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Oro Verde, C’era una volta in Colombia: poster e trailer italiano

4 anni dopo L’abbraccio del serpente, tornano in sala Ciro Guerra e Cristina Gallego con Oro Verde.

pubblicato 7 Aprile 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 20:07

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Presentato nella Quinzaine all’ultimo Festival di Cannes con il titolo Birds of Passage, e selezionato per la short list degli Oscar come Miglior film straniero, Oro Verde – C’era una volta in Colombia arriva anche nei cinema d’Italia a partire dall’11 aprile, con distribuzione Academy TWO.

In cabina di regia Ciro Guerra e Cristina Gallego, nel 2016 candidati agli Oscar per El abrazo de la serpiente, che hanno definito questa nuova fatica come “un film di gangster e spiriti. Un film su una famiglia, una storia di donne di potere forti, intuitive e resilienti che aspettano il ritorno di uomini, inconsapevoli, impulsivi, che parlano, trattano e si danno da fare. Intuizione contro ragione, innocenza contro vendetta, parola contro onore. Tutto per raccontare l’immane sciagura che ci avrebbe maledetto per sempre. Il grande tabù di cui non è permesso parlare. Raccontato per una volta in modo intimo, personale, a modo nostro. Come una brezza che sembrava essere arrivata per rinfrescare e che invece diventa una tempesta devastante. Quello che rappresentiamo è la faccia vera del capitalismo allo stato puro. Il nostro jayeechi, il nostro canto degli uccelli“.

Da semplici pastori a esperti uomini d’affari, Oro Verde porta in sala le origini del narcotraffico in Colombia attraverso la storia epica di una famiglia indigena wayuu. La capofamiglia Ursula, l’audace Raphayet e la bella Zaida scopriranno la ricchezza, ma anche i suoi risvolti tragici. Avidità e sete di potere metteranno a repentaglio le loro vite, la loro cultura, i loro riti ancestrali.

Senza rinnegare le nostre origini e i nostri film precedenti, possiamo considerarlo un punto di partenza, la nostra prima incursione nel cinema di genere“, continua Ciro Guerra. “L’idea è, questa volta, esplorare la nozione di mito, che è stato per me oggetto di interesse per tanto tempo. Come nei film precedenti volevamo parlare dei popoli nativi dell’America Latina e delle loro rispettive storie che spesso sono trascurate, e volevamo farlo utilizzando i codici del cinema di genere. È iniziato tutto con la voglia di rivisitare il genere e rinnovarlo. Per me è un film noir, un gangster movie. Ha anche qualcosa del western, della tragedia greca e dello stile dei racconti di Gabriel Garcia Marquez. In un certo senso, i film di genere sono diventati gli archetipi leggendari della nostra era. Sin dall’alba dei tempi, gli esseri umani hanno usato i miti per spiegare l’ordine delle cose e dare un senso alle nostre vite caotiche il cui scopo spesso ci sfugge. Questa è la funzione che i generi hanno oggi: preordinano la nostra comprensione del mondo e ci comunicano in anticipo il registro nel quale la storia sta per volgersi. Oltre questo, mi sono sempre considerato il cantastorie delle civiltà primitive. Quello che facciamo è simile a quello che loro facevano nelle caverne 30.000 anni fa: usavano la luce e le ombre per raccontare storie“.