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Tutto parla di te: Recensione in Anteprima

Tante madri a confronto per un solo fenomeno: la maternità. Fonte di gioie ma anche di dolori, come si presentano oggi le donne con l’appuntamento per eccellenza, ossia quello materno? Alina Marazzi tenta poeticamente un approccio alla questione.

pubblicato 8 Aprile 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 15:59

In tempo di alte e basse disquisizioni su famiglia e concetti affini, non sempre si riesce ad avere anche il tempo di soffermarsi più da vicino sulle ansie e le inquietudini reali di chi fa una scelta e se ne sente in qualche modo intrappolata. La regista Alina Marazzi, in Tutto parla di te, prova a dar voce a quella parte dell’universo femminile che risente della logorante angoscia della nostra epoca, quella che, per intenderci, va sempre più perdendo contatto con la prole che, nostro malgrado, vede sfornare.

Turbamenti che si traducono in gabbie pseudo-esistenziali, di cui spesso e volentieri a farne le spese sono proprio quelle donne che si dice di voler tutelare. «Ebbene no», tuonano alcune di loro, «noi siamo sole, radicalmente sole!». È questo il grido sordo che si leva da quelle interviste che la smarrita Pauline (Charlotte Rampling) scruta con amaro trasporto.

Lei è una ricercatrice, a quanto pare; e si dà il caso il suo oggetto di studio rappresenti anche la sua ossessione, un incubo dal quale fatica a svincolarsi, anche a dispetto della non più giovane età. Parliamo del turbamento materno, quello che stringe nella propria, mortifera morsa una lunga serie di madri, che non di rado faticano a sopravvivere al parto della propria creatura. Un po’ come se l’aver dato alla luce avesse consequenzialmente comportato la loro morte.

Queste sono le sensazioni che emergono dal lavoro, a cavallo tra realtà e finzione, della Marazzi. Quest’ultima si serve di un doppio registro, che alterna il taglio documentaristico a quello fittizio, senza rinunciare ad un marcato alone di poesia che avvolge il tenore di questa particolare pellicola. Si direbbe che Pauline sia la vera protagonista di Tutto parla di te: a suggerircelo non sono gli elementi più superficiali, bensì altri come il continuo avvicendarsi di ricordi visivi che si sovrappongono a quanto esperisce il personaggio della sempre affascinante Rampling lungo il corso della vicenda.

Ai lungi e meditati silenzi, pressoché tombali, di quest’ultima, vengono opposte le implicite richieste d’aiuto da parte di madri apparentemente alla deriva, sfatte non tanto dai propri figli quanto dal proprio approccio all’amore che tale situazione richiede e comporta. Pauline cela evidentemente un segreto, i cui frammenti affiorano sin dalle primissime battute. Ma non si sa cos’è, se non proprio in prossimità del definitivo epilogo.

Già il titolo risulta piuttosto emblematico circa la percezione di quanto avviene, con quel «tutto mi parla di te» il cui soggetto è proprio quest’anima in pena che vaga per le vie di una Torino anonima, popolata quasi da sole donne, mentre osserva tutto e sembra non vedere altro che madri coi loro pargoli, immaginando o ricordando scenari che hanno sempre e comunque a che vedere con la maternità. Chiaramente il motivo c’è, peccato solo che venga inequivocabilmente manifestato proprio in chiusura. Di gran lunga meno esplicita è la pressoché totale assenza di uomini, salvo qualche sporadico caso; assenza non per questo “gratuita”, anzi piuttosto sintomo circa un malessere diffuso, sentito.

Eppure in questo contesto, come in parte accennato, c’è spazio anche per più di una mamma. Mamme in procinto di essere tali; mamme sull’orlo del baratro; mamme oltremodo apprensive; mamme insicure; in ogni caso mamme. Quest’aria di pesantezza che aleggia per gran parte del film ci pare ben integrata con quanto intende descriverci la Marazzi; quel senso di profonda oppressione – magistralmente descritta, per esempio, da un cineasta capitale come Bresson -, emerge in maniera piuttosto patente. Oseremmo dire che si insinua tra le pieghe di un racconto mai troppo chiaro, attanagliandoci in più punti; il tutto reso manifesto da una serie di foto volutamente sbiadite, disseminate per l’intera narrazione quali elementi video-artistici piuttosto sensati.

Uno degli aspetti che più colpisce, non a caso, è proprio questa mescolanza di elementi provenienti da più mezzi espressivi. La regista non disdegna affatto il ricorso a fonti non strettamente filmiche, per quanto ad esse collegate, attingendo a piene mani da pozzi cinematograficamente periferici come la danza contemporanea, la già citata video-arte o tecniche affini come quella dello stop-motion. In un’insalata di visioni che non favorirà esattamente tutti, per via della sua atipicità e talvolta pure ermetismo rispetto a una questione che abbiamo costantemente lì sotto gli occhi ma che è comunque in divenire.

Se, infatti, ci si mette poco a comprendere quale sia il fulcro attorno al quale ruota la questione, sono le storie di Emma (Elena Radonicich) e soprattutto Pauline a procedere sull’onda di una necessaria ambiguità. Nondimeno il sottotesto di Tutto parla di te è estremamente interessante per chi riesce a scorgerlo (e dopo gli ultimi dieci minuti non si può proprio fare a meno di riuscirci); dopo averci esposto all’angosciante quanto sincero lamento di madri ritenutesi inadeguate, se non addirittura pessime, in quello sguardo mesto ma mai rassegnato di Pauline scorgiamo il mondo che sarebbe potuto essere se solo l’istinto che più conta avesse preso il sopravvento.

Forse dietro a tante occasioni mancate, senza puntare il dito su alcuno, c’è sempre una qualche speranza. Ma il film scuote essenzialmente perché sottende domande scomode, per le donne ma anche per gli uomini, sollevando quesiti tremendi. Come si chiama, infatti, quella malattia per cui più si fugge dal dolore e più ci si addolora? Non ci sono risposte, ma approntare una sommaria diagnosi ci sembra già un intento meritorio.

Voto di Antonio: 7

Tutto parla di te (Italia, 2012). Di Alina Marazzi, con Charlotte Rampling, Elena Radonicich, Valerio Binasco, Maria Grazia Mandruzzato, Marta Lina Comerio, Emiliano Audisio, Alice Lussiana Parente e Alice Torriani. Qui il trailer ufficiale. Nelle nostre sale da giorno 11 Aprile.