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Venezia 64: Infamous giorno 8

Dopo l’indigestione di sette film di ieri oggi mi sono tenuto più leggero e ho visto solo tre film, più la revisione di Sukiyaki Western: Django su cui però non ho niente da aggiungere rispetto alla recensione di ieri.The Most Distant Course – Lin Jingjie (Settimana della critica) Nell’isola di Formosa uno psicologo lasciato dalla

6 Settembre 2007 16:23

Dopo l’indigestione di sette film di ieri oggi mi sono tenuto più leggero e ho visto solo tre film, più la revisione di Sukiyaki Western: Django su cui però non ho niente da aggiungere rispetto alla recensione di ieri.

The Most Distant Course – Lin Jingjie (Settimana della critica)
Nell’isola di Formosa uno psicologo lasciato dalla moglie cerca di distrarsi con prostitute e un fonico innamorato lasciato dalla ragazza che va in giro per l’isola a registrare suoni e spedirli alla sua ex. Ma in quell’appartamento adesso vive una giovane che soffre anche lei per amore, visto che condivide il suo uomo con un’altra, e ascolta che ti riascolta le cassette del misterioso fonico… si innamora di lui.
Il cinema di Taiwan, anche quello dei grandi maestri, non l’ho mai digerito più di tanto, e a vedere gente che piange e le difficoltà dell’amore non è che sia proprio il massimo delle mie aspettative, tuttavia l’ultima parte, con lo psicologo che si mette la muta da sub e le pinne e inizia a camminare sull’autostrada regala delle immagini di grande effetto.

Beyond The Years – Im Kwon Taek (Fuori Concorso – Venezia Maestri)
Il 100esimo film di Im Kwon Taek aka “il padre del cinema coreano” è il sequel di uno dei suoi più grossi successi di pubblico e di critica, Sopyonje (o Seopyeonje) che abbiamo visto al festival del cinema coreano, e da lì si riprendono i personaggi e qualche spunto per far ripartire le vicende: più che andare avanti con la storia del fratello e della sorella cieca si indaga il rapporto tormentato e sofferto fra loro due (sempre accompagnato dal canto e dal tamburo) e la ricerca estenuante (aldilà degli anni) di un uomo che ha perso tutto e si è rovinato la vita con una scelta sbagliata (quella di abbandonare la famiglia) e che cerca di riallacciare il rapporto con la sorella abbandonata. Girato con somma eleganza, la mano di un professionista di lunghissima data che riesce a farci arrivare i sentimenti dei suoi personaggi in modo puro e cristallino, attraverso i dialoghi e le azioni, ma tanto più con la musica che fanno, con la voce e il tamburo, un senso di perdita (della memoria, della propria cultura) che l’altro film nel finale in qualche modo riusciva a negare.

Mad Detective – Johnnie To (Concorso)
Visto Miike e visto questo Johnnie To potrei anche tornarmene a casa, la mostra ormai ha ben poco da offrire per me. Ma sarebbe sbagliato dare tutti i meriti di questo film al solo maestro di Hong Kong, questa è una coregia con il suo socio d’affari Wai Kai Fai, e la sua mano grottesca e il suo fatalismo nero fanno ritornare indietro con gli anni, ad un film che sembra uscito dagli anni migliori (quelli post riunificazione) del cinema della Milkyway.
Un poliziotto sciamano che si affida all’intuizione per risolvere i casi: riesce a vedere i demoni dentro alle persone (e noi con lui grazie alle soggettive) e rifacendo in prima persona i crimini commessi riesce a scoprire chi è il colpevole (all’inizio si fa chiudere in una valigia e si fa gettare di sotto dalle scale).
Divertente e ironico, ma anche straziante e violento come siamo stati abituati, il meglio di se lo da quando si alterna la visione “naturale” alle soggettive del poliziotto matto, con i vari “demoni” che appaiono in mezzo al profilmico, sostituendosi o affiancando i vari parsonaggi, caratterizzandoli in modo essenziale e cristallino, tutt’altro che confusionario malgrado lo spaesamento che si prova nei primi minuti di visione.
Il finale poi è all’altezza dei finali della Milkyway, una resa dei conti fra specchi in frantumi e mexican stand off dove quello che interessa ai due registi sembra essere più una riflessione sul senso d’identità e sul potere più che l’azione in quanto tale.
L’ultima scena è talmente bellissima che non ve la sto nemmeno a raccontare.

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