessa (purtroppo non sempre lineare e chiara nel suo svolgersi sullo schermo) ricca di personaggi articolati e molto ben incarnati da ottimi attori. Innegabile quindi la buona riuscita complessiva di questo film spagnolo. Una delle scene più suggestive è sicuramente quella iniziale, nelle brume olandesi.

Da Close-Up:

A vestire i panni di Alatriste troviamo un Viggo Mortensen reduce dalla prova assai felice di A History of Violence di Cronenberg. L’attore, memore dell’infanzia trascorsa in Argentina, svolge un’opera di costruzione del personaggio ineccepibile, sfoderando anche un castigliano perfetto che non sarà, però, possibile ammirare nella versione italiana. Da menzionare anche il nostro Enrico Lo Verso alias Gualtiero Malatesta e un difficilmente riconoscibile Javier Camara (noto agli estimatori di Almodovar) nei panni del Duca di Olivares. Piuttosto complesso pronosticare un buon successo al botteghino italiano di Alatriste. Resta, però, la convinzione che, pur non gridando al capolavoro, il film sia abbastanza valido e meritevole di attenzione.

Da LaStampa:

(…) ciò che manca (…) è il ritmo, la chiarezza e la simpatia del protagonista, moschettiere romantico senza patria né felicità. L’americano Viggo Mortensen, già eroico e amatissimo Aragorn della saga del Signore degli Anelli, ha il fisico del ruolo e tira di spada come si conviene, però non emana il fascino che aveva Errol Flynn e che oggi possiede in una chiave decisamente autoironica il trionfante pirata di Johnny Depp. Nel cast anche un sinistro e bravissimo Enrico Lo Verso, nei panni di Gualtiero Malatesta, killer reale con licenza d’uccidere.

Da University:

Peccato che all’oculata scelta del protagonista non abbia fatto risontro quella del regista: l’esperienza di Agustín Díaz Yanes è minima, e il poco fatto in passato non era certo garanzia di talento. E Alatriste ne è la riprova. Il film, tenuto insieme da una struttura narrativa estremamente labile, manca di coesione e di ritmo, e si trascina per quasi due ore e mezza di straziante abulia cinematografica. (…) Gualterio Malatesta (interpretato da Enrico Lo Verso, (è) una delle cose peggiori del film).

Da MyMovies:

Il dispiegamento di mezzi è notevole, crude ed efficaci le ricostruzioni delle imprese belliche. Una menzione speciale va anche alla fotografia di Paco Feménia, decadente come il potere che ritrae, apprezzabile tentativo di omaggiare il citato Velàzquez. Ma –ahi noi- l’encomio finisce qui.
Per il resto Alatriste manca del quid in grado di riscattarlo dallo status di cine-polpettone, si limita a mettere in scena un debole conflitto tra grandezza (morale) e grandeur (imperiale) e senza il suo protagonista, Viggo Mortensen, si può scommettere non si reggerebbe in piedi. Gli abiti infangati di questo novello Zorro, solo più povero e spregiudicato, calzano su Mortensen come fossero nati per lui e il castigliano gli esce fluente di bocca, grazie ai nove anni trascorsi in Argentina da bambino. Sfigura, al confronto, l’italiano Enrico Lo Verso nei panni del mercenario palermitano Malatesta, forse inserito come rimembranza del cinema glorioso di Freda e Cottafavi. Come il protagonista al suo sovrano, il regista ha peccato di cieca fedeltà al genere: realizzando un film di cappa e spada che si prende troppo sul serio, omaggia il crisma del romanticismo sventurato e segue l’eroe di turno fino all’ultimo mortal sospiro, Augustin Dìaz Yanes non ha realizzato un classico ma piuttosto un film risorto dal passato, incapace di disancorarsi da esso. Voto: 2 stelline su 5.

Da Cinema4Stelle:

Il Destino di un Guerriero punta a sbalordire lo spettatore attraverso una ricostruzione accurata della Spagna del 1600. I costumi sono belli e il continuo rimando ai quadri di Velazquez e ai versi di Quevedo e Gòngora dimostrano la volontà di dare una versione lirica e ispirata del periodo imperiale, nonchè le motivazioni storiche del suo decadimento. L’intenzione è decisamente ammirevole, ma il risultato è deludente. (…) Il finale sembra non arrivare mai e il bel capitano coraggioso viene ferito così tante volte da farci immaginare che i medici di allora potessero disporre di penicellina e sale chirurgiche sterili. Unica nota positiva è la presenza di Viggo Mortensen che ha la faccia giusta e dona spessore drammatico al suo Diego Alatriste, riuscendo a caratterizzarlo di una fiera tristezza seducente e assolutamente in linea con le pagine di Perez-Reverte. Dispiace dover sottolineare la pessima prova di Enrico Lo Verso che indossa svogliatamente il mantello del cattivo Malatesta.

Da FilmUp:

Perfetto per una miniserie televisiva con attore di richiamo (Viggo Mortensen, che forse ha accettato pensando ad una nuova puntata di Highlander) e lancio di giovani divi come Elena Anaya (Angelica) e il sempre in tiro (barba mai sfatta, giacca di pelle molto “in”) Unax Ugalde (Inigo), il tutto ambientato in una Madrid più borgo sugli Appennini in cui si incrocia un conoscente ogni volta che si fanno due passi e nevica sempre (ma l’estate non esisteva al tempo?) che capitale. Due ore e venti più un poco di pubblicità, ed ecco tre puntate per una prima serata Rai o Mediaset.