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La trilogia di Morrissey edita da RaroVideo

Permettetemi di ripescare un cofanetto uscito già da un bel po’ ma che personalmente amo molto, e che quindi vi invito a recuperare. Si tratta dello strepitoso e utilissimo, per chi ama il cinema underground e indipendente, cofanetto della trilogia di Paul Morrissey con Joe Dallesandro edito da RaroVideo e curato da Silvia Baraldini e

9 Agosto 2007 10:10



Permettetemi di ripescare un cofanetto uscito già da un bel po’ ma che personalmente amo molto, e che quindi vi invito a recuperare. Si tratta dello strepitoso e utilissimo, per chi ama il cinema underground e indipendente, cofanetto della trilogia di Paul Morrissey con Joe Dallesandro edito da RaroVideo e curato da Silvia Baraldini e Mario Zonta. 4 dvd presentati alla perfezione e ricchi di materiale con cui poter riscoprire le pellicole in questione, studiarle e capirle.

Paul Morrissey dirige tra il ’68 e il ’72 questa trilogia, i cui “episodi” escono a due anni di distanza l’uno dall’altro, con l’ultima icona warholiana, Joe Dallesandro, decisamente conscio di essere un’icona erotica tanto da autodefinirsi sex symbol (“Tutti i grandi sex symbols hanno un nome che finisce con “o”: Garbo, Harlow, Monroe, Brando, Dallesandro”). Ordinato e calcolatore, quasi un “manager” rispetto allo sperimentale genio Andy Warhol, Morrissey inizia a lavorare con l’esponente della Pop Art nel terzo periodo della sua produzione cinematografica, non a caso quella più narrativa e curata per quanto riguarda la tecnica. Se nel capolavoro assoluto Chelsea Girls c’è il suo zampino, si dice che già nel superbo My Hustler (del secondo periodo) ci sia l’impronta di Morrissey: non a caso i movimenti di macchina e l’uso dello zoom sono una novità per lo statico Warhol.

Dopo l’attentato della Solanas a Warhol il 3 giugno del ’68 e dopo il “battesimo” di Dallesandro nel divertentissimo Lonesome Cowboys (dove partecipa anche Viva, amatissima da Morrissey, che però verrà da lei accusato di snaturare il cinema sperimentale di Warhol in favore dell’ordine e del calcolato), il regista prende con sè Joe e dirige Flesh, preceduto però dalla scritta Andy Warhol’s: e così anche i due capitoli successivi.

Questo perchè Warhol era produttore dei film e in primis era sicurezza di notorietà: ma tutto ciò starà non poco stretto a Morrissey, come egli stesso dichiara in A look on the Wild Side, l’intervista fatta da Mario Zonta al regista in occasione della presentazione delle versioni restaurate dei film a Cannes 2002 e presente fra gli extra del cofanetto. Seguono quindi Trash (sottotitolo italiano: I rifiuti di New York) e Heat (tradotto letteralmente in italiano, Calore): in Flesh, Dallesandro è una marchetta che deve raccimolare circa 200 dollari in un giorno per pagare l’operazione di aborto ad un’amica della moglie; nel film successivo è un tossicodipendente che, per colpa delle droghe, rischia l’impotenza e che vive assieme alla moglie Holly; in Heat è un attore/cantante ormai dimenticato che tenta di riemergere grazie all’ex-attrice Sally Todd.

A ben vedere, il primo film è ancora un po’ ancorato ai film warholiani come Nude Restaurant e Lonesome Cowboys, vedi il lunghissimo pianosequenza iniziale di Dallesandro nudo a letto o l’uso dello strobe-cut, ma già si vedeva che Morrissey viaggiava su altri binari, lontano dai monologhi improvvisati sul momento e dall’ironia e/o parodia. Il bisessuale Dallesandro offre continuamente il suo corpo, spesso nudo lungo tutta la trilogia, calandosi con facilità su ruoli cuciti su di lui e sul suo passato. E anche in Heat, quasi una versione erotica e leggera di Viale del tramonto, ci mette il corpo, nonostante la minor presenza di nudo rispetto agli altri due capitoli. Forse il migliore, e il più conosciuto, fra i tre resta Trash, viaggio nella droga e nel sesso con forte valenza sociale (memorabile in questo senso il finale).

Le versioni presentate nel cofanetto sono, per ogni film, due: ci sono quelle originali con la possibilità di scegliere i sottotitoli in italiano, oppure le versioni doppiate, ottime in tutti i casi. Il doppiaggio di Flesh è curato da Alberto Arbasino, quello di Trash dal grande Pier Paolo Pasolini e Dacia Maraini (che usano persone normalissime, che non hanno mai studiato recitazione e dizione, proprio per mantenersi fedeli allo spirito del film), mentre Heat presenta un doppiaggio decisamente più ordinario, comunque curato.
Passiamo ai contenuti speciali. Notevoli le parti di sequenze escluse dalle versioni dell’epoca e ripescate per l’occasione, spesso momenti in cui Joe se ne sta per un bel po’ nudo; sono visibili durante la visione dei film (si notano subito durante la visione dei film in italiano perchè sono in lingua originale e sottotitolate) o anche nel quarto disco, appunto quello degli extra; abbiamo già citato il documentario-intervista di Zonta fatto al trio Morrissey, Dallesandro e Woodlawn (la transex che interpreta in Trash Holly), A look on the Wild Side, pieno di spunti di riflessione sui film e sulle sue figure; interessante anche il confronto-dialogo tra la Maraini e Silvia Baraldini riguardo la trilogia. Si finisce con una photogallery.
Nel cofanetto troverete anche il libricino The Wild Side of the Movies, dove Zonta, da amico di Warhol e Morrissey, parla della nascita della trilogia e ripercorre tutti e tre i film, con persino le reazioni della critica dell’epoca e di oggi. C’è anche un segnalibro con varie immagini del sexy Joe, quasi un omaggio per i fan dello scultoreo attore (numerosi, soprattutto fra il pubblico queer).

Una trilogia, in definitiva, che risulta sempre più interessante. Un modo per ristudiare la figura (personalmente immensa) di Paul Morrissey: che, come si deduce dalla lettura del libricino e soprattutto dalle visioni dei tre film, ha anticipato di anni e anni grandi figure del cinema di oggi (Almodovar, Van Sant, von Trier, Araki, ecc.). Cinema necessario, oggi forse più di ieri, paradossalmente.

[E con questo post giungo ai miei 1000 post. Grazie a Carla per avermi chiamato a far parte del gruppo del Cineblog, che col tempo si è decisamente allargato. Segno che, nel nostro piccolo, qualcosa funziona e da noi si pretende sempre più. Siamo umani, sono umano: è per questo che cercheremo di migliorare ancora, no? La strada è lunga, e siamo qui.]