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I migliori film italiani del decennio, la Top10

Un decennio di assoluta qualità, quello vissuto dal cinema italiano, finalmente in grado di osare e di spaziare tra i generi.

pubblicato 26 Dicembre 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 14:51

In attesa delle nostre Top20 del decennio, e dopo aver visto le nostre Top10 del 2019, proviamo a concentrarci sul cinema italiano, che in questi ultimi 10 anni ha vinto premi nei festival più importanti del mondo.

Il Leone d’Oro a Sacro GRA di Gianfranco Rosi, il Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes vinto da Reality e da Le Meraviglie, da legare al Prix d’interprétation masculine vinto da Elio Germano nel 2010 e da Marcello Fonte nel 2018, oltre al Prix du scénario ad Alice Rohrwacher per Lazzaro Felice; gli Orsi d’Oro vinti a Berlino da Cesare deve morire di Paolo e Vittorio Taviani e Fuocoammare di Gianfranco Rosi, gli EFA vinti da Paolo Sorrentino con Youth – La giovinezza e La Grande Bellezza, in trionfo anche agli Oscar, ai Golden Globe, ai BAFTA.

Un decennio che ha visto la cinematografia nostrana aprirsi ai generi, spaziando come non capitava da tempo e abbracciando nuovi acclamati autori. Cercare di classificare appena 10 film in 10 anni è impresa ardua, perché tanto abbiamo visto e apprezzato dal 2010 ad oggi, ma un tentativo andava fatto.

[accordion content=” la Top10″ title=”I migliori film italiani del decennio”]

10) L’uomo che verrà di Giorgio Diritti: Marc’Aurelio d’Oro del pubblico al miglior film e il Gran Premio della Giuria Marc’Aurelio d’Argento al Festival del Cinema di Roma del 2009, uscì nelle sale d’Italia solo a inizio 2010, ottenendo sedici candidature ai David di Donatello 2010, vincendo tre premi, fra cui quello per miglior film, e sette candidature ai Nastri d’argento 2010, vincendone tre (recensione).

9) Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese: quando una commedia vince il David come miglior film, c’è da strabuzzare gli occhi e fargli i complimenti. Film entrato nel guiness dei primati per numero di remake girati in tutto il mondo, è un trionfo interpretativo e di scrittura, firmata da Paolo Genovese, Filippo Bologna, Paolo Costella, Paola Mammini e Rolando Ravello (recensione).

8) Non essere cattivo di Claudio Caligari: senza quest’opera, la terza e ultima di Caligari, il cinema italiano non avrebbe probabilmente mai realmente scoperto Luca Marinelli e Alessandro Borghi (recensione).

7) Il capitale umano di Paolo Virzì: 7 David vinti, 7 Nastri, due nomination agli European Film Awards e una candidatura mancata agli Oscar, dove si presentò come nostro cavallo di battaglia. Il Virzì che non ti aspetti, in grado di allontanarsi dalla propria commedia per sposare un genere solo apparentemente a lui distante (recensione).

6) Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti: la dimostrazione che anche in Italia si può osare, fare cinema di genere e di qualità, partendo persino da un budget ridotto. 5 anni dopo, Mainetti è finalmente pronto al bis con l’attesissimo Freaks Out (recensione).

5) Martin Eden di Pietro Marcello: rileggere un classico con coraggio, facendo leva sulla maestosa interpretazione di Luca Marinelli, Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Venezia (recensione).

4) Dogman di Matteo Garrone: 9 David vinti, 8 Nastri, e una candidatura mancata agli Oscar, Dogman ha ribadito, casomai ce ne fosse ancora il bisogno, l’assoluta grandiosità del regista romano (recensione).

3) La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino: l’opera che ha definitivamente benedetto il regista napoletano. Premio Oscar come miglior film straniero, Golden Globe, BAFTA, quattro European Film Awards, nove David di Donatello (su 18 nomination), cinque Nastri d’Argento. Difficilmente Sorrentino riuscirà a separarsi da Jep Gambardella (recensione).

2) Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino: romanzo di uno statunitense, sceneggiatura di un inglese, ma film praticamente interamente italiano. Un miracolo costato appena 3 milioni di dollari, che ha visto Luca Guadagnino ottenere consensi anche in Italia, dopo le aperture estere passate che mai avevano fatto breccia nel Bel Paese. Film cult di un’intera comunità, a cui Timothée Chalamet, giovane protagonista, deve tutto (recensione).

1) Lazzaro felice di Alice Rohrwacher: se c’è un’autrice che il decennio ormai concluso ha consacrato, quell’autrice si chiama Alice Rohrwacher. Prima il folgorante esordio con Corpo celeste, poi la conferma con il premiato Le meraviglie, ora il decollo con il curioso e folgorante Lazzaro felice, così autenticamente sorprendente. E così immeritatamente sottovalutato dal pubblico italiano (recensione).