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L’universo senza risposte di Prometheus

Ridley Scott ritorna nel tempio alieno che fu all’origine di tutto.

pubblicato 15 Settembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 22:16

Tornare ad esplorare quella mitologia (Alien) che ha reso più grande il cinema di fantascienza. Accedere ancora una volta dentro quel tempio alieno che fu all’origine di tutto con un approccio esistenziale in più e un nuovo, primigenio orrore dietro l’angolo. E’ questa l’impresa tentata da Ridley Scott con il suo Prometheus, prequel ufficiale del capolavoro del 1979 ma anche ultima produzione del compianto fratello Tony.

Entrambi maestri indiscussi di quella corrente britannica (che annovera anche Alan Parker e Adrian Lyne) che ha inteso il cinema come una creatura che si nutre della luce e delle ombre e che solo per questo per questo è stato (a torto) tacciato di essere superficiale o “pubblicitario” (più Tony che Ridley comunque, quest’ultimo salvato in corner dalla critica per le sue scelte più versatili).

Tornare a Prometheus (ecco la nostra recensione), per l’autore di Blade Runner e Thelma & Louise, deve essere stato un po’ come ricalibrare il suo cinema intorno a quelle coordinate visive- lo spazio, l’imponenza scenografica, la soffocante claustrofobia dei corridoi- che avevano reso Alien una metafora dell’horror vacui ancor prima che la fuga da un mostro invincibile.

L’universo senza risposte di Prometheus

Perché, per Scott (Ridley) non c’è stata mai inquadratura o taglio di luce che non abbia inteso come potente veicolo emozionale o sottile allusione (ed omaggio) ai chiaroscuri del cinema e della sua anima.

Prometheus, già dal trailer, non è nero e senza fondo come Alien, ma vira piuttosto sui toni del blu e di uno spazio color cobalto dove la luce non è bandita del tutto così come la speranza; perché qui il tema, altissimo, è quello dell’uomo e delle sue origini, alla ricerca di qualcuno (o qualcosa) che ne plasmò la forma e poi rubò per donargli il soffio vitale.

E poco ci importa se la risposta non sarà (solo) in questo film o magari, più semplicemente, non ci sarà. Quello che conta in un film come Prometheus è il viaggio.