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Persepolis, la recensione

Persepolis (Persepolis, Francia, 2007) di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud. Teheran, 1978. Marjane è una splendida bambina di 8 anni, che sogna di diventare profeta, fortunata nel vivere in una famiglia moderna, con tanto di splendida nonna rivoluzionaria e combattiva. Piccola idealista, Marjane vivrà sulla propria pelle la rivoluzione iraniana e la caduta del terribile

3 Marzo 2008 11:14

Persepolis Recensione Persepolis (Persepolis, Francia, 2007) di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud.

Teheran, 1978
. Marjane è una splendida bambina di 8 anni, che sogna di diventare profeta, fortunata nel vivere in una famiglia moderna, con tanto di splendida nonna rivoluzionaria e combattiva. Piccola idealista, Marjane vivrà sulla propria pelle la rivoluzione iraniana e la caduta del terribile Scià. Nasce la Repubblica islamica e inizia il periodo dei pasdaran, che con la forza e la repressione impongono i comportamenti e i costumi dei cittadini.

La guerra con l’Iraq di Saddam distrugge le fondamenta di Teheran, sempre più oppressa dal potere, e Marjane, appena 14enne ma già rivoluzionaria, fugge a Vienna per evitare conseguenze peggiori. Qui cresce, scopre l’adolescenza e la rivoluzione sessuale, l’amore e il dolore che questo può portare, la solitudine e l’orgoglio delle proprie origini, in un trionfo dell’immaginazione che fa gridare al capolavoro.

Tratto dall’autobiografia a fumetti in due volumi di Marjane Satrapi, ma realizzato a quattro mani con Vincent Paronnaud, Persepolis ha giustamente trionfato a Cannes, dove ha vinto il Premio della Giuria, e avrebbe probabilmente meritato maggiore attenzione anche agli Oscar, dove è stato sconfitto dall’apparentemente imbattibile Ratatouille.

Una pagina di storia contemporanea, vera, dura e cruda, raccontata in modo magistrale attraverso un cartone atipico, che mette finalmente da parte il 3 D, per tornare al bianco e nero, a pochi sprazzi di colore, ad un’animazione volutamente ‘artigianale’, capace di ammaliarti dal primo all’ultimo minuto.

Abbiamo una piccola bambina cresciuta in una magnifica famiglia, dove tutto viene detto e nulla nascosto, con un nonno morto in prigione, uno zio fucilato dal regime, e una nonna combattiva e idealista, semplicemente magica con i suoi gelsomini dentro il reggiseno.

Marjane Satrapi porta sullo schermo un ritratto d’autore, visionario, underground, una serie di tavole d’animazione che sfiorano il concetto d’arte contemporanea, raccontando le follie di un paese dilaniato da decenni di guerre, attraverso gli occhi di una piccola bambina incapace di sottomettersi al volere altrui, matta di Bruce Lee, dei Bee Gees, degli Iron Maiden, comprati addirittura al mercato nero nascosta sotto il fastidioso e caldo chador. Una piccola e irresistibile morettina affascinata dall’occidente e da tutto quello che ne consegue, in un paese dove è vietato anche tenersi per mano in strada, se non si è sposati.

Un film sorprendente, che emoziona, diverte, che porta a riflessioni importanti, raccontato in modo innovativo, attraverso un bianco e nero che affascina in maniera incredibile, con sfumature di uno splendido carboncino che graffiano lo schermo, dando quella sensazione di artigianalità che rende il tutto ancora più speciale.

Un piccolo capolavoro che andrebbe fatto vedere nelle scuole, un film politico fermo e diretto sulle proprie idee, che non nasconde, non si autocensura, arrivando dritto all’obiettivo prefissato, ovvero al ripudio totale dell’integralismo, a cominciare da quello islamico.

Un cartone animato che entra di diritto nella storia del genere, diventando il manifesto femminista più riuscito degli ultimi 10 anni.

Voto Federico: 9
Voto Gabriele: 8
Voto Simona: 9
Voto Carla: 9

Festival di CannesPremio Oscar