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Zootropolis: anteprima stampa a Milano

Si è tenuta presso il Cinema Orfeo di Milano l’anteprima italiana di Zootropolis, film Disney numero 55 in uscita nelle nostre sale il 26 febbraio 2016. Ecco il nostro resoconto, sia video che testuale

pubblicato 8 Ottobre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 12:04

«The right movie at the right time». Clark Spencer lo definisce così Zootropolis, cinquantacinquesimo film Disney in uscita nelle nostre sale a partire dal 25 febbraio prossimo. Un film che può anche essere letto un po’ come la summa disneyana ai giorni nostri, essenzialmente per un motivo: la storia è totalmente incentrata sugli animali.

Si fa presto a parlare di Robin Hood, Bambi, Il re leone, Dumbo e via discorrendo; in tutti questi casi qui, con qualche riserva su Robin Hood, si tratta di film i cui personaggi sono semplicemente degli animali parlanti. In Zootropolis l’uomo invece non è proprio contemplato, perché non è mai esistito. Non a caso a ‘sto giro si tratta di animali antropomorfi, che vivono e si muovono all’interno di questo mondo come fanno gli umani, salvo certe peculiarità che attengono ad ogni specie.

Spencer tiene infatti a sottolineare il certosino lavoro d’indagine, che ha portato il team di produzione in Africa per studiare da vicino il comportamento delle varie razze, così da integrarne i tratti salienti in modo tanto arguto quanto divertente. Vi aspettiamo al varco, per esempio, riguardo ai bradipi: qualcuno ha avuto l’intuizione che nessuno meglio di loro avrebbe potuto incarnare il dipendente pubblico, nello specifico quello della motorizzazione. Trovata che ha dato vita alla scena più esilarante tra quelle che abbiamo visto.

Ma quando si parla di Disney Animation si parla anche di tecnica. La studio ha infatti reiterato la sua filosofia circa l’utilizzo di software proprietario, che in quest’occasione ha permesso un grosso balzo in avanti relativamente a due componenti. La prima è il pelo. Sì, avete capito bene. Il pelo. Spencer ha evidenziato che di solito ci si basa su quello umano, anche quando si tratta di riproduzioni ferine. Non stavolta. Per ogni bestia i ricercatori della Disney hanno attentamente acquisito informazioni sul campo, lavorando sul pelo animale quanto a colore, tenuta, tipologia. Altro elemento riguarda l’illuminazione, con particolare riferimento alle ombre, il cui miglioramento rende ancora più realistica la scena.

Tutte cose, sottolinea Spencer, che il pubblico non noterà coscientemente ma che, ciononostante, avvertirà intra pelle: l’ondeggiare leggero del fogliame di un albero la cui ombra si posa su una parete, piuttosto che il vento che muove la pelliccia di un animale in maniera credibile a seconda dell’intensità. Un anno fa circa Roy Conli non lesinò a sua volta dettagli di questa natura in merito a Big Hero 6; evidentemente Disney ci tiene non semplicemente a porsi di anno in anno su un gradino superiore, ma che soprattutto si sappia quali siano stati gli interventi ed in quale misura. Più che legittimo, dato che in ambito di computer grafica sono per lo più certo tipo di videogiocatori ad interessarsi seriamente, laddove tanti altri, avulsi dal settore, danno parecchie cose per scontate.

Ad ogni modo, l’indirizzo rimane immutato: anche qui l’obiettivo principale è raccontare una storia dal forte impatto emotivo ma che al tempo stesso diverta. Un equilibrio di non facile raggiungimento, reso ancora più ostico dall’uscita di uno dei film dell’anno, se non qualcosa di più, ossia Inside Out, che, sebbene Pixar, ha volente o nolente lanciato una sfida a tutti i concorrenti in gara, alzando l’asticella di parecchio. Qui i protagonisti principali sono una volpe, Nick Wilde, ed una coniglietta poliziotto, Judy Hopps. È nota l’avversione tra le due specie, dunque un accostamento volutamente cercato: lui furbo e traffichino, lei integerrima e romantica; lui scettico su tutto ciò che non riguarda la natura, lei convinta che ciascuno possa essere ciò che vuole. Il sottotesto è infatti in linea con l’attualità, incentrato non solo sulle differenze ma anche e soprattutto sul cambiamento quale vero ed unico motore per crescere.

Dalle poche sequenze che ci sono state mostrate in anteprima, Judy sembra essere la vera protagonista, non fosse altro in quanto la prima ad essere seguita sin dall’inizio. Trasferitasi a Zootropolis, ciò che l’ha spinta è stata la convinzione che qui chiunque può diventare ciò che desidera, altro leitmotiv disneyano, al quale in questo caso ci si rivolge esplicitamente. In un ecosistema popolato da non meno di cinquanta specie animali, vi lasciamo immaginare a cosa tale premessa dia adito.

Altra peculiarità significativa risiede proprio qui, ossia nell’ambiente. Disney non ha voluto mentire e ha deciso di rispettare le dimensioni; quanti topi ci vogliono, in altezza, per fare una giraffa? Lo sapete? Beh, a quanto pare 95. È un aspetto che si nota piuttosto chiaramente già nel teaser rilasciato tempo fa: le dimensioni di ciascun tipo di animale rappresenta un elemento unico e pregnante di Zootropolis. A qualunque livello: narrativo, fotografico, filmico. Una sfida stimolante, che ha messo dura prova proprio il direttore della fotografia, con il quale il team ha dovuto escogitare svariate soluzioni. La città è divisa in distretti, collegati tra loro in maniera intelligente. Per esempio, l’innevata Tundratown e l’afosa Sahara Square sono divise da un gigantesco marchingegno che funziona all’incirca come un asciugacapelli: da un lato manda aria calda, dall’altra fredda. E queste sono solo le aree principali, alle quali vanno sommate delle altre.

Insomma, Zootropolis è un progetto dal potenziale notevole. Inutile sbilanciarsi più di tanto ora come ora, incuneandosi addirittura in dei paragoni o staffette peraltro limitanti. Per quanto mi riguarda trovo a priori apprezzabile l’idea di procedere con un progetto tutto sommato originale, a differenza per esempio di Big Hero 6, il quale doveva rispondere a molteplici fonti (il fumetto e l’universo Marvel). Le scene che abbiamo visto sono notevoli, con particolare riferimento a quella già citata dei bradipi presso la motorizzazione: roba potenzialmente da annali.

In apertura trovate un brevissimo video in cui ho intervistato due colleghi, i quali sono stati così gentili da condividere con me e voi le loro impressioni. Per certi versi pure meglio di come abbia fatto io; se non altro con maggiore trasporto. Sarà l’essere intervistati e ripresi, non saprei.

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