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Christopher Doyle apre al ritorno con Wong Kar-wai

Le strade di Doyle e Wong Kar-wai potrebbero incrociarsi di nuovo, mentre il DoP si prepara al suo primo film australiano da regista

20 Gennaio 2021 18:38

Di recente il Sydney Morning Herald ha intervistato Christopher Doyle, l’occhio dietro ad alcuni dei film più celebrati di Wong Kar-wai, ed in generale un direttore della fotografia formatosi tra le luci al neon e le vie strette di Hong Kong. Inutile dire però che le sorti di questo fruttuoso sodalizio è stato oggetto di svariate discussioni, con i due diretti interessati le cui strade a un certo punto si sono divise, e per un po’ si è creduto in via definitiva.

La testata australiana tuttavia è riuscita a scippare a Doyle quella che di fatto è un’apertura, non sappiamo se già concordata o meno, circa la possibilità che il DoP nato in Australia torni a collaborare col regista di Hong Kong. Di seguito quanto dichiarato a tal proposito, accostandosi ai film girati insieme.

Quei film non sono stati fatti da me e Wong Kar-wai, bensì dall’energia delle persone del luogo in quel periodo della storia. Ora sfortunatamente, come probabilmente saprai e come in particolar modo la stampa australiana ti dirà, è finita. Ma non credo proprio. Credo che ancora ci sia qualcosa da fare e che perciò torneremo a lavorare insieme in qualche modo.

Attualmente Doyle è alle prese con Immunodeficiency, progetto da 6 milioni di budget le cui riprese si terranno proprio in Australia, cosa per lui inedita. I protagonisti saranno Tilda Swinton e l’attore giapponese Joe Odagiri, nel cui ultimo film da regista, They Say Nothing Stays the Same (presente a Venezia in Giornate degli Autori nel 2019), Doyle ha peraltro curato la fotografia.

Qualche parola, per chiudere, Doyle l’ha spesa, verrebbe da dire inevitabilmente, pure sull’attualità, giudicando 2046 un film profetico, con la differenza che tale profezia si è avverata con ventisei anni d’anticipo. Il riferimento è a quanto la Cina dichiarò nel 1996 in relazione alla promessa di non interferire negli affare di Hong Kong per i successivi cinquant’anni; termine che effettivamente, alla luce di quanto avvenuto nei mesi scorsi, pare clamorosamente essere venuto meno.