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L’ultimo dominatore dell’aria: le recensioni della carta stampata

E’ sempre interessante confrontare i pareri dei giornalisti della carta stampata su un film. Oggi tocca a L’ultimo dominatore dell’aria di M. Night Shyamalan, da noi recensito qui e da voi giudicato qui. Maurizio Acerbi – Il Giornale: Lanciamo un appello: evitate che M. Night Shyamalan ci strazi ancora con altri due capitoli di questa

di carla
pubblicato 4 Ottobre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 19:50


E’ sempre interessante confrontare i pareri dei giornalisti della carta stampata su un film. Oggi tocca a L’ultimo dominatore dell’aria di M. Night Shyamalan, da noi recensito qui e da voi giudicato qui.

Maurizio Acerbi – Il Giornale: Lanciamo un appello: evitate che M. Night Shyamalan ci strazi ancora con altri due capitoli di questa annunciata trilogia. Se proprio, affidateli a qualcun altro; perché ci è bastato oltre misura questo primo noiosissimo e sconnesso adattamento della bella serie a cartoon Avatar – La leggenda di Aang, trasmessa su Nickelodeon, per confermare come il regista indiano abbia smarrito da tempo il suo «sesto senso». Certo, non lo aiutano quel 3D riconvertito e l’inesperto (ma incolpevole) protagonista. Lo avevano etichettato come il nuovo Spielberg; forse, intendevano il sosia brutto, come nello spot calcistico di Sky.

Roberto Nepoti – La Repubblica: I regni dell’ Aria, della Terra e dell’ Acqua stanno per essere sottomessi dal regno del Fuoco: a salvarli deve provvedere un discendente della stirpe degli Avatar, il solo capace di controllare tutti e quattro gli elementi. Trasformando una serie animata in un blockbuster a effetti speciali (e accettando la dittatura del 3D), Shyamalan ha compromesso la fama di regista di culto che si era conquistata a partire dal Sesto senso: stampa americana e fan della serie lo hanno linciato. Non del tutto a torto. La storia del riluttante eroe-bambino fatica a conciliare le ossessioni del regista con un universo di cartapesta, la spiritualità con i pupazzoni di animali volanti da heroic-fantasy.

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Paola Casella – Europa: L’ennesimo primo capitolo dell’ennesima saga cinematografica a metà fra il fantasy e l’esoterico, questa volta firmata dall’autore de Il sesto senso e The village e basata su una serie tv a cartoni animati, Avatar: the last airbender (niente a che vedere con il film di James Cameron). Il protagonista è un bambino predestinato in quanto unico essere vivente capace di dominare tutti e quattro gli elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Il primo capitolo della saga è dedicato all’aria, ma c’è un arcinemico che domina il fuoco e un’alleata che domina l’acqua. Il giovane attore che interpreta il ruolo del titolo, scoperto attraverso un casting che ha attraversato tutti gli Stati Uniti, è un campione di arti marziali oggi tredicenne che non aveva mai recitato in vita sua, ma se la cava bene in questo film.

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Boris Sollazzo – Liberazione: Era il ragazzo prodigio, un Re Mida che con il talento trasformava in oro tutto quello che toccava. Non sbagliava un colpo M.Night Shyamalan. (…) Il regista amato da addetti ai lavori e spettatori, autore di culto con The village, Signs e Il sesto senso – ma non va dimenticato il sottovalutato gioco di specchi Unbreakable – sembrava lanciato verso una carriera che l’avrebbe consegnato alla storia, se non al mito. E invece a 40 anni appena compiuti sembra finito. (…) Nelle intenzioni L’ultimo dominatore dell’aria è l’inizio di una trilogia (la solita tratta da libri), il suo incontro col 3D in un fantasy epico. A occhio e croce sembra la puntata disperata di un giocatore d’azzardo sul tavolo in cui ha già perso tutto. E il numero giusto non sembra essere uscito. L’ultimo dominatore dell’aria non ha la minima capacità di intrattenimento, ha solo accenni delle grandi capacità di regia del suo autore, che a volte sembra persino distratto e sciatto, non sa dove andare né cosa guardare per almeno tre quarti del film. La ricerca dell’Avatar, i quattro mondi, un’unica slabbrata battaglia campale si rincorrono con compassata indifferenza di chi guarda e tende a dimenticare chi o cosa sia importante nell’economia della storia. A questo va aggiunto un 3D pleonastico e spesso fuori luogo, frutto di una riconversione volta a seguire la moda imperante dell’ultimo anno. Al regista indo-statunitense, se queste sono le premesse, auguriamo che non ci siano altri capitoli e che possa ritrovarsi con una storia delle sue. Sempre che ne abbia ancora, e che il suo non sia un declino irreversibile.

