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A Single Man – di Tom Ford: recensione in anteprima

A Single Man (A Single Man, USA, 2009) di Tom Ford; con Colin Firth, Julianne Moore, Matthew Goode, Ginnifer Goodwin, Nicholas Hoult, Paulette Lamori, Lee Pace, Ridge Canipe, Keri Lynn Pratt, Ryan Simpkins.George è un professore inglese che lavora in California. Ha da poco perso il suo compagno Jim, e si appresta a vivere una

pubblicato 12 Gennaio 2010 aggiornato 2 Agosto 2020 09:26

A Single Man (A Single Man, USA, 2009) di Tom Ford; con Colin Firth, Julianne Moore, Matthew Goode, Ginnifer Goodwin, Nicholas Hoult, Paulette Lamori, Lee Pace, Ridge Canipe, Keri Lynn Pratt, Ryan Simpkins.

George è un professore inglese che lavora in California. Ha da poco perso il suo compagno Jim, e si appresta a vivere una giornata di dolore e incontri: con l’amica del cuore Charlotte, con un ragazzo, e con un allievo che sembra stia scoprendo la sua omosessualità e che sia davvero interessato a lui…

Lo stile e il messaggio, la superficie e l’anima. L’esordio di Tom Ford quasi obbliga a ragionare sulla dicotomia tra i due concetti cinematografici, fra “come” si gira e ciò che si vuole esprimere. Tom Ford, stilista di successo prima per Gucci e poi creatore di un suo marchio personale, esordisce alla regia con l’adattamento per il grande schermo di un pilastro della cultura queer, ovvero Un uomo solo di Christopher Isherwood, e lo fa come tutti avremmo potuto ben immaginarci.

Tom Ford ha vissuto tutta la vita tra le luci delle passerelle, osservando i fotografi al lavoro con modelli e vestiti, cogliendo tutta la tecnica che sta dietro al mondo patinato della moda. Ha imparato bene, e il suo bagaglio personale lo porta di peso nel suo esordio nel mondo del cinema: A Single Man è un’opera raffinatissima, di eleganza formale maniacale, che in molti definirebbero laccata. Gli si può fare un torto per questo?

La risposta è meno scontata di quel che sembra. Qui, spesso e volentieri, si sono recensiti film belli, a volte bellissimi da vedere ma che poco potevano fare sul reparto emozionale o anche solo intellettuale, preferendo spesso film “poveri” ma con uno sguardo interessante. E’ il rischio di ogni film “ben fatto”, non è di certo una grande novità.

A Single Man è sicuramente un film ben fatto, e questo è sotto gli occhi di tutti. Verrebbe da paragonare la regia e l’apparato tecnico di cui Ford si avvale ad un abito firmato dallo stesso regista, o addirittura proprio ad una sfilata. Non c’è nulla che non appaghi l’occhio, saturo di colori, rallenti, idee e suoni per tutta la durata del film. Però qui dovrebbe almeno accendersi un campanellino d’allarme: il fatto che A Single Man è un’opera prima.

Non è forse ovvio che una persona, al suo esordio dietro alla macchina da presa, non porti tutta la sua esperienza, tutto ciò che ha visto, tutto ciò che ha imparato? Evidentemente sì, però è un alibi fino ad un certo punto e che non assolve del tutto Ford, sinceramente. Va bene il discorso dell’opera prima e del portare il proprio vissuto “estetico”, ma non basta.

Però qui entra in gioco il secondo fattore, ciò che sta sotto la superficie. Perché A Single Man è un film meno banale e molto meno freddo di quello che si possa pensare. Sarà l’amore per il testo di partenza di Isherwood e per i suoi personaggi, in primis certamente il quello di George, ma Tom Ford riesce ad essere sincero per tutta la durata dell’opera. E non è un caso che, alla fin fine, il suo film fosse quello più onesto di tutto il concorso a Venezia.

Anche le ingenuità stilistiche alla fine rientrano in questa sincerità. Insomma: per illuminare i momenti più “felici” della giornata di George, quelli in cui il protagonista riesce a provare un’emozione dopo il terribile lutto di Jim, Ford chiede al direttore della fotografia Eduard Grau di illuminare letteralmente (!) la fotografia, passando dal freddo grigiore dell’annoiata vita borghese alla più calorosa illuminazione “in diretta”. E in un flashback in cui George e Jim si trovano sulle scogliere, c’è un patinato bianco e nero da rivista fashion. L’effetto può far storcere il naso: ma che cosa dovremmo pretendere?

Tutto questo, poi, non per narrare la storia di un amore omosessuale finito, ma 24 ore nella vita di un uomo. Un uomo solo, appunto. A Single Man è un decadente e tristissimo mélo che riesce a dirci qualcosa su un periodo, ovvero quello dell’America a cavallo tra i ’50 e ’60 (e l’atmosfera e la fotografia riescono a ridarne in qualche modo il senso estetico, anche se forse in modo un po’ derivativo), sull’Amore e sulle relazioni personali.

Gli incontri che George ha nell’arco del film non sono certo casuali: il ragazzo nel parcheggio (il modello Jon Kortajarena), l’allievo Kenny (Nicholas Hoult: bravo e malizioso), interessato a George e verso il quale l’uomo sembra avere forse un cedimento, e poi Charley (Julianne Moore: magnifica), l’amica di sempre, innamorata o forse no del protagonista. E a loro modo questi incontri sono tappe di un percorso intimo che potrebbe portare ad un addio.

Fragilità e dolori. Tom Ford riesce benissimo a raccontarci questo percorso di George, un percorso di presa di coscienza della sua situazione, aiutato poi da una colonna sonora che, se vi volete bene, dovreste regalarvi subito, firmata da Abel Korzeniowski, ma con brani anche di Shigeru Umebayashi (non un caso!) e altri non originali.

E Colin Firth, meritata Coppa Volpi a Venezia (meno male), regala al personaggio una prova misurata e commovente. E’ grazie a lui se noi spettatori riusciamo ad immedesimarci nel suo percorso tra grigio e colore, tra lacrime e sorrisi, tra fantasmi e persone reali, per riscoprire che vita si sta vivendo e in che mo(n)do. Un percorso difficile e toccante, che mette alla prova l’amore, quello puro e senza sesso. Fino al momento in cui Lei arriva.

Voto Gabriele: 8
Voto Simona: 8.5

Dal 15 gennaio al cinema.

Festival di Venezia