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Torino 2017, The Scope of Separation: recensione in anteprima

Lo smarrimento esistenziale della gioventù cinese benestante proposta in maniera per lo più inconsistente, The Scope of Separation non riesce ad andare oltre alla collezione di episodi di un ragazzo che vive nella Cina prospera di oggi

pubblicato 29 Novembre 2017 aggiornato 27 Agosto 2020 23:18

Cosa sta accadendo in Cina? Un quesito del genere risulta a tutta prima riduttivo, vuoi per l’estensione del Paese, dunque l’esistenza di più realtà tutt’altro che omogenee, vuoi perché The Scope of Separation prende di mira le generazioni più giovani, quelle che vanno affacciandosi al mondo del lavoro in un contesto di prosperità, per lo meno nei grandi centri. Liu Shidong ha da poco perso il padre, eppure non fa altro che parlare di soldi; non solo con gli altri, bensì anche nel raccontare la vicenda che lo riguarda tramite voce fuori campo. Trascorre le proprie giornate a bere e fumare sigarette, sempre in compagnia, quasi a voler esorcizzare quella solitudine che in fin dei conti, se saputa gestire, fa crescere. Glielo dice un suo vecchio compagno di scuola che ora ha le mani in pasta in progetti potenzialmente multimilionari: tutti si sballano ma non c’è niente di meglio che un buon tè per restare lucidi e prendere le decisioni migliori.

Liu si trascina, spostandosi da un locale all’altro come l’ape con i fiori; senza aspettative, senza interesse. Per prima incontra Wang Yuzi, una ragazza introversa che frequenta per un po’, salvo poi ripensarci, sia mai che l’indole della sua coetanea lo risollevi dalle tante distrazioni. Poco dopo incontra Yao Ye e con lei sì che qualcosa si muove: un peperino, sveglia, alla mano, i due si trovano bene insieme e finiscono col convivere praticamente. Liu ammette che quello è stato il periodo più spensierato, in cui sembrava fosse davvero cambiato qualcosa, ma ci vuole poco e tutto svanisce: Yao Ye deve partire per la Francia, dove trascorrerà i due anni successivi, ed allora l’inquietudine torna a fare capolino, prepotente.

Il discorso di Chen Yue, all’esordio dietro la macchina da presa, è essenzialmente fumoso; registrato come uno studio sul personaggio è certamente debole, poiché ai nostri occhi l’ansia di Liu resta sfuggente, il che alimenta un distacco che non contribuisce granché; come ritratto rispetto ad una generazione tutta, se vogliamo, è pure peggio, salvo non voler considerare illuminante accostarsi ad un gruppo di ragazzi che non hanno ancora ben capito cosa intendono fare delle loro vite, quantunque le possibilità non manchino. Ecco, forse un barlume lo si percepisce qui, nel tentativo di descrivere tale smarrimento a fronte invece della prosperità che circonda questi ragazzi. Solo che, appunto, il tutto resta relegato al rango di tentativo e nulla più.

Ad impedire un maggiore spessore non è perciò il taglio documentaristico di per sé, bensì un’idea solida, rispetto al come più che al cosa. Il regista avrà magari chiara la situazione, finanche gli aspetti che intendeva evidenziare seguendo questo percorso itinerante del suo protagonista verso non si sa bene dove; ma non riesce pressoché in nessun caso a far convogliare certe sue intuizioni in qualcosa di consistente, in pratica dandoci solo modo di raccogliere una serie di notizie su Liu, che però non fanno un racconto, o per lo meno non consentono di sostenerlo. Sarà che il disagio del giovane protagonista, a cui alla fine tocca ammettere che, vada come vada, l’importante è avere tanti soldi e spassarsela se si è come lui, in parte abbia contagiato lo stesso Chen Yue, il quale non dà mai l’idea di avere realmente il controllo su questa collezione di episodi, che infatti tale rimane dall’inizio alla fine purtroppo.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]

The Scope of Separation (Cina, 2017) di Chen Yue. Con Liu Shidong, Yao Ye, Wang Baonan, Qian Hongbo, Xing Haijie, Yin Dong.

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