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Mariuccia Ciotta – Il Manifesto: (…) Avatar ha aperto i suoi cantieri celesti e sedotto il regista di origine indiana M. Night Shyamalan, che dalla trascendenza di Il sesto senso è passato alla grande saga fantasy con L’ultimo dominatore dell’aria (The Last Airbender). Avatar – La leggenda di Aaang è il titolo della serie animata Usa all’origine del film (che ha perso il suo «Avatar» per incompatibilità con Cameron), primo nelle intenzioni della Paramount di una trilogia che non sarà mai realizzata. Almeno secondo i risultati del box-office e la stroncatura della critica americana. Shyamalan è passato dai suoi film paranormali, tutti giocati su un progressivo slittamento del reale nell’impossibile, al kolossal su misura del Signori degli anelli. Ma la storia del bambino Aang, l’ultimo superstite della stirpe dei Nomadi dell’aria, Avatar, pura essenza del cosmo, capace di dominare i quattro elementi, è una favola déjà vu, e più che evocare il fumettistico Unbreakable ricorre all’armamentario mistico-integralista di Narnia. (…) Nessun detour emozionale spezza la monotonia delle immagini, sfigurate da un 3D posticcio (la Paramount ha riconvertito il film in post-produzione). Inutilmente Shyamalan cita Miyazaki con il suo gatto-autobus volante a sei zampe o tenta il miracolo digitale in una gigantesca onda sospesa a mezz’aria. L’ultimo dominatore dell’aria è un disastro produttivo, un innesto non riuscito tra il visionario cacciatore di spettri e i piani milionari degli executives.

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Francesco Alò – Il Messaggero: E’ come Spinaceto in Caro diario. Ne senti parlare così male che poi quando ci arrivi dici: Sai che pensavo peggio?. L’ultimo dominatore dell’aria in 3D è l’ultimo fallimento (specie in Usa) di Shyamalan, il ragazzo prodigio che un tempo aveva un Sesto senso per il successo e sembrava indistruttibile (Unbreakable). Non ne imbrocca più una da almeno tre film. (…) Film sano. Unico crimine: il finto 3D. Quasi quasi si vede meglio senza occhiali. Gravissimo. Se si continua così, il pubblico insorgerà.

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Alberto Crespi – L’Unità: M. Night Shyamalan ha un grande talento per storie apparentemente «reali» nelle quali si insinua il fantastico. Successi come Il sesto senso, Signs e The Village sono lì a dimostrarlo. Andare brutalmente sul fantasy, e raccontare storielle sui Quattro Regni dell’Acqua, dell’Aria, della Terra e del Fuoco (maiuscole rigorosamente tratte dal materiale promozionale) non gli giova. Sparisce l’inquietudine (e Shyamalan è capace di distillarne a tonnellate) e tutto diventa un clamoroso videogame in 3D. L’ultimo dominatore dell’aria è uscito negli Stati Uniti nel week-end del 4 luglio, incassando meno di quanto è costato (ufficiosamente, 150 milioni di dollari). Possiamo definirlo un relativo insuccesso, vedremo come andrà in Italia. La trama, per quello che conta: i 4 regni suddetti sono in guerra, e il Fuoco sta vincendo. Il giovane Aang scopre di essere l’unico Avatar (il nome vi ricorda qualcosa?) in grado di padroneggiare gli elementi e di salvare Aria, Terra e Acqua dalla distruzione.

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Alessio Guzzano – City: E’ una Storia Infinita, sempre quella. In un mondo fantasy, in un tempo fantasy, un fanciullo reincarnato, individuato come si fa coi Dalai Lama, è l’elemento di equilibrio tra gli Spiriti e le quattro nazioni umane: Acqua, Terra, Fuoco, Aria. Rimasto ibernato per un secolo (che per lui è volato), non ha ancora completato l’addestramento per domare il poker di elementi: si scioglie nel Regno dell’Acqua, dovrà combattere quello del Fuoco padroneggiando l’Aria. Si chiama Aang, è un Avatar e viene da una serie animata. Che aveva bisogno di un Cameron, o di uno Spielberg. Invece se n’è impossessato, pare su consiglio della figlioletta, M. Night Shyamalan, regista col denso pallino dei sesti sensi e di quelli naturali, ma ormai garanzia solo di mire sbagliate. Dopo “Unbreakable” (buono) e“The Village” (mediocre), queste righe persero la fede in lui quando lo spretato Mel Gibson ritrova quella in Dio in “Signs”: sciocco abuso di marziani e cerchi nel grano a scopo micro-teologico. I pochi che hanno visto “Lady in the Water” e “E venne il giorno” sapranno quanto male gli riesca fare poesia o paura flirtando con la Natura. Qui, tra lemuri pipistrelli e ghiacciate battaglie ancestrali, per domare l’elemento Cinema servivano sguardo personale e ironia. Shyamalan usa mitici luoghi comuni e il 3D.