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Conspiracy – La cospirazione: la recensione

Legal thriller tutt’altro che ispirato, Conspiracy – La cospirazione schiera un cinismo da quattro soldi che è essenzialmente espressione di una scrittura standard nell’accezione peggiore, accompagnata da performance recitative altrettanto discutibili

pubblicato 20 Giugno 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 10:07

Ben Cahill (Josh Duhamel) è uno spregiudicato avvocato pronto a compiere il grande salto. Undici vittorie consecutive all’attivo, tutte ottenute “forzando” le cose, perché «quando una persona non è colpevole tutto è lecito per aiutarla» (dice così più o meno). Un giorno gli si presenta il caso della vita: la sua ex-fidanzata, Emily (Malin Akerman), gli manda una richiesta d’amicizia su un social network; i due s’incontrano e Ben scopre che la sua vecchia fiamma ora sta con un magnate dell’industria farmaceutica, tale Arthur Denning (Anthony Hopkins), uomo che vale otto miliardi e mezzo di dollari.

Manco a dirlo, Denning non è uno stinco di santo, ed il suo impero poggia su menzogne tremende. Ben ha le prove, proprio grazie ad Emily; non gli resta che coinvolgere il socio più importante dello studio per cui lavora, Charles Abrams (Al Pacino), e convincerlo ad affidargli quello che potrebbe diventare il processo più significativo nella storia dei processi intentati ai danni dell’industria farmaceutica. Uno scenario che il nostro deve però pagare a caro prezzo, dato che si è immischiato in meccanismi ben più “in alto” rispetto alla sua ambizione.

Siamo in territorio di legal thriller, sebbene Conspiracy – La cospirazione sia essenzialmente film di anti-eroi: non un personaggio positivo, per così dire, solo una serie di freddi opportunisti al di là del bene e del male; che è poi un altro tra i modi possibili di evitare le sfumature, il peggiore. Il film di Shintaro Shimosawa è intriso di un cinismo d’accatto mica da ridere, malgrado il difetto più evidente stia in una sceneggiatura oltremodo modesta. Scritto proprio male, Conspiracy è tutto ripiegato sulle sue dinamiche doppiogiochiste, incurante del resto: dei personaggi, perciò dei loro dialoghi, a conti fatti frutto di un collage di citazioni e profili standard che rendono prevedibili non tanto i risvolti, quanto le azioni e relative reazioni.

Ha un gran da fare il regista di origini giapponesi nell’accompagnare questa sterile parabola con tutta una serie di movimenti sinuosi e riprese generalmente eleganti; queste, come la bella fotografia, non sono altro che mal riposte. La verità, temo, è che Conspiracy non abbia granché da dire, né tantomeno pare avere un’idea precisa su “come” dirlo. Non si crede ad una sola parola, inflessione, accento, figurarsi concetto tra quelli che vengono espressi; e quanto più ci si accosta a tematiche complesse ma significative, tanto più il tutto manifesta la sua pressoché totale inconsistenza.

Non aiuta il casting, ma ancor di più si mostra limitante la direzione degli attori. Charlotte (Alice Eve), moglie di Ben, per dirne una, è personaggio potenzialmente interessante, specie a posteriori; tuttavia il suo atteggiamento, ciò che dice, vanifica qualsivoglia interesse, sebbene in un primo momento il rapporto con suo marito sia l’unica cosa che sembra promettere anche solo un semplice sussulto. Ed invece niente, anche perché gli sceneggiatori s’industriano a spiegare ogni minimo passaggio, introducendolo anche con largo anticipo se serve, come nel caso della battuta, con relativa inquadratura sospetta, che vede proprio Charlotte esclamare: «ma quanto profumo mette questa qua?». Solo alla fine si ha modo di restare davvero perplessi per questa uscita.

Al Pacino, forse il peggiore, si concede addirittura un antico vezzo, che è quello di citare Shakespeare; sono sempre più persuaso che non ci si abituerà mai abbastanza a questo nuovo Pacino, così svogliato, macchiettistico, ombra dell’attore che in realtà è (“fu” non me lo sentirete dire mai, spero). Ma beffardamente è sua l’ultima parola su Conspiracy, quando se ne esce dicendo che «non c’è verità nella Legge. Smetta perciò di cercarla: non la troverà». Con lui, però, non diremo che non c’è verità nella minestra riscaldata, insipida che è questo film. No. E provate pure, se vi aggrada, a trovare anche solo l’ombra di qualcos’altro, magari di ben meno ambizioso, che sia un dramma bilanciato o qualche scampolo d’intrattenimento. Nulla da fare: il classico schema non basta, e tutto il resto è contorno, con l’aggiunta di una morale a suo agio come un elefante in una cristalleria.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”3″ layout=”left”]

Conspiracy – La cospirazione (Misconduct, USA, 2016) di Shintaro Shimosawa. Con Al Pacino, Anthony Hopkins, Josh Duhamel, Alice Eve, Glen Powell, Malin Akerman, Leah McKendrick, Lee Byung-Hun, Julia Stiles, Chris Marquette, Sue-Lynn Ansari, Jaiden Kaine, Shona Gastian, Gregory Alan Williams, Micheal K. Douglas, Rio Hackford, Marcus Lyle Brown e Milla Bjorn. Nelle nostre sale da mercoledì 15 giugno.