In punta di piedi alla Mostra del Cinema 2017

La sapienza della coppia Baratta e Barbera ha creato da qualche tempo qualcosa di nuovo. Ad esempio ha stroncato dolcemente le polemiche appartenute da sempre alla gloriosa e spesso fanatica storia della Mostra; lo ha fatto con classe, allontanandosi dai residui tenaci della tradizione fascista (iniziata nel 1932 con la inaugurazione della Mostra a braccetto del nazismo). Lo ha fatto ricordando, senza nostalgia, rimuovendola, la presa del potere nel dopoguerra della Democrazia Cristiana. E successivamente ha messo in soffitta le gestioni di Gian Luigi Rondi che oggi tutti lodano, quando si ricordano, per le sue capacità di navigatore cinepolitico: da Andreotti alla iscrizione in fin divina alla Associazioni dei Partigiani e al Partito Democratico. Una dipartita, da qui in poi, salutata da grandi- piccole firme del giornalismo, e zone vicine, cine-editoriali: concerti di violini da tutte le parte, comprese le più pettegole e mondanizzanti.

Adesso, negli anni recenti, si sono smorzati gli ultimi respiri della contestazione cominciata nel 1968 e tenuta a bada negli anni con entrate e uscite di antirondiani o di rondini accomodanti, pescati nella sinistra dal volto gentile, umano, confidenziale.

E’ continuata, in sostanza, quella gestione politica della cultura che spesso si dimentica la cultura e si preoccupa dei posti e degli onori ufficiali, istituzionali, per tirare avanti almeno con decoro e languore cineteatrale, ipnotizzando le varie e mutevoli strategie di comunicazione, quasi tutte timide, di basso livello, distratte dalle chiacchiere e dai film per consumare almeno una dignitosa festa.

Ma ecco che Barbera, appena confermato, ha deciso di affrontare con decisione il rischio della morta gora e di sfidare addetti ai lavori e sonni della critica, oltre che del pubblico. Ha deciso di puntare risolutamente sul cinema italiano, valorizzando la presenza della selezione italia, e di unirsi a Baratta nell’accettare le sfide tecnologiche e produttive da anni in atto ma non sempre colte, anzi abbandonata fatalmente a una naturala smemoratezza.

Mi rifiuto di scrivere sulla temperatura della vigilia. E’ sempre buona, anche quando è annoiata, avvilita in selezioni collaterali, le cui scelte sono ovviamente opinabili ma non riescono a correggersi nel tempo, rimanendo fedeli al male della burocrazia del cinema che è ghiotta, avida e superficiale.

Spaventevole situazione che rammenta gli anni, senza Mostra, in cui il prof. Aschenbach veniva al Lido, poi immortalato da Luchino Visconti nel bel film “Morte a Venezia”. Lo sciupato Lido, in cui è caduto nel nulla il rilancio del bellissimo, antico, solenne, elegante Hotel des Bains, ritrovo dell’epoca doro dei divi e dei registi.

Non ho alcuna nostalgia delle signore e signori, decadenti, ricchi, pronti alla noia, protagonisti delle vecchie mostre; né dei contestatori, molti dei quali catturati dalle suggestioni e dai poteri del cinema forse per vanità, forse bisogno, nella confusione di strutture passivamente solide, in attesa di un hurricane che non verrà.

Andiamo su alla Mostra, è tempo di migrare…