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L’illusionista: la recensione in anteprima

L’illusionista Regia di Sylvain Chomet Il cinema d’animazione che non accetta l’imposizione della computer graphic e della terza dimensione è vivo e vegeto, ce lo dimostra Sylvain Chomet con un film che trova nell’animazione tradizionale (anche se è semplicistico e fuorviante definirla così) il mezzo ideale per riportare alla vita un personaggio come Jacques Tati,

pubblicato 28 Ottobre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 20:09

L’illusionista Regia di Sylvain Chomet

Il cinema d’animazione che non accetta l’imposizione della computer graphic e della terza dimensione è vivo e vegeto, ce lo dimostra Sylvain Chomet con un film che trova nell’animazione tradizionale (anche se è semplicistico e fuorviante definirla così) il mezzo ideale per riportare alla vita un personaggio come Jacques Tati, attraverso una sceneggiatura dolce, divertente e malinconica scritta dal pugno di Mon Oncle stesso e rimasta dimenticata per quasi cinquanta anni. L’Illusionista è una sceneggiatura che risale agli anni Cinquanta, conservata gelosamente al Centre National de la Cinématographie di Parigi dove era classificata come Film Tati n° 4.

Ci voleva la sensibilità di Chomet, il tratto fine ma deciso dei suoi disegni, a ridare vita a un personaggio che Tati, pare, non abbia voluto interpretare perché sentiva lontano da se’. Una storia delicata di un rapporto tra un distinto anziano signore e una giovane ragazzina alla ricerca di se stessa, in una società che stava vivendo un periodo di grandi cambiamenti.

Il protagonista del film, un illusionista da avanspettacolo dalle mani enormi ma dal cuore ancora più grande, si rende conto che il pubblico non è più affascinato dalla sua arte. Siamo nella seconda metà degli anni 50, le star del rock’n roll seducono ammiccanti le giovani generazioni, la paura della Guerra è ormai lontana e il destino per la magia è quello di finire a esibirsi all’interno di una vetrina, a feste di compleanno o in teatri di terz’ordine.

La vita dell’uomo cambia quando durante uno spettacolo in un bar della Scozia, incontra Alice, una giovane ragazza innocente. Alice è un’entusiasta per natura, ancora certa che i trucchi siano vera magia, e realtà e che decide di seguirlo ad Edimburgo. L’uomo non ha il coraggio di infrangere le illusioni della giovane e la porta con se’, il candore della ragazza cambierà la vita, ma anche Alice è destinata a crescere e a capire le regole del mondo. Quel giorno purtroppo dovrà arrivare, prima o poi.

E’ stata proprio della figlia di Jacques Tati, Sophie Tatischeff, a cui era dedicata la scneggiatura, a desiderare che il film non rimanesse una carta nascosta in un archivio e, solo Chomet poteva essere il regista adatto per far rivivere Tati in absentia. Ne è nato un film dolce e commovente, rispettoso della dignità di un uomo capace di far ridere con garbo, e allo stesso tempo trasforma una storia di amore straziante (anche se platonico) in una straordinaria metafora della crescita e della perdita delle illusioni, nel senso più ampio. Ma c’è di più, Chomet racconta una storia che potrebbe essere uno specchio della realtà produttiva del mondo del cinema di animazione, dove il disegno animato sembra vivere in un’altra epoca rispetto alle tecnologie che oggi regalano animazioni digitali di impressionante dinamismo e realismo visivo.

Chomet dimostra inoltre, anche se lo spettatore più attento già lo sa, che il cinema di animazione non è un sinonimo di cinema per bambini. L’illusionista è un film splendido, che però racconta una storia profondamente legata al suo autore: pochissimi dialoghi, gag degne della miglior slapstick comedy, qualche sorriso ma un profondo senso di malinconia pervade tutto il film, come a sapere che il temuto giorno della disillusione prima o tardi arriverà.


L’illusionista
esce nelle sale venerdì 28 ottobre. Qui potete vedere il trailer italiano.
Voto Carlo: 8,5
Voto Federico: 8

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