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Hunt for the Wilderpeople: recensione in anteprima

Una fiaba a metà tra Up e Thelma e Louise, con un tocco alla Wes Anderson e tanti momenti godibili. Torna il neozelandese Taika Waititi, dopo il cult What We Do in the Shadows e prima del terzo Thor. Ma Hunt for the Wilderpeople è un film spartiacque nella sua carriera?

pubblicato 22 Giugno 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 10:05

Non vorrei apparire cinico o disfattista o esagerato, ma in un certo senso Hunt for the Wilderpeople potrebbe pure rappresentare il picco di una parabola discendente per Taika Waititi. Il che non vuol dire che farà brutti film, per carità: solo che, ad essere franchi, già intravediamo dove la sua prossima carriera sta andando a parare.

Hollywood, che di fiuto per registi stranieri di talento ne ha tanto quanto è capace di spezzare carriere, ha già ingaggiato il regista per il terzo Thor, in uscita l’anno prossimo. E questo suo ultimo Hunt for the Wilderpeople è chiaramente pensato per un pubblico più vasto possibile, ma passando prima attraverso il buzz del Sundance e ancora di più del SXSW.

Ad essere ottimisti si può dire che giustamente un talento vero è stato scoperto e sdoganato. Ad essere appunto più maliziosi chi scrive pensa già che arriverà il momento in cui rimpiangerà il regista del bellissimo What We Do in the Shadows (nonostante l’annunciato sequel), straordinaria operazione innanzitutto cinefila. Senza troppi paradossi cinefilo lo è anche quest’ultimo lavoro di Waititi, che prende Sam Neill e lo mette in fuga come Unica regola vincere d Donaldson.

Ricky, ragazzino cicciottello ormai abituato all’affidamento e a vivere con diverse famiglie, ottiene un nuovo inizio nelle campagne della Nuova Zelanda. Si trova subito a casa con la sua nuova famiglia adottiva: l’amorevole zia Bella, l’irascibile zio Hec e il cane Tupac, datogli in regalo per il suo compleanno. Quando una tragedia colpisce la famiglia e minaccia di spedire Ricky in un’altra casa, sia lui che Hec finiscono per una serie di motivi a darsi alla fuga.

Hunt for the Wilderpeople è in un certo senso una ‘fiaba’, ed è quasi la versione live action di Up della Pixar, per l’avventura che il bimbo sovrappeso e il suo “anziano” neo-padre intraprendono. Il giovane non ha una famiglia, l’uomo ha appena perso la moglie. In mezzo ci sta una scena che cita in modo squisito Thelma e Louise di Scott, e il tutto ha una confezione alla Wes Anderson un filo più acido e sanguinoso (ci sono pure i cani, fissa del regista di Moonrise Kingdom).

Il tono del film, a scanso di equivoci, è però da film d’avventura ‘per tutta la famiglia’, diviso in dieci capitoletti (più epilogo) che portano dritti lì dove te lo aspetti. Ci si aspettava questo da Waititi? Non credo. Ci sta che diriga un film del genere? Certo che sì. Però l’operazione in sé, per chi ha amato il percorso del regista e soprattutto What We Do in the Shadows, potrebbe lasciare un attimo spiazzati.

Hunt for the Wilderpeople è un film per tutti, certo, uno di quelli che intratterrà il pubblico che va al cinema per svagarsi e chi cerca negli indie (nell’accezione americana del termine) qualcosa di ‘fresco’, una voce alternativa. Anche perché mi sembra, ma posso anche azzardare troppo, che Waititi voglia dire qualcosa di serio anche sulla società neozelandese e su un sistema in cui vige l’assenza di ‘padri’. Eppure, rispetto al precedente, risulta più ovvio e mainstream.

Waititi però ha qualcosa che anche i più schizzinosi apprezzeranno. Il suo kiwi humor è spesso travolgente, e il modo in cui usa musica, sonorità e montaggio sono una goduria. Ma soprattutto sceglie due attori che dirige in modo eccezionale: se Neill funziona che è una meraviglia, la vera sorpresa è il giovanissimo Julian Dennison. Waititi usa addirittura un montaggio ‘alla Eisenstein’ (!) per sfruttare al meglio la sua naturale espressività: vedere per credere.

Quindi, prima di fare i disfattisti, c’è anche da consigliare un film a rischio melassa che la melassa stessa la sa evitare piuttosto bene, e che assesta un paio di colpetti al cuore senza strappare con forza nessuna lacrima. Il divertimento può funzionare a fasi alterne, e la struttura episodica da road movie è meno travolgente della struttura ad accumulo quasi impazzito di What We Do in the Shadows. Ma per chi si accontenta di pensare che il terzo Thor sia in buone mani, ecco la prova.

[rating title=”Voto di Gabriele” value=”7″ layout=”left”]

Hunt for the Wilderpeople (Nuova Zelanda 2016, commedia 93′) di Taika Waititi. Con Julian Dennison, Sam Neill, Rachel House, Rima Te Wiata, Oscar Kightley, Rhys Darby. Sconosciuta la data d’uscita italiana.