Home Curiosità Scandalosa Venezia: quando i film al Lido offendono la morale

Scandalosa Venezia: quando i film al Lido offendono la morale

Lo speciale di Blogo sul Festival di Venezia, dal 1932 ad oggi, passando per quattro famosi film che hanno dato scandalo

di carla
pubblicato 30 Agosto 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 07:46

La mostra del cinema di Venezia è indubbiamente il festival cinematografico più importante d’Italia e anche quest’anno Blogo sarà presente al Lido con i suoi inviati e le loro recensioni dei film. Per voi lettori, inoltre, uno speciale sul Festival raccontandone la storia, i Premi più prestigiosi vinti durante tutte le edizioni, dal 1932 ad oggi, passando per quattro film che hanno sconvolto e scandalizzato pubblico e critica.

Si parte da Teorema (1968) di Pier Paolo Pasolini, presentato in anteprima il 4 settembre 1968 al 29esimo Festival di Venezia, che scatenò critiche e censura. Critiche dai partiti politici, dalla Santa Sede e non solo. La Procura della Repubblica sequestrò il film “per oscenità e per le diverse scene di amplessi carnali alcune delle quali particolarmente lascive e libidinose e per i rapporti omosessuali tra un ospite e un membro della famiglia che lo ospitava”. E come dimenticare il processo che ne seguì?

Si prosegue poi con Arancia meccanica (1971) di Stanley Kubrick, proiettato a Venezia nel 1972. Kubrick e la sua famiglia vennero minacciati di morte e il regista chiese (e ottenne) dalla Warner Bros il ritiro della pellicola dalle sale inglesi, dove il film non fu più proiettato fino alla sua morte, avvenuta nel 1999.

Nel 1988 Venezia viene scossa da L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese. Il film fu giudicato controverso da parte di alcuni cattolici fondamentalisti francesi che incendiarono un paio di sale cinematografiche alla prima del film, a Parigi e a Besançon, causando un morto e diversi feriti gravi tra il pubblico.

E come ultimo, abbiamo scelto I segreti di Brokeback Mountain (2005) di Ang Lee. Nessuno voleva realizzare un’opera tanto “rischiosa”, anche perché priva di quei cliché che avevano contraddistinto il cinema di genere, tanto da scardinare la visione romantica del Far West e smontare definitivamente la mitologia del cowboy.