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Passioni e Desideri: Recensione in Anteprima

Incomprensioni e tradimenti più o meno consumati nel corale Passioni e Desideri, ultimo film di Fernando Meirelles, regista brasiliano dell’acclamato City of God. Ecco la nostra recensione

pubblicato 12 Giugno 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 13:28

Di tradimenti ed adulteri: non intendiamo in alcun modo sostituirci a Meirelles o chi per lui, ma questo potrebbe essere il sottotitolo di Passioni e Desideri (360 in originale). Ancora una volta, però, basta e avanza il lavoro operato in sede di traduzione/trasformazione per il mercato italiano, con quel Passioni e Desideri sin troppo esplicito, quasi mortificante rispetto a quella cifra sibillina della versione originale.

A questo giro il regista brasiliano tenta di indagare tra le faglie emotive di un gruppo di persone, a loro modo rappresentative di un genere tutto. L’uomo, con le sue insicurezze, le sue paure, proiettate però verso l’interno anziché il contrario. Traccia interessante questa, che ci parla di tradimenti anzitutto verso sé stessi, sfatti da un mancato controllo pressoché inspiegabile, per via di forze che si tenta disperatamente di conoscere. Senza riuscirci.

E come, per esigenze narrative, non ci riescono le maschere di questo palcoscenico, così fatica Meirelles. La sua è una giostra di personaggi che s’incontrano e si scontrano, spesso e volentieri senza nemmeno rendersene conto. La struttura circolare suggerita dal già citato titolo originale s’intravede non solo nel modo attraverso cui va snodandosi la trama, bensì anche in virtù di alcune misure di carattere tecnico-formale. Aboliti certi stacchi, al loro posto subentrano espedienti quali sovrapposizioni, mai troppo invasive ma non sempre efficaci. L’esempio classico, su tutti, è l’irrompere di una scena successiva rispetto a un’altra attraverso un dolce movimento di camera, oppure uno spostamento del soggetto inquadrato. A risentire, più che altro, è il tenore, che in taluni frangenti scivola involontariamente nella commedia, pur il film tenendosene costantemente a distanza. Meno invadente, in tal senso, il ricorso allo split-screen, il quale, seppur centellinato, non ci pare assolva ad un qualche compito specifico – salvo non averlo colto.

La storia ruota attorno a più persone, ciascuno con le proprie remore. Dal direttore d’azienda in cerca di un’avventura peccaminosa in suolo straniero, alla moglie infedele ma coi sensi di colpa; dalla giovane brasiliana trapiantata a Londra che scopre il reiterato tradimento del fidanzato, all’anziano e distinto gentiluomo dal passato turbolento e che non vuole arrendersi alla scomparsa della figlia; dalla slovacca a caccia di soldi facili, al professionista in bilico tra le proprie pulsioni amorose e la religione che professa. E non sono neanche tutte le fattispecie che interessano la pellicola.

Meirelles si muove con sin troppa disinvoltura da una parte all’altra del mondo, costruendolo come una sorta di enorme condominio, dove i vari protagonisti si sfiorano continuamente, in un lungo ed incessante valzer che alla lunga finisce col mostrare il fianco ad una velata ma tangibile ridondanza. Il realismo, nella misura in cui se ne trova in 360, resta opacamente vincolato ai singoli episodi, venendo totalmente meno nell’amalgama che viene a crearsi. Legati a forza con un filo talvolta sottilissimo, l’inverosimiglianza prende il sopravvento, finendo col vanificare l’alone vagamente poetico al quale si suppone intendessero mirare le premesse.

Un film che sulla carta suona bene, ed in parte potrebbe riscontrarsi proprio in questo il suo limite, ossia nell’essere più letterario del dovuto. Impressione che si percepisce già dalle primissime battute, quando la scena viene introdotta da una voce fuori campo che ci parla a posteriori; ma che sopratutto viene quantomeno avvalorata sul finire, quando due sin troppo ingenui personaggi si scambiano confidenze inerenti alla propria passione per la lettura: «roba da sognatori. Chi ha tanti soldi non ha certo bisogno di certe cose!». Mmmhh.

Ciò che penalizza ulteriormente Passione e Desideri è proprio il cast, il che è paradossale. Trattasi infatti di un ensemble dignitosissima, di tutto rispetto. Jude Law, Rachel Weisz, Ben Foster ad Anthony Hopkins valgano per tutti. Eppure quel loro fugace apparire non riesce a farceli desiderare come forse sarebbe stato il caso, visto che il film proprio non riesce a reggere il peso di tutte quelle situazioni e di questi nomi così altisonanti.

Insomma, in 360 c’è tanto e ce n’è troppo. Troppe ambientazioni (Vienna, Denver, Londra e Parigi soprattutto), troppe storie, troppi personaggi. Il rischio, che inesorabilmente si materializza, è quello di doversi limitare a piluccare qua e là, senza potere in alcun modo andare più in profondità, laddove la distensione di certi episodi sarebbe stata non solo auspicabile ma opportuna. Restano dei bagliori, fugaci, che quindi si perdono strada facendo, lasciando quel senso di incompletezza che in fondo rappresentava a priori il pericolo più incombente su un contesto così complesso sopra il quale edificare un discorso di certo non semplice.

Voto di Antonio: 5

Passioni e Desideri (360, UK-Austria-Francia, 2011), di Fernando Meirelles. Con Anthony Hopkins, Ben Foster, Jude Law, Marianne Jean-Baptiste, Moritz Bleibtreu, Rachel Weisz, Mark Ivanir, Jamel Debbouze, Peter Morgan, Tereza Srbova, Katrina Vasilieva, Riann Steele, Dinara Drukarova, Pamela Betsy Cooper, Sean Power, Johannes Krisch, Russell Balogh, Gabriela Marcinkova, Maria Flor, Sydney Wade, Vladimir Vdovichenkov e Lucia Siposová. Nelle nostre sale dal 20 Giugno.