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La cosa: la visione respinta di Tobe Hooper e quella di culto di John Carpenter

In origine c’era il regista di “Non aprite quella porta” al timone del remake di culto “La cosa” di John Carpenter.

pubblicato 26 Febbraio 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 01:25

 

Come i cultori del fanta-horror La cosa sanno bene, alla base del remake di culto di John Carpenter c’è un classico del 1951 intitolato “La cosa da un altro mondo” che aveva più o meno la stessa idea di base. I due film in realtà sono adattamenti molto diversi dell’omonimo racconto di John W. Campbell Jr. edito nel lontano 1938.

Quasi un decennio prima che Carpenter prendesse in mano il progetto, trasformando il film in un terrorizzante e disturbante rapprentante del cosiddetto filone “body-horror”, il produttore Stuart Cohen aveva visto il potenziale di un nuovo adattamento del racconto di Campbell Jr., un processo di sviluppo lungo che risale ai primi anni ’70. Cohen, che aveva ha letto il romanzo da ragazzo, era intenzionato a riportarlo sullo schermo in una versione aggiornata e Universal ha finito per comprare i diritti per produrre il suo progetto.

Come Cohen ha spiegato recentemente sul suo blog The Original Fan, si era incontrato con Carpenter negli anni ’70 per parlare della regia di un nuovo adattamento della storia, ma la Universal esitava ad assumere un regista sconosciuto. A quel tempo Carpenter non aveva ancora diretto Halloween, così alla Universal lo ritenevano un’incognita.

E così prima che Carpenter prendesse il timone, Tobe Hooper fu la prima scelta dello studio, ma è doveroso ricordare che nella fase di sviluppo anni ’70 ci fu anche John Landis (Un lupo mannaro americano a Londra) che rifiutò il progetto.

Tobe Hooper e il suo collaboratore creativo Kim Henkel reduci dal recente successo di Non aprite quella porta in quel momento sembravano i più idonei ad adattare e aggiornare “La cosa da un altro mondo”, ma invece non si rivelarono così adatti al progetto. La loro visione era molto diversa da quella di Cohen, che ha ritenuto che Hooper e Henkel non catturavano l’essenza del materiale originale.

[quote layout=”big”]Il loro entusiasmo iniziale si era oscurato dopo aver letto il romanzo. La questione della fiducia non li interessava particolarmente come un tema generale. Erano anche preoccupati per la loro capacità di drammatizzare i meccanismi di assimilazione e non volevano essere vincolati dal suo utilizzo.[/quote]

Quindi che cosa avrebbe realizzato Hooper? Cohen spiega la visione del regista di “Non aprite quella porta”.

[quote layout=”big”]Rifiutando la premessa centrale della storia del racconto breve, hanno scelto invece di cercare di dare fascino a qualcosa di originale che, nelle loro parole, avrebbe “affrontato un quadro più ampio”. Scritto in fretta al fine di evitare un’imminente sciopero degli sceneggiatori, quello che mi ricordo della sceneggiatura era un tentativo di mettere in scena uno scontro epico tra un uomo e un mostro ai confini del mondo, una sorta di MOBY DICK in Antartide con un personaggio in stile Acab (credo che il suo nome fosse “Il Capitano”) che combatteva una grande, ma decisamente non mutaforma creatura. Apparentemente scritto come un breve poema nello stile del Sud di scrittori come Davis Grubb (“La morte corre sul fiume”), la sceneggiatura era densa, priva di umorismo, quasi impenetrabile (la parola usata da John quando salì a bordo fu “incomprensibile”). Giudicato da parte di tutti come qualcosa di simile ad un potenziale disastro, abbiamo deciso di separarci.[/quote]

 

 

Col senno di poi, tutto ha funzionato come doveva. Dopo che Alien è diventato un successo al botteghino nel 1979 e con John Carpenter saldamente affermato come un maestro del genere horror grazie ad Halloween, Universal mostrerà un rinnovato interesse per il progetto negli anni ’80 e al contrario di anni prima, lo studio mostrerà entusiasmo nell’avere Carpenter a bordo. Dal canto suo il regista con il suo inconfondibile stile regalerà al cinema di genere un nuovo cult e realizzerà una rilettura tesa e paranoica del materiale originale.

“La cosa” per Carpenter fu un vero tour de force produttivo, il cast risulta funzionale e convincente, su tutti Kurt Russell, l’attore feticcio di Carpenter è qui al top delle sue interpretazioni, minimalista e coinvolgente, poi ottimi caratteristi di contorno e una landa di ghiaccio che sovrasta il microcosmo umano e alieno creato dal regista.

Tensione da thriller, come in “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie, le morti si susseguono, cosi come i sospetti, le fragili alleanze, le reazioni spropositate e la follia. La mostruosità che copia geneticamente l’uomo che coppia se stesso, un’invasione stile “Ultracorpi”, ma più intimista che parte dal singolo individuo e si espande come un virus, come un malevolo cancro, di cellula in cellula.

Il mago degli effetti speciali Rob Bottin crea le mostruosità deformi che compongono l’alieno, tutte piccoli parti che sono pronte a clonare-infettare chiunque gli stia accanto, solo il sangue può rivelare il mostro nascosto, ma la genialità sta nel dubbio che assale lo spettatore, forse lo stesso alieno clonando l’uomo ne assorbe le caratteristiche, i ricordi, così egli stesso forse è inconsapevole di essere il mostro, solo quando attraverso il fuoco l’istinto di conservazione viene alla luce, l’alieno ritorna consapevole e deforma e smembra i corpi per farne nuovi veicoli di contagio o di sopravvivenza, insomma tutto dipende dai punti di vista.

Carpenter e Hollywood a causa di questo disturbante remake si ritrovano in una battaglia continua e alla vicendevole sopportazione dello show-biz americano nei confronti di questo regista ribelle che a volte diventa incontrollabile proprio perché strenuo difensore del controllo sulle sue opere. “La cosa” è un pugno nello stomaco a quella Hollywood che ha tentato più volte di imbrigliare l’anima anarchica ed indipendente di Carpenter, ma come ogni figliol prodigo anche Carpenter tornerà all’ovile girando il politicamente corretto Starman, una sorta di prezzo da pagare per il provocatorio e ultraviolento “La cosa”.

Accusato di fare pornografia della violenza, Carpenter difende ad oltranza la sua creatura dalle fattezze prepotentemente anni ’80, figlia dello “splatter” e della voglia di provocare, la risposta di pancia allo zuccheroso E.T. di Steven Spielberg. “La cosa” è un cult fanta-horror con un anima, non solo effetti speciali, ma una sceneggiatura che omaggia il thriller servendolo in una veste da incubo: deforme e paranoide.

Ad oggi “La cosa” ha fruito di un prequel sostanzialmente superfluo uscito nel 2011, di un’attrazione dal titolo The Thing – Assimilation allestita nel 2007 presso Universal Studios Florida; di una trasposizione letteraria della sceneggiatura scritta da Alan Dean Foster e pubblicata nel 1982; di quattro sequel a fumetti del film (“The Thing from Another World”, “The Thing from Another World: Climate of Fear”,”The Thing from Another World: Eternal Vows” e “The Thing from Another World: Questionable Research”) pubblicati da Dark Horse Comics e di un videogioco sequel per PC, PlayStation 2 e Xbox, forse un tantino complesso nell’approccio pratico, ma capace di catturare l’essenza del film fatta di paranoia e isolamento.

 

 

 

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Fonte: BloodyDisgusting