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Venezia 2011: Cut – Recensione da Venezia del film di Amir Naderi

Amir Naderi porta al Festival il suo Cut: ecco la recensione di Cineblog

pubblicato 4 Settembre 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 08:46

Shuji è un giovane e inflessibile cineasta che non vuole più averne a che fare con la società giapponese. Organizza un cineclub in casa sua e va in giro per le strade tentando di convincere tutti a vedere film di qualità. Un giorno viene a sapere che il suo fratello strozzino, che l’aveva aiutato a produrre i suoi film, è stato ucciso dalla sua stessa gang yakuza per non aver ripagato i suoi debiti: in quel momento, per restituire i soldi, decide di diventare un “punching ball umano”. Per ogni pungo ricevuto si farà pagare…

Il regista più “apolide” che ci sia cambia ancora una volta nazione, anche se solo per un film. Nato in Iran, “adottato” da vent’anni dalla sua adorata New York e oggi volato in Giappone per esplorare nuove possibilità, Amir Naderi è sicuramente uno dei registi più interessanti, stimolanti e spesso geniali in circolazione. In Italia i cinefili lo conoscono per i suoi bellissimi film americani (l’ultimo, lo straordinario Vegas: Based on a true story, era in concorso a Venezia nel 2008), trasmessi da Fuori Orario, e per gli iraniani Acqua, Vento, Sabbia e Davandeh (forse il suo capolavoro), i film spartiacque della carriera del regista.

Bisognerebbe diffondere di più in qualche modo i film americani, ma soprattutto tutti i film iraniani di Naderi, come quelli prodotti dal Kanun, e non solo perché il regista è stato una figura centrale nella New Wave iraniana ed ha rifondato, assieme a Kiarostami ed altri coraggiosi cineasti, la cinematografia locale, ma anche perché sono tutti lavori onestamente bellissimi e che farebbero maggior chiarezza anche su questo ultimo lavoro. Conferma di una poetica da vero maestro, capace di avere un fil rouge coerente e sincero nelle più disparate situazioni.

CUT-Amir-Naderi_FILM

Abadan, Teheran, New York, Las Vegas: il luogo conta, ovviamente, ma Naderi è sempre lui. È cambiato il modo di girare, da quando in Iran aveva introdotto con Tangna il Cinemascope, fino alla scoperta in America delle possibilità del digitale, diventando una figura cardine del (vero) cinema indipendente americano: eppure la sua forza, la sua energia e le sue tematiche non sono mai venute meno. Non vengono meno nemmeno con Cut, un film che come l’ultimo Vegas ha (almeno) due anime distinte al suo interno.

Se la prima parte ricorda molto la trilogia di Manhattan, soprattutto i primi due episodi grazie ai movimenti di macchina fluidi della steadycam, la seconda è quella in cui si manifesta in modo consistente la poetica più estrema di Naderi. Insomma, dopotutto siamo in un posto completamente nuovo per il regista, e non è un caso che la prima parte sia quella più pacata, introduttiva, dove abbondano le riprese mozzafiato sui grattacieli della città (la mpd di Naderi esplora sempre le metropoli, e anche in questo caso la situazione non cambia).

Quando Shuji ci viene presentato, lo vediamo per la prima volta a casa sua, nella sua stanza. Una stanza tappezzata di immagini, giornali e figure riguardanti il mondo del cinema, così come la casa di Gretchen in Marathon era tappezzata di cruciverba. Shuji ha un’ossessione vera e propria, come tutti i personaggi naderiani. Dopo le armoniche, le mani femminili, i cruciverba e i tesori nascosti nei giardini, ecco (finalmente?) l’ossessione più grande e pura: quella per il cinema.

Shuji è un cinefilo idealista. Fa visita alle tombe dei grandi maestri nipponici (Kurosawa, Ozu, Mizoguchi), dichiara che “il cinema non è una puttana”, che ai giorni nostri il cinema non è più arte ma solo divertimento. E, come i vari Amiru, corre per strada fino allo sfinimento pur di raggiungere il suo scopo, in questo caso la salvaguardia del cinema di qualità (!). Solo i cinefili puri e duri possono apprezzare un personaggio così folle e naïve…

Dall’ossessione per il cinema si passa all’ossessione di poter recuperare i soldi da ridare agli yakuza, pena la morte entro un breve periodo di tempo. Ma in realtà l’ossessione di Shiju in questo caso non è affatto per i soldi: ad un certo punto arriverà a chiedere un ulteriore prestito molto più consistente del precedente, e senza motivo! Shiju si rivela essere alla fin fine, nel momento in cui si fa picchiare sempre di più e sempre più prepotentemente quasi per scelta, il personaggio naderiano più vicino all’Amiru di Davandeh. Perché il suo vero scopo ormai, come quello del bambino, è quello di superare ogni limite, di battere se stesso ad ogni costo.

In questo, Cut si rivela essere un film profondamente naderiano, e diventa sempre più “folle”, facendo quasi a gara con Sound Barrier nell’ultima ora. Proprio verso il finale, quando Shiju ha deciso di ricevere ben 100 pugni, succede qualcosa di “strano”. E proprio quando pensi che la cinefilia “spicciola” sia ormai fuori moda da anni, ecco che arriva Cut e trova un modo tutto suo per farla apprezzare ancora: per ogni pugno ricevuto, infatti, viene citato il titolo di un film tra i 100 preferiti da Shiju (da Naderi!).

Il cinema non è solo un’ossessione malata, ma è forse l’unico mezzo di Shiju per sopravvivere. Un mezzo per riuscire a battere i suoi limiti, e di conseguenza per sentirsi ancora vivo. Dopotutto Shiju è un alienato/emarginato come molti personaggi dei film di Naderi, solo che lui conosce benissimo una via di fuga tutta personale: altro che cinefilia da bar. Cut è un film potente, originale, che ridà dignità al concetto di amore per il cinema con una purezza e un amore per la settima arte che non vedevamo, così, da molto tempo. Non il suo miglior film, forse, ma pur sempre un Naderi.

Voto Gabriele: 8

Cut (Cut – Giappone 2011 – Drammatico) di Amir Naderi con Hidetoshi Nishijima, Takako Tokiwa, Takashi Sasano, Shun Sugata, Denden, Takuji Suzuki, Ikuji Nakamura, Satoshi Nikaido, Jun’ichi Hayakawa

Nel momento in cui andiamo in pubblicazione non sappiamo l’eventuale data di uscita in Italia.

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