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Over the Moon, trailer e resoconto dal virtual junket del film d’animazione Netflix

Arriva il trailer ed i primi dettagli sul film d’animazione prodotto da Netflix, definito una lettera d’amore alla Cina

pubblicato 23 Giugno 2020 aggiornato 20 Novembre 2023 15:42


(Clicca sull’immagine per guardare il trailer)

C’è tanta Disney in Over the Moon, film d’animazione prodotto da Netflix in uscita quest’anno. E non poteva essere diversamente, dato che si tratta dell’esordio di un veterano quale Glen Keane, ovviamente da regista di un lungometraggio. Fresco è ancora l’Oscar vinto per il corto Dear Basketball (2017), basato sull’oramai celebre lettera scritta da Kobe Bryant e pubblicata su The Player’s Tribune allorché dovette dare annuncio del suo ritiro.

Disney, dicevamo. Keane è stato da quelle parti per troppo tempo, e non in ruoli marginali, per non portare altrove, quale che sia il progetto, una filosofia, un’idea specifica. Tanto più se ci si trova fra le mani un soggetto del genere, con protagonista una bimba, chiamata a compiere una missione a cavallo tra realtà e fantasia. Over the Moon, l’ha evidenziato Claudia Puig nel junket che Netflix ha tenuto online su Zoom, è «una lettera d’amore alla Cina». La produttrice, Peilin Chou, da par suo ha confermato la cosa, già a partire dalle sue aspettative, che sono quelle di avvicinare il pubblico occidentale ad una realtà percepita come aliena da molti. A tal proposito c’è un appunto della Chou che mi pare si riveli piuttosto indicativo, quando definisce il progetto un po’ come «visitare la Cina attraverso un film d’animazione e fare esperienza delle sue persone e della sua cultura».

Keane a riguardo non fa che confermare: «credo che l’elemento più interessante per me è stato prendere atto di come tutto ruoti attorno al cibo e alla tavola». È stato questo perciò il punto attorno al quale costruire la storia, componente a suo modo chiave almeno nell’ottica del racconto, e che senz’altro si può riscontrare in tanti film provenienti da quell’area, che si tratti di Cina, Hong-Kong, Taiwan ed in generale un po’ tutto il cinema orientale e mediorientale. Non a caso, come potete vedere nel trailer, c’è una scena, a quanto pare centrale, che si svolge proprio a cena, con tutta la famiglia riunita a tavola.

Una storia i cui echi non fanno che rimandare in maniera ancora più netta al cosmo dal quale Keane proviene, basata appunto sul concetto di perdita ed elaborazione del lutto, specie in giovane età, e di come la speranza data dalle storie, miti o leggende che siano, possa rivelarsi fondamentale per superare tutto ciò, o quantomeno imparare a rapportarcisi.

Si potrebbe star qui a discutere a oltranza circa le premesse oltre che le implicazioni di un progetto come Over the Moon, ma dal nostro punto di vista c’è un passaggio che ci pare significativo, anche perché va oltre questo progetto e ci dice qualcosa su cui, da spettatori, vale la pena soffermarsi. Mi riferisco a quello in cui Glen Keane descrive la sua collaborazione con Netflix.

Beh, Netflix è unica, nel senso che al suo interno non c’è uno stile che è di casa. Si tende ad assecondare la visione personale anziché imporne una. All’inizio Melissa Cobb e Peilin hanno parlato di questo. Una cosa del tipo, no, vogliamo fare il tuo film. E questa cosa si è rivelata vera. Voglio dire, abbiamo fatto questo film ad una velocità impressionante. Siamo stati i primi in questo piccolo studio d’animazione Netflix. Gennie ha incredibilmente creato dal nulla questo piccolo studio, riunendoci tutti insieme. E nel giro di quattro, cinque mesi, avevamo già il film con otto brani scritti e tutti gli storyboard come Cathy ci aveva detto. Tutto è accaduto molto velocemente.

Dunque la conclusione: «questo è stato il nostro film». Keane non è certo il primo a compiacersi di questa libertà creativa offerta in ambiente Netflix; chiaramente parliamo di un personaggio affermato, che con ogni probabilità non si sarebbe nemmeno imbarcato in un’impresa del genere qualora talune condizioni non gli fossero state garantite. Nondimeno le sue dichiarazioni sono importanti in un’ottica alla quale è già stato fatto più volte riferimento: con lo studio system per forza di cose ancorato a certi schemi, dai quali ok, si cerca faticosamente di venir fuori, avere una piattaforma nell’ambito della quale una certa libertà creativa è possibile, almeno per alcuni autori, non può che incidere su ciò che vedremo nei prossimi anni, oltre che su come lo vedremo.

Non vogliamo sembrare troppo ingenui, tanto più che si tratta di dinamiche ancora in divenire. Allo stato attuale peraltro c’interessa poco esaltare uno schema anziché un altro. Over the Moon rappresenta il primo tentativo di fare qualcosa di tale portata relativamente all’animazione da parte di Netflix, dopo aver già dimostrato di essere capace di gestire progetti di un certo peso in altri settori, vedasi Roma e The Irishman. In ballo insomma c’è molto più del successo o meno di un singolo film, e partire col piede giusto avrebbe un impatto notevole, e a più livelli. Non so se l’intenzione di Netflix sia quella di insidiare giganti come Disney appunto, Pixar, DreamWorks ed altri. Sta di fatto che la sfida è lanciata e le intenzioni sembrano decisamente serie.

Per concludere, ci congediamo con la sinossi del film, che approderà su Netflix in autunno.

Una brillante ragazzina, spinta dalla determinazione e dalla passione per la scienza, costruisce una navicella spaziale per andare sulla Luna e dimostrare l’esistenza della leggendaria dea che vi abita. Una volta atterrata, rimane coinvolta in una ricerca inaspettata e scopre un luogo bizzarro popolato da creature fantastiche.

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