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Grandi Speranze: Recensione del film di Mike Newell

Ennesima trasposizione del celebre romanzo di Charles Dickens, Grandi Speranze approda oggi nelle in sala. Ecco la nostra recensione

pubblicato 6 Dicembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 19:32

Fra trasposizioni e rifacimenti, abbiamo perso il conto. Portare nuovamente sul grande schermo un racconto come Grandi Speranze è indice di certe cose, alcune positive, altre meno. In primis ciò la dice lunga sulla portata dell’opera di Charles Dickens, oggettivamente senza tempo, o che comunque si è conservata intatta anche a distanza di centocinquant’anni. L’aspetto meno edificante, invece, riguarda se vogliamo il medium cinematografico in relazione a tali iniziative. Non tanto perché si ostini a mettere in scena un romanzo già trasposto in parecchie occasioni, quanto perché continua a struggersi nel portare a termine tale operazione in maniera inequivocabilmente degna, ottenendo risultati a dire il vero altalenanti.

Grandi Speranze non è un film malvagio, sia chiaro. Tuttavia non lo si può nemmeno considerare del tutto riuscito. E le responsabilità in tal senso ci pare ricadano essenzialmente su Mike Newell. Quest’ultimo fatica ad imporre per l’intera durata della pellicola un taglio che sembri appropriato al contesto. La sua è una regia decisamente ordinata, forse pure troppo, ma che manca di estro, profondità.

E sì che i mezzi per metter su qualcosa di ben più potente ci sono tutti. Grandi Speranze è un film tecnicamente quasi ineccepibile, per via di una serie di componenti che a breve andremo ad esaminare. Ma poiché ogni opera cinematografica degna di tale nome è sempre qualcosa di diverso rispetto alla somma delle proprie parti, tale assunto stavolta non tende certo ad agevolare l’ultima fatica di Newell.

Non possiamo far finta che Grandi Speranze sia tratto da un romanzo come un altro, scritto da un autore come un altro. Tanto più che questa ennesima trasposizione non tenta la via della rivisitazione in nessuna salsa, come accaduto ad esempio con Paradiso Perduto di Alfonso Cuarón. Qui la messa in scena si limita davvero a poche limature, tolto chiaramente il lavoro operato al passaggio dalle pagine del libro alla pellicola, evidentemente.

Uno degli appunti più rilevanti che bisogna fare riguarda i personaggi non protagonisti. Tra le peculiarità di Dickens spicca certamente la sua abilità nel tratteggiare profili dinanzi ai quali è quasi impossibile restare indifferenti. Che si tratti degli amici di Pickwick ne Il Circolo Pickwick, di Steerforth o Miss Peggotty in David Copperfield, o ancora di Nupkins, Bumble e Tigg in Tempi Difficili, lo scrittore inglese riusciva a dotare di un’anima ognuno dei suoi personaggi, per quanto secondari. Al di là della fedeltà della trasposizione, dunque, ciò che viene meno sono alcune premesse fondamentali.

Jason Flemyng è un buon Joe Gargery, ma l’unico momento in cui si riesce ad instaurare una certa empatia con lui è in occasione del suo incontro con Pip a Londra. Helena Bonham Carter non riesce proprio a scrollarsi di dosso la sua oramai proverbiale immagine grottescamente dark, tanto che viene da chiedersi come Newell aveva in origine pensato Miss Havisham. Ralph Fiennes difficilmente sbaglia, ed infatti Magwitch risulta pressoché impeccabile. Bene Robbie Coltrane, altro fuoriclasse indiscusso, e da tenere d’occhio il giovane Olly Alexander. Capitolo a parte meritano i due protagonisti, ossia Jeremy Irvine e Holliday Grainger. Premettiamo che ahinoi abbiamo assistito alla versione doppiata, non potendo quindi apprezzare a pieno la recitazione di nessuno degli attori impegnati in questo film. Tuttavia, se la prova di Irvine ci ha almeno in parte convinto, un po’ meno vale per la Grainger. Estella è un personaggio molto particolare, limitato nella propria sfera emotiva, poiché essenzialmente cresciuta per essere una macchina accalappia-uomini. Concediamo il beneficio del dubbio alla resa del doppiaggio originale; ma in italiano purtroppo non entusiasma.

Peraltro quello che manca a Grandi Speranze, dato l’indirizzo che si è deciso di seguire, è a nostro parere un maggiore rigore formalistico. Da un film in costume, ambientato in quell’epoca, era lecito aspettarsi un taglio diverso, anche a costo di sfociare in taluni frangenti nella maniera. Ed invece, come abbiamo avuto modo di evidenziare, la regia di Newell si concede poco. Non correndo quasi nessun rischio, in tal senso, il risultato è quello di un buon tenore, tendente però all’anonimato. Altrove questo aspetto lo si è esaltato, ma in simili contesti, considerata la natura dell’operazione, servono più che mai registi in grado di dare un’impronta netta ed inequivocabile. Quello di Newell, invece, per quanto tale espressione possa apparire inflazionata, è tutt’al più un lavoro di mestiere.

E laddove Grandi Speranze funziona, come nella prima parte, lo si deve essenzialmente all’operato di Dickens. Così come per il mistero che ci cela dietro l’ascesa di Pip nella Londra bene, che assume consistenza in maniera troppo brusca, dopo essersi trascinato quasi fino alla fine in maniera eccessivamente didascalica. Andamento nemmeno addolcito dall’humor, innocente o smaliziato che sia, tipico della penna di Dickens. Qui la verve ironica viene quasi espunta da Newell, che volontariamente o meno riesce a servirsene solo in rari casi.

Peccato perché, anche questo lo abbiamo sottolineato, poche critiche si possono muovere ad altre componenti non meno importanti. Fotografia evocativa, costumi affascinanti e scenografia niente male. Nondimeno, anche in relazione agli ambienti, qualcosa che ci ha lasciato l’amaro in bocca c’è. Ci saremmo infatti aspettati una Londra protagonista aggiunta della vicenda, ed invece le tante inquadrature strette non ci permettono di poter apprezzare nient’altro al di là di alcuni vicoli quando si tratta di esterni. Aspetto completamente ribaltato per le scene in campagna, ricche di campi lunghi ed inquadrature ad effetto.

Insomma, Grandi Speranze regge tutto sommato dignitosamente, salvo il dover constatare quanto la sua mancata ambizione incida in maniera notevole sulla sua parziale riuscita. Un film che non percorre pressoché in alcun caso la via della straordinarietà, elemento che poteva rivelarsi vero valore aggiunto per una trasposizione di cui forse si poteva fare a meno; o forse no. Ma il solo porsi questa domanda, a prescindere dalla risposta, ci pare di per sé piuttosto eloquente.

Voto di Antonio: 6
Voto di Federico: 6

Grandi Speranze (Great Expectations, Gran Bretagna, 2012). Di Mike Newell, con Ralph Fiennes, Helena Bonham Carter, Jason Flemyng, Robbie Coltrane, Holliday Grainger, Jeremy Irvine, Ewen Bremner, Sally Hawkins, Sophie Rundle, David Walliams, Jessie Cave, Ralph Ineson, Tamzin Outhwaite, Olly Alexander, Ben Lloyd-Hughes, Helena Barlow, Shonn Gregory e Malcolm Tierney. Da oggi, 6 Dicembre, nelle nostre sale. Qui trovate il trailer italiano.