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In Fondo al Bosco: Recensione in Anteprima

Un noir a tinte thriller per Sky Cinema e Stefano Lodovichi, dal 16 novembre in sala con In fondo al bosco grazie ad una partnership con Notorious Pictures

pubblicato 16 Novembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 11:03

Dopo aver in qualche modo rivoluzionato il mondo seriale italiano, grazie a produzioni di qualità come Romanzo Criminale, Gomorra e 1992, Sky si appresta ad alzare l’asticella del proprio impegno audiovisivo con la prima storica produzione originale pensata per il cinema in collaborazione con Notorious Pictures: In fondo al Bosco del giovane Stefano Lodovichi. ‘Un thriller che torna alle origini del genere‘, com’è stato definito dalla produzione, con il 32enne regista, qui alla sua opera seconda 2 anni dopo Aquadro, dichiaramente ispiratosi a Nolan (The Prestige), Polanski, Shyamalan e addirittura Hitchcock. Nomi di livello gratuitamente scomodati, è evidente, perchè In Fondo al Bosco è un’opera che vorrebbe e potrebbe ma senza riuscirci.

Ambientato tra le splendide montagne del Trentino, in Val di Fassa, tra i paesi di Tamion e Soraperra, i boschi di Alba lungo il torrente Alvisio e Pera, il film sceneggiato dallo stesso Lodovini insieme ad Isabella Aguilar e Davide Orsini prende vita il 5 dicembre del 2010. Ogni anno, in un piccolo villaggio montano, si celebra infatti la festa del Krampus. Gli abitanti del posto sfilano per le vie innevate mascherati da diavoli, dando forma ad un baccanale che solitamente dura fino all’alba. Tutto cambia quando un bimbo di 4 anni, Tommaso Conci, scompare nel nulla. Neanche a dirlo il principale sospettato diventa il padre, Manuel Conci, alcolista con violenti precedenti. La gogna mediatica tanto cara agli italiani si abbatte sull’uomo, comunque scagionato perché in assenza di prove. Il corpo del piccolo non si trova, se non fosse che per tutto il paese Manuel rimanga il colpevole. Passati cinque anni un bambino senza nome, documenti ne’ memoria viene ritrovato in un cantiere di Napoli. La somiglianza con il piccolo Tommaso è evidente, con il DNA che interviene a gamba tesa chiarendo ogni dubbio. Quel bimbo è proprio Tommy. Dopo anni di sensi di colpa e occhi altrui pieni di orrore, Manuel può quindi liberarsi dalle accuse dell’Italia intera, mentre Linda, la madre del piccolo, non crede al ritorno di suo figlio. Perché quel bambino, silenzioso e inquietante, non è davvero il suo Tommy. Checché ne dica il DNA in Paese tanti, troppi sospettano del piccolo, con suo nonno e tre ventenni che gestiscono il pub del Paese di fatto sicuri della menzogna. Perché ci sono misteri risalenti a quel 5 dicembre del 2010 da dissotterrare, facendo venire a galla terrificanti verità a lungo taciute.

Impossibile non pensare allo splendido La Ragazza del Lago di Andrea Molaioli o all’acclamata serie televisiva francese Les Revenants dinanzi alle atmosfere glaciali e al tempo stesso inquietanti e diaboliche di In Fondo al Bosco, noir con gratuite venature horror che ha un grande e imperdonabile difetto di fondo: l’esagerazione. C’è un mancato bilanciamento nei toni, nell’evolversi della storia, nel gestire determinati momenti topici che quasi da subito rendono l’opera seconda di Lodovichi una gigantesca occasione mancata. Nel giro di pochi minuti, ovvero entro la chiusura dei titoli di testa, il regista fa sparire il piccolo, esplodere il tam-tam mediatico nei confronti di Filippo Nigro, padre colpevole a mezzo stampa, e chiudere le indagini. Pochi tentennamenti e a tavoletta, con montaggio rapido targato Sky Tg24 e un ‘mistero’ che prende immediatamente forma. Perché assistiamo al ritrovamento del bimbo e ai primi assordanti dubbi di Camilla Filippi, la mamma uscita distrutta dalla sua scomparsa, nel giro di altri 5 minuti. Ed è da questo momento in poi che Lodovichi straborda, mescolando nello stesso enorme calderone generi differenti e trabocchetti di scrittura, tra paranormale e mistero, satanismo e cronaca nera, giustizialismo mediatico e macroscopici errori d’indagine.

Attraverso una serie di ‘infernali’ flashback passati marchiati dal rosso del demonio, In fondo al Bosco prende lentamente ‘senso’ nel presente, rivelando nel finale quei misteri apparentemente inspiegabili legati alla scoparsa e alla ricomparsa del piccolo Tommy. Una conclusione che andrà di fatto a motivare anche le spropositate reazioni di alcuni protagonisti, tutti poco o niente indagati nonché mascherati nel celare segreti e indetità a dir poco complesse, senza però riuscire a farne dimenticare la loro marcata e insostenibile esagerazione. Un thriller a tinte familiari, quello pensato da Lodovichi, che fa precipitare Nigro e la Filippi in un accecante e tenebroso buio da cui non riusciranno più ad uscire neanche dopo il ritrovamento del figlio. Perché nulla è come sembra in questo paesino del Trenino quasi fuori dal tempo e dallo spazio, drammaticamente e non a caso simile a quella Cogne, in Valle d’Aosta, diventata tristemente celebre a causa della morte del piccolo Samuele Lorenzi.

Cronaca e finzione che si incrociano in un film contraddistinto da fascinose atmosfere ma anche da alcune tra le peggiori dinamiche hollywoodiane, perché andando di sottrazione Lodovichi avrebbe quasi certamente guadagnato in termini di suspense e credibilità. Elementi qui troncati sul nascere da un inutile e dannosa enfasi, tanto di scrittura quanto recitativa, a cui bastava semplicemente mettere un freno. Ma è evidente che Sky, trovandosi dinanzi alla sua prima storica volta cinematografica, abbia voluto fare le cose in grande. Finendo così per strafare.

[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]

In Fondo al Bosco (Ita, noir, thriller, drammatico, 2015) di Stefano Lodovichi; con Filippo Nigro, Camilla Filippi, Teo Achille Caprio, Giovanni Vettorazzo, Stefano Detassis, Maria Vittoria Barrella, Roberto Gudese, Luca Filippi, Alessandro Corabi – uscita giovedì 19 novembre 2015.