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Noir in Festival 2019, intervista a Daniel Alfredson per la trilogia di Intrigo

Una breve chiacchierata sulla trilogia di Intrigo, scritta da Håkan Nesser e diretta da Daniel Alfredson, che il Noir di quest’anno porta dentro e fuori Concorso

pubblicato 10 Dicembre 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 15:06

Una delle prime domande che abbiamo posto a Daniel Alfredson verte su cosa, quali elementi, l’hanno spinto a prendere in considerazione la trilogia scritta da Håkan Nesser. Ai tempi di Millennium la risposta fu semplice, quasi telefonata, ossia il personaggio di Lisbeth, ciò che deve affrontare, il modo in cui viene trattata. Essendo Intrigo un progetto diverso, con più personaggi, un discorso del genere viene inevitabilmente meno, perciò la risposta sta nel passato. Un passato che riemerge in tutti e tre gli episodi, violento come una valanga.

Al Noir in Festival il regista svedese porta la sua versione della Trilogia di Intrigo (composta da Morte di uno scrittore, Samaria e Dear Agnes), che Nesser scrisse negli anni ’90. A tal proposito lo scrittore, incalzato in merito al grado di partecipazione alla stesura della sceneggiatura, ha confermato che il suo contributo si è limitato ad un consulto e nulla più, dato che per lui tornare su questi tre libri è stato quasi come leggerli per la prima volta. D’altra parte, dato il genere, si tratta di meccanismi che, laddove modificati, si rischia di comprometterli: ad Alfredson tutto ciò non interessava, essendo la complessità della trama componente sufficiente ad attrarlo, rispettandone conseguentemente il funzionamento.

Perciò, a certe condizioni, al di là dell’adattamento in sé, dove un regista è chiamato ad intervenire in maniera più incisiva? In primis, ovviamente nella scelta degli interpreti. Nesser, manco a dirlo, chiarisce di non essersi ispirato a nessuno in particolare (potere dell’inchiostro), dunque in questo Alfredson si è trovato completamente da solo. Solo ma, alla fine della fiera, soddisfatto – in particolare, rispetto alla scelta di Ben Kingsley, che tutt’ora ritiene appropriata, il regista svedese ritiene che l’attore si sia pure divertito ad interpretare uno stronzo di quella portata.

Altro versante su cui chiaramente un cineasta è tenuto a individuare la soluzione più adatta sta nell’ambientazione. Alfredson si è in particolare complimentato col suo DoP, proprio perché non è stato facile operare questa sorta di “sovversione”, dato che nessuno dei tre film, da un punto di vista visivo, si attiene a certi codici (buio o penombra, per fare un esempio), virando piuttosto su scene che si svolgono per lo più di giorno, alcune addirittura oltremodo assolate. «Il Male esiste pure alla luce del giorno», afferma Alfredson, se non altro rispetto a come questo si manifesta. Nesser ha in qualche modo confermato, legando il tutto ad una struttura oltremodo classica, che rispecchia la sua visione del mondo: in queste tre storie si tratta infatti di tornare indietro per poter andare avanti, fare luce su un evento che sembra essere risolto quando così non è. Ecco, il diavolo sta forse in questa confusione, nel dissimulare certe realtà, la cui mancata conoscenza plasma un futuro, dunque un presente diverso da come dovrebbe essere.

A questo punto resta da capire come mai tutti e tre i film non abbiano ancora una distribuzione dalle nostre parti (mentre negli USA usciranno a gennaio); Alfredson a tal proposito si è limitato a constatare quanto oramai tale processo sia infernale e che ci sono peraltro state delle complicazioni. Purtroppo all’epoca delle negoziazioni le piattaforme streaming non furono un’opzione, mentre oggi le prenderebbe decisamente in considerazione. Resta il fatto che Alfredson e Nesser stanno lavorando ad un quarto film da integrare alla Trilogia, inizialmente contemplato come storia extra, contenuta per esempio nell’edizione tedesca, che, a differenza dell’italiana, non è uscita in tre libri ma in un’unica soluzione. Prima di congedarci, abbiamo chiesto ad Alfredson se c’è un film che di recente l’ha colpito: si tratta di The Irishman, con particolare riferimento al processo di de-aging, pratica che lo incuriosisce non poco.