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La mia vita con John F. Donovan, la recensione: montaggio e ambizioni frenano un imperfetto Xavier Dolan

Stroncato al Toronto Film Festival del 2018, La Mia Vita con John F. Donovan non è certamente il miglior Xavier Dolan visto fino ad oggi al cinema, ma neanche quel disastro annunciato dai critici d’America.

pubblicato 19 Giugno 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 18:39

Quasi un anno fa, era il 18 settembre del 2018, Xavier Dolan presentava in anteprima mondiale al Toronto Film Festival la sua prima fatica hollywoodiana, La mia vita con John F. Donovan, dopo mesi passati al montaggio e un inatteso rifiuto al Festival di Cannes, perché ancora insoddisfatto del risultato finale.

Un’opera dalla produzione lunga e faticosa. Cinque anni di sceneggiatura, un primo ciak diventato realtà nel 2016 e una post-produzione di oltre un anno che vide il regista canadese, a malincuore, dover tagliare completamente il personaggio di Jessica Chastain, per motivi chiaramente legati ad una durata monster, improponibile a livello distributivo. Il risultato, prevedibile, fu la prima vera stroncatura da parte della critica nei confronti di un film di Dolan. Non a caso La mia vita con John F. Donovan non è mai uscito da nessuna parte, cinema USA compresi, se non in Francia e ora, finalmente, anche in Italia, grazie alla Lucky Red che ha iniziato a distribuire le pellicole di Xavier con È solo la fine del mondo.

Un film ‘maledetto’, letteralmente, questo John F. Donovan, nato da uno spunto che potremmo definire quasi auto-biografico, perché Dolan, nel lontano 1998, scrisse una lettera all’amato Leonardo DiCaprio, all’epoca esploso con Titanic. Xavier aveva poco meno di 9 anni. Il protagonista di questa pellicola ne ha due in più, si chiama Rupert Turner ed è un giovanissimo aspirante attore catapultato nel Regno Unito da una madre rimasta single poco dopo la sua nascita, inappagata e incapace di instaurare un dialogo con il proprio pargolo, che non a caso, e a sua insaputa, intraprende una corrispondenza epistolare con un lanciatissimo divo del piccolo schermo. John F. Donovan (Kit Harington), per l’appunto, omosessuale represso incapace di vivere appieno il proprio io, perché terrorizzato da un’industria cinematografica tendenzialmente omofoba. I due si scrivono lettere per 5 anni, fino a quando la notizia non diventa pubblica, travolgendo la vita di entrambi.

La relazione madre/figlio, qui addirittura duplicata, l’omosessualità faticosamente accettata, l’infanzia. I temi cari a Xavier Dolan, al suo settimo film, ci sono tutti, ma nella sceneggiatura scritta a quattro mani con Jacob Tierney il fenomenale Xavier, come al suo solito anche montatore, produttore e costume designer, perde la bussola, sovraccaricando un soggetto che pecca in ingenuità, strabordante pagine (addirittura 300), cliché e tanta, troppa retorica. Ma La mia vita con John F. Donovan non è nemmeno quel disastro raccontato dai critici d’America, che l’hanno talmente stroncato da non fargli mai vedere la luce in sala. 35 milioni di budget buttati dalla finestra, con tre premi Oscar come Natalie Portman, Susan Sarandon e Kathy Bates, un bimbo prodigio come Jacob Tremblay e un’icona televisiva come Kit Harington a disposizione.

Dolan prova a sviscerare i tradizionali diavoli interiori di chi fatica a dover accettare il proprio io, intrecciando rapporti famigliari e sentimentali, guardando con attenzione a quello show business che tutto divora, sentenzia, etichetta, a quel gossip che travolge, forma e distrugge carriere. Ma la visione del regista è solo parziale, perché dal delinquenziale montaggio finale Xavier ha tagliato parti ricche, necessarie, insostituibili. Il ruolo di Jessica Chastain, giornalista scandalistica che fa esplodere il ‘caso’ Donovan, non esiste più, privando l’intero impianto di uno scheletro che arriva inevitabilmente zoppo in sala, semplicemente stravolto. Ad un certo punto, inspiegabilmente, compare e scompare nel nulla Michael Gambon, mentre personaggi tutt’altro che secondari come quello della Sarandon, opprimente madre traboccante amore, e della Bates, manager d’altri tempi, devono accontentarsi delle briciole (per non parlare del fratello e della finta fidanzata).

In due ore piene Dolan ripercorre la vita e la carriera di John F. Donovan, raccontata ad una giornalista da un ormai cresciuto Rupert Turner (Ben Schnetzer), dall’ascesa al declino, mentre per la prima volta nella carriera registica di Dolan persino la musica non trova la giusta amalgama, seminando tracce scordate. Eppure con tutti i suoi difetti, visibili e inattesi, viste le precedenti opere di uno Xavier evidentemente appesantito dalle responsabilità e frenato dalle proprie ambizioni, La mia vita con John F. Donovan è un film che ha un cuore, un’anima, una precisa idea snaturata a riprese finite, e che probabilmente nessuno vedrà mai nella sua versione originale. Ed è qui, purtroppo, che risiede il principale rimpianto.

[rating title=”Voto di Federico” value=”5,5″ layout=”left”]

La mia vita con John F. Donovan (Usa, 2017, drammatico) di Xavier Dolan; con Kit Harington, Natalie Portman, Jacob Tremblay, Susan Sarandon, Kathy Bates, Ben Schnetzer, Emily Hampshire, Jared Keeso, Thandie Newton, Bella Thorne, Sarah Gadon, Michael Gambon – uscita giovedì 27 giugno 2019.