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Venezia 2012: Se Barbera è un cipresso, Muller è chierichetto

Editoriale di Italo Moscati dal Lido.

pubblicato 6 Settembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 22:26

Fare gli spiritosi (o i “battutisti”) è lo sport preferito alla Mostra del cinema di Venezia, da qualche anno a questa parte. Lo abbiamo detto in apertura. Adesso, di “battute” se ne contano diverse, tutte dedicate a bilanci della Mostra giunta ai giorni finali e alle scommesse sui Leoni e gli altri premi. Naturalmente essendo il nostro un Paese che continua a farsi male, anche col cinema, ecco che riaffiorano le contrapposizioni tra Barbera, attuale direttore, e Marco Muller, ex.

La questione è di costume politico, nel senso deteriore del termine. L’uno o l’altro vengono presentati come Coppi e Bartali, rivalità storiche anni cinquanta, o come Cipresso (Barbera) o come Maldestro (Muller, voluto dal centrodestra). Basta buttare un occhio sui giornali più importanti per leggere difese o attacchi a scopo di agitare le acque, aprire un contenzioso, giocare su Venezia e la Mostra in declino, sicuro, inarrestabile; se le cose vanno avanti come in questi ultimi anni.

Ci sono stati in queste settimane film di alta qualità e c’è stato un primo tentativo di fare le cose con più calma, senza strapparsi i capelli per l’arrivo o la mancanza di divi da red carpet, di snellire il programma, di ridimensionare il glamour penoso costruito sulle palafitte del nulla. Ma né Barbera, né Muller, né il presidente della Biennale Baratta, il comandante, hanno potuto fare qualcosa di sostanziale ieri e oggi. Perché la Mostra ha messo sottoterra il mito.

Loro, senza responsabilità dirette, e gli organismi pubblici che li hanno nominati, li hanno sostenuti o sostengono, hanno una tomba sulla coscienza. La tomba è la fossa in cui è sepolto il più volte promesso Palazzo del Cinema, che è adesso un largo rettangolo coperto di plastica, con altra plastica volante che non riesce a coprire la vergogna. Inguardabile. Anche i veneziani e i lidensi si sono ormai abituati. Segno di decadenza e della nazionale voglia di arrangiarsi.

La tomba è il simbolo di una fine che si annuncia inarrestabile. Richiama progetti grandiosi sul futuro della Mostra, miserevoli alle luce del funerale a cielo aperto che si sta tenendo da anni e anni, e soprattutto negli ultimi anni.

I dirigenti istituzionali non si rendono conto che la tomba è al Caduto più importante, e cioè allo stesso cinema, alla sua storia e al suo mito. Mito degradato e persino fastidioso. Colmo di chiacchiere inutili (un dimenticabile convegno sul futuro di Cinecittà, ad esempio). Il Caduto è lì a imperatura memoria.

Per quanto riguarda Barbera, che sarebbe colpevole di una Mostra sottotono, triste e paludata, per cui è stato soprannominato Cipresso, voglio solo dire che il direttore subentrato a Muller, come tutti possono confermare, è un uomo molto spiritoso, ottimista, cordiale. I detrattori hanno la morte dentro di loro. Certe atmosfere deprimenti salgono alla tomba suddetta, da chi l’ha voluta e da chi non la cancella. Il Lido e Venezia dormono. La loro Certosa è qui, proprio al Lido, terra di prefiche e processioni funebri. Per quanto riguarda Muller, il Chierichetto, viene chiamato in questo modo perché lo si è visto negli otto anni della sua direzione con il turibolo in mano. Il turibolo con cui incensare destra e sinistra, questo e quell’altare, la qualità e la quantità, gli americani, gli italiani, il terzo, quarto cinema. Ma ha avuto i suoi meriti,e non sono pochi.

Un fatto curioso. Ci sono giornalisti, o critici, che si schierano pro o contro i due direttori Barbera e Muller; ma ce ne sono molti, moltissimi che elogiano sia l’uno e l’altro. Sono tante anime belle che si inginocchiano davanti alla tomba per chiedere che, in qualunque situazione si finisca a spedire il mito della Mostra senza speranza in una Resurrezione, con una sola preoccupazione: speriamo che si vada avanti così, affinchè vive l’isola (il Lido) dei famosi, dieci giorni l’anno, con il sogno di esistere.