Home Festa del Cinema di Roma Roma 2019, John Travolta: “a causa di un mio rifiuto Terrence Malick non ha fatto film per 20 anni”

Roma 2019, John Travolta: “a causa di un mio rifiuto Terrence Malick non ha fatto film per 20 anni”

Disponibile, sorridente e in gran forma, John Travolta ha illuminato il red carpet capitolino.

pubblicato 22 Ottobre 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 16:02

65 anni portati benissimo, John Travolta si è presentato a Roma come un divo d’altri tempi. Gentilissimo, disponibilissimo, sempre sorridente e onestamente amabile, ha trascorso quasi un’ora sul red carpet della Festa del Cinema di Roma, dispensando centinaia di autografi, interviste e selfie. Nella Capitale con il suo ultimo film The Fanatic, il due volte candidato agli Oscar è stato premiato dal direttore Antonio Monda con un premio ‘speciale’, proprio per la sua sentita interpretazione di un fan particolarmente ossessivo.

Nell’incontro con il pubblico, in una sala Sinopoli gremita e assai partecipe, Monda ha ripercorso la carriera di Travolta attraverso le clip di alcuni suoi celebri film. Pronti, via e sala in delirio con Grease, seguito a ruota da Urban Boy. Travolta, che è arrivato a Roma guidando il suo aereo personale (“è stato un bellissimo volo“), ha ammesso di amare particolarmente il ballo, rispetto al canto e alla recitazione. Fortunatamente per lui, “la stragrande maggioranza dei registi ha sempre voluto che io ballassi, è una cosa che ho sempre amato fare e un po’ mi manca. A tal punto dall’aver recentemente girato un video con Pitbull dove ballo il tango”.

Origini siciliane, John viene da una famiglia di artisti, con mamma regista e sorella attrice.

In famiglia eravamo tutti così ossessionati dal cinema che vedevamo Fellini, Sophia Loren. Questo spirito dello spettacolo mi è stato inculcato sin da piccolo. Vengo da una famiglia di artisti, erano tutti d’accordo con la mia idea di diventare attore. Non ci furono resistenze nei miei confronti. Questo voler recitare è stato ben accolto, se non addirittura sollecitato. A dispetto di molte famiglie della mia generazione, sono stato fortunato. I miei genitori mi hanno insegnato ad avere fiducia in me stesso. Mia madre era una bravissima regista e una bellissima attrice, dal grande talento Era una donna molto professionale nell’approccio cinematografico, in quel che faceva. I miei genitori mi hanno insegnato principalmente ad essere bravo in quel che faccio, ad essere un professionista, profondo nella costruzione di un personaggio. Come se fossi una ricetta. Come molti altri registi di talento, mia madre era delicata, riduceva al minimo la sua presenza, dandoci l’opportunità di costruire i nostri personaggi.

La terza clip mostrata al pubblico omaggia Blow Out di Brian De Palma, film del 1981 con le musiche di Pino Donaggio.

Brian è un regista adorabile, è stato un piacere lavorare con lui. Mi scelse per Carrie, mio primo film del 1976. Con Blow Out mi lasciò la possibilità di fare delle scelte, perché si fidava ciecamente di me. Mi disse che il mio compito era quello di fare l’attore, quindi mi lasciò spazio.

Nel 1998, con Mike Nichols, John ha invece indossato gli abiti del Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton ne I colori della vittoria.

Non sapevo nulla della governance degli Stati Uniti d’America. Mi sono messo a studiare la politica USA, la gerarchia del potere. Questo perché credevo che un presidente queste cose le debba sapere. Mi è venuto facile calarmi nel personaggio. Mike Nichols fu un piacere, una volta venne nel mio camper e io l’accolsi come se fossi il Presidente, come se fossi Clinton. Fui molto professionale, come mi aveva consigliato da piccolo mia madre. Clinton, invece, è stato molto gentile, quando l’ho conosciuto.

Tra i tanti ruoli rifiutati da Travolta, se ne ricordano quattro che sono poi tutti andati allo stesso attore. Richard Gere. Si parla de I Giorni del Cielo, American Gigolo, Ufficiale Gentiluomo e Chicago.

