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Paul – di Greg Mottola: recensione in anteprima

Leggi la recensione di Paul, tra fantascienza e ironia

pubblicato 30 Maggio 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 11:39

Paul (Paul, Gran Bretagna / USA, 2011) di Greg Mottola; con Simon Pegg, Nick Frost, Jason Bateman, Kristen Wiig, Bill Hader, Mia Stallard, Sigourney Weaver, Jane Lynch, Jeremy Owen, Jeffrey Tambor, David House, Jennifer Granger, David Koechner, Joe Lo Truglio.

Da 60 anni un alieno di nome Paul è prigioniero in una base militare top secret. Per delle ragioni che non conosciamo, il furbo viaggiatore dello spazio decide di fuggire dall’area e saltare sul primo veicolo che incontra fuori città: un camper con a bordo Graeme e Clive, due inglesi appassionati di fantascienza in pellegrinaggio per l’America in cerca di luoghi visitati dagli UFO… Inseguiti da un agente federale e dal padre di una giovane ragazza che hanno accidentalmente rapito, Graeme e Clive cercano di escogitare un piano per far tornare Paul alla sua astronave.

Quanto ha influito il fantomatico incidente di Roswell nell’immaginario collettivo? Prova a dare una risposta, decisamente divertita, il regista Greg Mottola, che prende la coppia formata da Simon Pegg e Nick Frost vista e amata in due film di Edgar Wright, L’alba dei morti dementi e Hot Fuzz. E Paul è una specie di incontro tra il cinema di Mottola e quello di Wright: le premesse, per chi apprezza entrambi i registi, erano davvero alte, anche se Mottola sembrava più un sostituto (Wright si è dedicato nel mentre allo stupendo Scott Pilgrim vs. the world). Missione compiuta? Globalmente sì, anche se con qualche riserva.

Scritto dai due attori principali, Paul è una nuova rivisitazione/parodia dell’immaginario cinematografico da parte di Frost e Pegg: dopo l’horror e il poliziesco, ecco la fantascienza. Sotto forma di road trip. Perché i loro Graeme e Clive sono due nerd inglesi che iniziano il loro viaggio in America a partire dal Comic-Con di San Diego, evento che attira ogni anno migliaia di visitatori appassionati di cinema e fumetto. E da lì, su un camper, i nostri partono all’insegna dell’avventura nel mezzo del deserto. Lì dove si scontrano accidentalmente con Paul.

Paul è un soprannome: dopo un incidente accaduto 60’anni prima, l’alieno ha preso il nome da quello del cane di una bimba, cane che ha schiacciato cadendo proprio con la sua navicella. Da lì è stato portato nell’Area 51 per essere studiato e ci è rimasto fino ad oggi. Nel frattempo ha avuto modo di conoscere da vicino gli esseri umani e, grazie ad una cultura ed una conoscenza decisamente superiori, ha imparato tutti i nostri vizi e difetti. Assimilandone alcuni, tuttavia.

Paul, che ha le sembianze di un “Grigio” (ed è proprio grazie alle sue sembianze fisiche se noi pensiamo agli alieni fatti in un certo modo!) ed ha enormi poteri, sa l’inglese perfettamente, dice parolacce, fuma, mostra il sedere in segno di scherno, cita frasi dai film. Il suo scopo? È esattamente non a caso quello di E.T., richiamato spesso durante il corso della pellicola: tornare a casa. Perché altrimenti finirà male, per mano degli scienziati che vogliono ucciderlo per studiarlo meglio.

Come in ogni road trip c’è spazio per alcuni incontri, come quello con Ruth, che gestisce un camping assieme al padre ultrabigotto. Ed è proprio lì che si annidano le cose più interessanti e sorprendenti di Paul, anche se sorprendono “meno” dal momento che ti ricordi che la sceneggiatura è firmata da due inglesi. Perché l’America e il suo popolo non fanno proprio una gran figura, e a volte ne escono proprio con le ossa rotte.

In quello che a tratti sembra un “duello” tra Vecchio e Nuovo Mondo, i due attori e sceneggiatori attaccano il pesante e ottuso cattolicesimo del popolo americano fino alla radice. È proprio Paul, con la sue conoscenza di livello altro, a dichiarare che Dio non esiste ed è tutta un’invenzione. Anche grazie a questo si scatena uno dei momenti più spassosi del film, in cui Ruth deve venir meno a tutte le sue convinzioni e certezze, ma finalmente si può dedicare alle pazze gioie della vita…

Ma al di là di tutto, Paul è anche un film che farà la gioia del popolo cinefilo appassionato di sci-fi grazie alle numerosissime citazioni e ai richiami ai cult del genere. Guardate innanzitutto le magliette dei protagonisti, ma fate molta attenzione anche ai dialoghi, che in modo divertito nascondono citazioni a non finire, soprattutto dal mondo di Guerre Stellari (da morire il momento di “Boring conversation anyway”). E che dire del Cantina Band Theme durante la rissa nel bar?

Si continua con Ritorno al futuro (attenti al momento in cui un personaggio sta salendo su una navicella e dice di non avere lo spazzolino), con Incontri ravvicinati del terzo tipo, fino al grande cammeo finale di Sigourney Weaver. Certo che raccontato così, Paul sembra a tutti gli effetti un film di Pegg e Frost senza Wright (che comunque col progetto ha a che fare). Dov’è che è anche un film di Greg Mottola? Nella storia d’amicizia tra i due umani e l’alieno (tra l’altro realizzato in modo davvero sorprendente), che richiama la divertita tenerezza dell’amicizia di Suxbad, e nel romanticismo di alcuni momenti, che richiama quello di Adventureland.

Rispetto a quei due film, però, Paul è un film meno travolgente di quel che ci si poteva attendere, e diverte un po’ a corrente alternata. Ci mette un po’ ad ingranare e resta un po’ in superficie, a differenza dei precedenti film sia di Mottola che del duo. Ma i pregi non mancano, e Mottola si riconferma anche in un momento di commozione impagabile: (possibile spoiler) quello dell’incontro tra Paul e un personaggio che in qualche modo doveva rispuntare fuori. Per quello Paul resta piacevole: non solo citazionismo, ma anche un cuore. E ci ricorda del perché ci commuoviamo con E.T. ancora oggi: il risultato, a distanza di anni, non cambia.

Voto Gabriele: 7
Voto Carla: 5,5

Qui il trailer italiano.
Dal 01 giugno al cinema.