Home Recensioni Hunter Killer, recensione: ritorno quasi parodistico alla Guerra Fredda

Hunter Killer, recensione: ritorno quasi parodistico alla Guerra Fredda

Blando rimpasto di scenari à la Tom Clancy, Hunter Killer è per lo più una parodia di certi action a sfondo politico che imperversavano al tempo di Ronald Reagan

pubblicato 25 Ottobre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 15:26

(Clicca sull’immagine per vedere il trailer)

Sulla soglia di una possibile Terza Guerra Mondiale, Hunter Killer ci racconta i retroscena di un «bel pomeriggio» (cit.) che è stato però ad un passo dal trasformarsi in una catastrofe. Un sottomarino americano pare sia stato colpito nel Mar Glaciale Artico, al che dalle alte sfere viene emanato l’ordine di mandare un altro sottomarino, l’USS Arkansas, ad investigare. Già per come viene messo in scena il momento in cui il Capitano Joe Glass (Gerard Butler) viene prelevato per prendere parte alla missione funge praticamente da programma: a caccia di cervi, è in procinto di sparare ad uno bello grosso, finché da dietro non spuntano i piccoli, ed allora il giusto Glass fa un passo indietro e decide di non procedere.

Hunter Killer, in tal senso basta il trailer, è un film preso di peso dagli anni ’80 e trasportato a forza nel 2018: è mosso dalle medesime istanze, da quella tensione da era reaganiana che dell’estenuante braccio di ferro con l’allora Unione Sovietica si preoccupava di farne anzitutto spettacolo, sensibilizzazione spinta mediante intrattenimento. Non ci si fraintenda: quella cosa lì funzionava, non sempre, certo, ma ci ha lasciato cose interessanti (Caccia a ottobre rosso verrà in mente a tanti, mentre chi scrive viene da pensare al meno conosciuto e ben più bistrattato L’ultimo attacco, di John Milius), solo che, appunto, è figlia di quell’epoca; un’epoca che, rievocata oggi, genera quello strano effetto parodistico che di sicuro non depone a favore. Se a tutto ciò si aggiunge Butler, le cui scelte stanno prendendo una direzione sempre più specifica, con questi ruoli a loro volta fuori tempo massimo (si veda Geostorm o Attacco al Potere, per dirne due, mentre chi scrive ha parecchio apprezzato Nella tana dei lupi), prende corpo un’operazione che non parte sotto i migliori auspici.

Lecito aspettarsi una qualche forma d’intrattenimento da un progetto che ripesca in quella cesta lì perciò, senonché troppo in Hunter Killer è così tragicamente sopra le righe, pressoché totale il disinteresse verso una sorta di coerenza interna, il non curarsi di alcun argine, collezionando una serie di scene che in pratica fanno il verso a certa “mascolinità”, scimmiottandola. Come quando un altro Capitano, non Glass, si dice sicuro di far breccia nell’equipaggio che ha addestrato col solo far sentire la sua voce: e allora nella nave a cui è diretto il messaggio arriva questa comunicazione che in pratica consiste nella pronuncia dei nomi degli uomini che compongono tale equipaggio, musica di sottofondo, coperta magari dai sorrisini di chi in platea non riesce a trattenersi, una volta tanto senza averne colpa.

Un’ode maldestra a quella virilità al cinema che oramai non ha alcun senso, superata com’è sia da produzioni analoghe che da un discorso che l’ha resa non solo obsoleta, bensì ingombrante, costringendo non dico ad accantonarla ma quantomeno a ripensarla. Ad un certo punto si scopre che ciò che sta avvenendo in Russia è sostanzialmente un Colpo di Stato, ed allora tocca far fondo ad un’altra tipologia di uomini, quelli che sì, un onore ce l’hanno eccome, militare prima ancora che a livello puramente umano, ma il cui intuito sa che ci sono momenti in cui le regole vanno messe da parte, e quando un tuo sottoposto ti minaccia di portarti davanti alla Corte Marziale, tu rispondi «ed io farò di tutto per tenerla in vita e consentirle di testimoniare». È quella cosa lì, insomma, una sorta di post-trash da cui non si riesce nemmeno a tirare fuori quel becero gusto di cui certo trash in fondo è capace.

Non bastasse l’antagonismo da cartolina, certa insofferenza verso il nemico di turno che si fa nemesi, sebbene ahimè oggi lo spauracchio russo ci sia ancora trasmesso a più riprese come La minaccia globale per eccellenza proprio dai canali d’informazione prima ancora che dalla Letteratura, viene persino integrata la mini-trama ancora meno verosimile, se possibile: infatti, mentre la Guerra Fredda si consuma a centinaia di metri sott’acqua, in superficie un gruppo di quattro soldati deve salvare il Presidente della Russia, a propria volta gabbato dall’iniziativa di un suo ministro, lo sciapo personaggio solitamente fuori di testa che vede nello scontro definitivo l’unica soluzione all’annoso problema della supremazia mondiale americana. Fosse almeno pazzo, nel senso, trasmettesse quel briciolo di follia che gli desse un minimo di profondità… invece nulla, questo cialtrone con addosso una tuta militare intende isolare il «molle» Presidente ed attaccare gli USA: come ha convinto gli uomini di quella base e perché, anche solo un indizio, niente, non ci è dato sapere.

Il tutto, al netto di certe considerazioni che fugacemente proponiamo, senza però soffermarci più di tanto, ché fare le pulci a certi aspetti lo si trova di solito superfluo, solo che in un contesto del genere, in mezzo alle altre cose, s’impone in qualche modo il soffermarcisi. Serve essere esperti di sottomarini per restare interdetti dal modo in cui un accrocchio di quella portata si muove tra bombe e scogli, come schiva gli ostacoli e tutto quanto, manco si fosse in circonvallazione a bordo di un cinquantino? Il punto è che non vi è alcuna componente dalla quale si dovrebbe o potrebbe trarre il più minuscolo elemento d’interesse da una produzione come Hunter Killer: il discorso politico è ridotto a stupido divertissement che però distrae anziché tutt’al più fare da seppur inutile sfondo; le battaglie sott’acqua ci attraversano quasi senza che ce ne accorgiamo almeno tanto quanto quelle non più coinvolgenti che si svolgono in superficie, un misto tra SWAT ed Action-Man che lascia tiepidi nella migliore delle ipotesi.

Hunter Killer ha tutta l’aria del progetto concepito male e realizzato ancora peggio, forse proprio perché la percezione di quel fenomeno che sin troppo ossequiosamente ripropone era di per sé confusa, o più semplicemente il relegare tutto a una formula, senza curarsi minimamente di apportare qualche indispensabile modifica, ha finito col rendere la pietanza a tal punto insapore. Come in parte già accennato, tuttavia, è proprio quel senso di parodia involontaria a lasciare forse più di ogni altra cosa interdetti; difficile in questi casi, “da fuori”, capire quali siano state le intenzioni, e in fondo non è nemmeno così importante. Ciò che rileva è che anche a riscaldare una minestra serve criterio.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”2″ layout=”left”]

Hunter Killer (USA, 2018) di Donovan Marsh. Con Gerard Butler, Gary Oldman, Common, Linda Cardellini, Toby Stephens, Michael Nyqvist, Caroline Goodall, Ryan McPartlin, Michael Trucco, Zane Holtz, Shane Taylor, Cosmo Jarvis, Will Attenborough, Matt Rippy, Taylor John Smith e Gabriel Chavarria. Nelle nostre sale da giovedì 8 novembre 2018.