I Giorni del Cielo fui costretto a rifiutarlo perché avevo altri impegni contrattuali. American Gigolo lo rifiutati perché discussi con Paul Schrader, il regista. Con Ufficiale e Gentiluomo, scritto per me, scelsi la vita al cinema, essendo diventato un vero pilota di jet. Chicago fu invece colpa mia, me l’hanno proposto tre volte. Io sono cresciuto in un’era in cui le donne amavano gli uomini. Donne come Elizabeth Taylor, la Loren, la Bardot, amavano gli uomini. Vidi Chicago a teatro e tutte le protagoniste odiavano gli uomini. I produttori me l’hanno offerto più e più volte e dissi di no, ma quando ho visto il film mi sono reso conto che era molto diverso dal musical teatrale. E’ così pieno di sentimenti, alla fine si capisce anche perché quelle donne provassero tanta rabbia nei confronti degli uomini. Non avevo chiesto incontri con il produttore o il regista, per capire dove volessero eventualmente modificare il personaggio. E ho sbagliato, dovevo essere più furbo e intelligente. Richard Gere non mi ha mai ringraziato. Mi offrirono anche Splash, poi andato a Tom Hanks. E neanche lui mi ha mai ringraziato, ma con lui ho ottimi rapporti.

Nel 1998, invece, Travolta prese parte a La Sottile Linea Rossa, capolavoro di Terrence Malick da lui così ricordato.

Terrence è la persona più sensibile che abbia mai conosciuto. Lui sente, percepisce, è sensibile con tutto il suo corpo. Quando stava girando I Giorni del Cielo mi scelse come protagonista, ma a causa di problemi contrattuali non potei accettare. Per 20 anni Terrence non ha più fatto film. Mi raccontarono che non aveva più lavorato a causa di quel rifiuto. Sul set de La Sottile Linea Rossa gli chiesi se fosse vero, se la causa fosse mia, e lui mi rispose che era vero. Quel rifiuto gli aveva talmente spezzato il cuore, che Hollywood gli avesse impedito di avere me, che nella su visione del film ero fondamentale, la chiave, dall’aver deciso di non voler più lavorare. Da bimbo, a 4 anni, con Giuletta Masina che moriva ne La Strada, chiesi a mio padre come mai fosse morta, e lui mi spiegò che era morte di crepacuore. Allora mi promisi di non ferire mai più nessuno, per non far provare più un simile dolore a nessuno. E invece ho poi provocato dolore a Terrence Malick.

Impossibile non pensare ai primi film di Travolta, da Carrie – lo Sguardo di Satana al boom de La Febbre del Sabato Sera, successo epocale preceduto da un clamoroso rifiuto.

Quando avevo 17 anni feci un provino per interpretare Gesù in Jesus Christ Superstar, ma ero troppo giovane. Però il produttore scrisse su una pagina, ‘questo ragazzo è troppo giovane per lo spettacolo ma tenetelo d’occhio perché ha talento’. E lui conservò quel foglietto. Diversi anni dopo me l’ha mostrato, dopo avermi offerto il ruolo da protagonista ne La Febbre del Sabato Sera e in Grease. Quindi mai dire mai, quando uno pianta un semino, quale possa essere la magia che può nascere. Da qualcosa che va storto, può uscire qualcosa di grande.

Chiusura, immancabile, con Pulp Fiction di Quentin Tarantino, che gli rilanciò la carriera e lo portò a strappare una nomination agli Oscar e una ai Golden Globe. Un ruolo, quello di Vincent Vega, vagamente creato dallo stesso Travolta.

Fu una mia idea, quella del look, Vincent Vega era un personaggio unico. Nello script c’era scritto che lui era stato diversi anni ad Amsterdam, e io sono stato ad Amsterdam. Ricordo quel viaggio, avevo visto un sacco di capelloni. Così ho suggerito a Tarantino un taglio di capelli lunghi, lui non era convinto. Poi nel provino, con l’orecchino e i capelli lunghi, agitando la testa, l’ho convinto.

Un film, Pulp Fiction, in cui John ci mise del suo in una celebre scena, improvvisando. Quella del colpo di pistola partito per caso, facendo scoppiare la testa al passeggero.

In quel caso cambiai un paio di cose. Quando gli esplode la faccia, cosa assai grottesca, provai a controbilanciare quella crudezza. Così modificai la reazione del mio personaggio, per alleggerire la situazione.

Chiusura, inevitabile, con questo The Fanatic, in cui Travolta indossa gli abiti di un fan sfegatato di un attore action. Uno stalker, realtà che John non ha mai conosciuto direttamente.

Non mi è mai capitato, perché ho sempre avuto ottimi rapporti con i miei fan, ma sono rimasto affascinato da questo personaggio, perché questa passione nei confronti di qualcosa la capisco, in parte sono così. Credo sia stata una delle mie interpretazioni preferite, d’altronde ho tutte le conoscenze tecniche per interpretare personaggi strani.

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