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Roma 2010: Linea Cinema, quale?

Un piccolo bus fa la spola dal centro storico romano all’Auditorium dove si svolge il Film Festival di Roma. Sulla fronte porta una scritta luminosa che scorre: Linea Cinema. Il bus arriva lemme all’Auditorium e scarica molti giovani. La curiosità per il Festival non manca, a giudicare le persone che arrivano, dalle auto che si

pubblicato 30 Ottobre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 18:48


Un piccolo bus fa la spola dal centro storico romano all’Auditorium dove si svolge il Film Festival di Roma. Sulla fronte porta una scritta luminosa che scorre: Linea Cinema. Il bus arriva lemme all’Auditorium e scarica molti giovani. La curiosità per il Festival non manca, a giudicare le persone che arrivano, dalle auto che si ammucchiano e da un andirivieni persino pittoresco fra spazi creati per i giorni della rassegna: stand, bar, caffè, e così via.

Se la Mostra veneziana, in mezzo al cantiere fantomatico per il nuovo palazzo del cinema, nel periodo proprio della Mostra stessa si circonda di una confusione provvisoria di vati luoghi e ambienti (panini, libri, etc), il Film Festival romano ha messo su strutture dall’aria più stabile e dall’impatto più forte, tra stili diversi :il supermercato e i mercatini di pubblicità e pulci di cinema (manifesti, oggetti, cose e cosucce intorno al cinema). Il bus che si chiama desiderio- Linea Cinema- aumenta la sensazione che oggi come oggi le Mostre e i Festival, anche in città minori e in provincia, devono fare i conti con la cornice in cui intendono iscrivere i film, le conferenze stampa, il red carpet e tutto ciò che è propriamente cinema.

La facciata sta diventando importante. La spartizione fra mondanità (il carpet), la qualità dei film (i film vengono disputati ormai fra le rassegne con vari accorgimenti di accaparramento), le esigenze dei produttori e degli affari (acquisti e vendite), l’accoglienza dei vari tipi di pubblico costituisce un aspetto finora sottovalutato o lasciati alla organizzazione e a chi se ne occupa. E’ un errore.

Un cinema disarticolato, anche nella accoglienza, farà fatica a mantenere un rapporto invitante col pubblico. Il quale prende per fiducia tradizionale il bus che si chiama desiderio di un appuntamento valido, e sogna un ambiente che sappia aggiornare la realtà e la leggenda del cinema, con un po’ di nostalgia per quel “tram che si chiama desiderio” di Marlon Brando e Vivien Leigh.

Naturalmente questa della accoglienza e dalla coerente della facciata di un festival è una questione che langue perché non affrontata come si deve. Del resto, a Venezia “l’incubo” del cantiere del nuovo Palazzo del cinema durerà fino a quando questo Palazzo ora solo una buca sarà compiuto. Quanto di vorrà? A Roma bisognerà che i responsabili abbiano un progetto anche per la facciata, oltre che per i film. I film cominciano, dentro e fuori concorso, a srotolarsi sugli schermi. Sono i primi giorni. Disorientati dal corteo dei Centoautori (migliaia) che ha avuto un successo indiscutibile, sottolineato da tutti.

Il corteo, come si dice nello spietato linguaggio dello spettacolo, ha “rubato la scena” al Festival e l’ha fatta propria. Servirà per la causa degli autori, anzi le cause degli autori, a cominciare dalla sospensione almeno parziale dei tagli e altre difficoltà del settore? Accadrà qualcosa, di ufficiale, da parte delle autorità ministeriali? Ci sarà qualcuno al Festival che darà una mano a “golpisti” pacifici del red carpet? Lo si vedrà. Intanto la Linea Cinema andrà avanti e indietro. Con tutti i suoi desideri. Soddisfatti anche solo in parte? Le luci del cinema torneranno ad accendersi non solo sulla fronte poco spaziosa del piccolo bus dal grande cuore, di appassionati?

Festival di Venezia